Recensione su I sette samurai

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Feudal western / 26 Giugno 2013 in I sette samurai

Le molte similitudini tra la frontiera americana e il Giappone feudale rendono questo film un affascinante modello western; in fondo, oriente e occidente sono solo punti di vista. Storia infarcita di maschere da teatro nipponico, quali sono i contadini con i loro eccessi espressivi e il proto-cartoonistico semi-samurai Toshiro Mifune, davvero un personaggio grandioso nella sua energica e nevrotica presenza scenica. A fare un riassunto della trama, si potrebbe pensare ad un film concentrato sull’azione; ma Kurosawa getta la sua luce su un mondo segretamente agitato, quel Giappone che appare rigidamente impettito e dentro implode, e tralasciando le infiocchettature da fior di loto affonda la sua katana dentro quel senso malato dell’onore molto più che dentro alla cassa toracica del nemico. E lo fa concedendosi lunghe pause narrative, sciorinando dialoghi di una calma “zen” e inquadrature ricercate; tuttavia non manca la dinamicità, specialmente nelle sequenze del lungo assedio finale. L’ultima edizione restaurata in dvd presenta una durata complessiva di 192 minuti, e già da questo dato capite bene che quest’opera non si “consuma” avidamente come uno di quegli stupidissimi manga che il mercato attuale vomita a tonnellate in Europa. Ai tarantolati assetati di sangue e sesso estremo dico: state calmi, questa non è trippa per voi.

12 commenti

  1. alex10 / 26 Giugno 2013

    gran bella recensione…anke se avrei dato un paio di voti in più

  2. paolodelventosoest / 26 Giugno 2013

    Boh, ma quella è questione di gusti personali, niente di che 🙂

    • alex10 / 26 Giugno 2013

      sì lo penso anke io…
      quando ci sono queste situazioni è sempre questione di gusti…anke se secondo me un limite nn ben definito c’è…

  3. DR. MABUSE / 26 Giugno 2013

    comunque @paolodelventosoest, sicuramente kurosawa si rifa a ford e a quel cinema lì, soprattutto nei primi venti anni di carriera, ma rileggere i sette samurai come un proto western non pensi sia sminuirlo in parte? perché in questa fase akira, pur con le sue derivazioni, è in una fase creativa estetica in cui il cinema cerca di crearlo e non di derivarlo, perché questo è un film epico che gli americani, non a caso, hanno copiato nel loro genere epico per eccellenza, quel western che fa a pugni con la realtà storica(come ha narrativamente svelato in modo impeccabile l’eastwood de “gli spietati”), in cui kurosawa crea una narrazione estetica dell’epica fatta di sacrificio, di passione, di forza e arguzia, antitesi della cieca violenza degli antagonisti: insomma, mi sembra ispirato più ad omero, se ci pensi caro.

  4. paolodelventosoest / 27 Giugno 2013

    Dipende da cosa si vuole intendere per ‘western’. Se intendiamo le sparatorie e i saloon sono d’accordo, I sette samurai ne risulterebbero sminuiti. Ma il western come concezione della frontiera – quello di Ford soprattutto, ma anche Walsh, Hawkes e più tardi Peckinpah – dove il rider a cavallo è l’Odisseo, e Scilla e Cariddi sono uno stretto passo tra le Black Hills, credo assuma una dimensione ben diversa e non temo affatto di inserirlo nel Grande Cinema. Del resto il grande valore aggiunto di letteratura e cinema americani sono la sintesi eccezionale tra Arte e pop, operazione che ho imparato ad apprezzare col tempo, partendo molto eremiticamente dai miei freddi e nobili Dostoevskij, per finire immerso nelle pagine appiccicose di Faulkner e rotolarmi nella fanghiglia di Lansdale.
    Quanto a Omero, pure lui fa a pugni con la realtà storica, ma certo non è un criterio per valutarlo! Anzi, viva la poetica. Viva la finzione. Bang! Bang!

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