Recensione su Bronson

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3 Maggio 2013

Bronson.

Avete presente Charles Bronson, il duro de “Il Giustiziere della notte” ? Uno dei miei attori preferiti tra l’altro. Bé negli anni ’70 nel timido e contestatore Regno Unito un certo Michael Gordon Peterson riprende il nome dell’attore per dedicarsi a qualcosa che con il Cinema ci azzecca ma in maniera trasversale. Al Cinema infatti rapine e scontri fanno sempre andare di matto lo spettatore medio. Michael Gordon Peterson capisce che è proprio questa la sua via, diventare famoso spaccando, facendo a botte, distruggendo tutto quello che tocca, dove passa lui non cresce più erba o meglio non crescono più denti. Un moderno Attila insomma. Se non l’avete capito, stiamo parlando de “Bronson”, film del 2008 che ripercorre la vita di questo pazzo, un prigioniero che passa di prigione in prigione neanche fossimo in albergo. Diciamocelo, Charles è cresciuto in una famiglia che gli da attenzioni, lo coccola e lo vizia. Per una volta quindi la colpa non è della “Società”, siamo onesti, è proprio lui ad essere marcio. Ora qualche benpensante del ca**o verrà qui a dire: “Ehi bello, è l’Inghilterra che ha represso i suo stimoli, la sua inclinazione violenta uscita fuori proprio per questo blablabla”. Se notate, già nei primi anni capiamo che Peterson/uomo libero è incline alla violenza. Tutti noi lo siamo, ma Peterson è una specie di Terminator con i baffi.
Probabilmente la pena, i sette anni di galera per aver rapinato l’ufficio postale erano troppi.. visto l’esito. Cesare Beccaria in Dei Delitti e delle pene scrisse: “La punizione deve esser rapportata al crimine”. Il punto è che Peterson appena giunto in prigione non vuole cambiare, si sente ad Hollywood. Una Hollywood dove è possibile sbranare, picchiare, mordere, scalciare, scrutare, sputare, pisciare, indistintamente poliziotti e prigionieri. Reputato pazzo, viene spedito in manicomio e qui ammazza un pedofilo. La pellicola diretta da Nicolas Winding Refn risulta piacevole non solo perché il protagonista è abilmente interpretata da Tom Hardy (il quale ingrassa e mette su massa, grasso e muscolo come il miglior camionista cafone) ma anche perché per la durata di un’ora e mezza circa veniamo a contatto con un personaggio che è si cattivo fino al midollo ma almeno ha il senso dell’umorismo, è divertente e mette in scena una serie di teatrini difficilmente dimenticabile (una delle scene/gag che mi hanno più colpito è quella dove il galeotto si trucca da donna ma solo a metà).
Ve lo consiglio però..

Note del Don
… è un modello da non imitare, children DON’t try this at home. Imitatelo solo se volete andare a Regina Coeli senza passare dal Via.
Tra l’altro una colonna sonora fantastica, il Va pensiero all’inizio è da paura. Per non parlare di alcune inquadrature che fanno sembrare il nostro un leone in gabbia.

DonMax

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