29 Marzo 2014
Ambientato in un piccolo paese della Germania, Storia di una ladra di libri si delinea inizialmente come spaccato di vita adolescenziale al tempo del nazionalsocialismo, ideologia malata che contrasse la nazione, e che infiammò le micce del Secondo grande conflitto mondiale. In un contesto dove xenofobia, anticomunismo e totalitarismo, marciano come soldati in fila, la piccola protagonista lancia un acuto grido in risposta a tutte quelle flebili voci che ancora si ergono fra le ceneri di un rogo di silenzi. Un grido di pensieri e parole, le stesse che animano le pagine di un libro, e che riescono a smuovere anime e tempeste. Questo grido è una speranza, quella di preservare le parole, e gli ideali che le han mosse, e non da una mera distruzione, ma da un’omertà che non genera null’altro che obbedienza.
Bel commento. Il film non mi è dispiaciuto, seppure a tratti ecceda nel melodrammatico (la scena dopo il bombardamento è il nonplusultra in questo senso). Però al di là di tutto sono d’accordo con te, il piccolo grido controcorrente è qualcosa di realmente prezioso.
Difatti in alcuni casi ( come nel finale ) è artificioso, e pecca di un’eccessiva passionalità, ma il tutto è lasciato ai margini di un contesto dove le parole hanno la stessa caratura delle azioni.