Recensione su Il padrino

/ 19728.81002 voti

25 Marzo 2011

In confronto agli orrori descritti in’Gomorra’, la mafia del Padrino acquista quasi un contorno romantico. Bravi ragazzi dai cappelli oliati e accento italico, smitragliate in impermeabile, gangster che cucinano la pastasciutta, insomma tutto il classico repertorio! Ma questo è il mafia movie per eccellenza, origine stessa di tutti questi luoghi comuni, non si può fargliene una colpa se in seguito verranno tanto abusati!
Durante il matrimonio (‘sposalizio’) della figlia, Don Vito Corleone accoglie nel suo ufficio privato tutti i questuanti, venuti a chiedere un favore al ‘padrino’; tradizione vuole, che in quella data speciale accontenti ogni supplica che gli viene rivolta . Fin dalle prime scene capiamo di trovarci in un mondo parallelo a quello che conosciamo. Una città-stato indipendente, con proprie leggi, cerimonie, e un preciso codice morale. Un impero privato dove il capofamiglia è monarca illuminato, e sostenuto dal suo seguito di parentado e consiglieri, decide e comanda con raziocinio e lungimiranza.
Il film mostra questo mondo dall’interno, e nel farlo ribalta la prospettiva dello spettatore, che si trova costretto ad abbandonare la sua visione etica per adottare quella dei Corleone. Un clan non composto di pazzi o maniaci, ma uomini d’affari che discutono di omicidi e attività criminose senza enfasi o compiacimento, ma come banali questioni di lavoro.
La banalità del male si potrebbe dire, e questo ci porta a riflettere sul senso di giusto e sbagliato, sul significato di normalità. Fino a che punto l’ambiente in cui siamo cresciuti può influenzare il nostro senso del giudizio? In modo rilevante, se si osserva la parabola di Mike, il secondogenito. Ritornato in seno al nucleo famigliare dopo l’attentato al padre, malgrado le intenzioni iniziali, si ritrova ad essere a tutti gli effetti un Corleone. Non cè nessun episodio epifanico né imposizione, semplicemente Mike ritrova quell’inclinazione che i tanti anni di vita’esterna’ non aveva cancellato.
Non cè ovviamente nessun intento giustificatorio, e infatti la saga dei tre ‘padrino’ si rivela un incontestabile metafora della corruzione autodistruttiva del potere.
Le scene cult si sprecano, e l’esperta cinepresa di Coppola incornicia momenti di cinema straordinario.
Per esempio il tentato omicidio di Don vito, ripreso dall’alto, con quel particolare, così curioso e fuoriposto, delle arance che scivolano lungo la strada. L’arancia ritorna nella scena della sua morte naturale, colto da infarto mentre gioca col nipote nell’orto, durante l’unico momento d’idillio di tutto il film.
E come dimenticare l’omicidio di Sonny, la scazzottata in mezzo al quartiere, il battesimo del figlio di mike incrociato con la strage finale.
Inutile aggiungere qualcosa sulla qualità degli attori; qua si va da Robert Duvall, a Al Pacino, Marlon Brando.. pezzi da novanta! Senza dimenticare tutti gli eccellenti caratteristi comprimari, vere facce mafiose da paura!

Lascia un commento