Recensione su Principessa Mononoke

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12 Dicembre 2014

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Ashitaka salvando il villaggio, c’è chi si gratta le panze e chi salva i villaggi, viene ferito da un demone orso. Deve quindi partire seguendo a ritroso le orme del bestio, per trovare qualcosa, o qualcuno, che lo possa guarire. Giunge a una città del ferro, retta da una donna con iron balls (come si suol dire, ma mi sembra un’espressione maschilista assai), dove tutti lavorano per estrarre il ferro e distruggere la foresta per estrarre il ferro e si lavora e si fatica per la legge della fica e dell’estrazione del ferro. Questa città è in guerra con la foresta, tutta? Con gli spiriti, i demoni e gli animali, guidati da San, ragazza mascherata che vive con una lupa madre e due lupi fratelli. La guerra è in corso, Ashi ci si mette in mezzo, tutti hanno ragione, tutti torto. Inizio con strutturalismo pesante da proppiana fiaba, l’eroe intraprende il viaggio per colmare una mancanza-> se non trova una cura per la sua ferita morirà; siamo in un Giappone medievale e fantastico, dove elementi storici (la modernizzazione) si fondono con divinità naturalistiche e spiriti forestali. Civiltà vs natura, simboleggiati dai due eserciti a confronto. C’è un intero pantheon, là fuori. E tematiche, a bizzeffe: la città è un esempio tagliente di industrialismo ante litteram, una catena di montaggio funzionale alla ricchezza e disposta a schiacciare chi si oppone al determinismo tecnologico. Ma è gestita da una donna, e per le donne, componenti forti di quel microcosmo cittadino. Per cui questa capa è cattiva, però è femminista dura, e rivendica diritti e possibilità negate alle donne nel solito mondo celodurista. Tutt’intorno diffusa, e ci si convive, una violenza che ciao (ciao!), Miyazaki più cruento, ci sono arti che volano e teste e sangue, c’erano dei bambini in sala e non so, io sarei rimasto sotto shock.
E ancora, fortissimo il richiamo all’immaginario cinematografico costruito da Kurosawa, gli eserciti che si muovono coi pennacchi, e il messaggio panico e universalista di convivenza, che nel finale si mostra con tutte le caratteristiche di una epifania per quasi tutti i protagonisti→ antimilitarismo mode: on. Che se non ci si ammazza e divide forseforse ce la si cava meglio, e vallo a spiegare, a questi cretini di umanimali.

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