Recensione su Agora

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Analisi del film Agora / 26 Luglio 2013 in Agora

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Trovi la recensione completa sul mio blog:
Analisi di “Agora”, un film di Alejandro Amenàbar

La violenza sulle donne

E’ doveroso aprire una piccola parentesi dal sapore femminista.

Ipazia non viene massacrata soltanto per essersi rifiutata di abbandonare la propria filosofia pagana e di sottomettersi al predominio cristiano, ma anche in quanto donna indipendente e influente nella comunità alessandrina. Nel marzo del 415 infatti la studiosa fu brutalmente catturata mentre faceva ritorno alla sua abitazione in lettiga, spogliata e uccisa mediante dei cocci ed ogni sorta di atroce sevizia (le furono per esempio cavati gli occhi) per volere del vescovo Cirillo. Le sue spoglie furono poi smembrate e date alle fiamme.

«Secondo le cronache Ipazia fu letteralmente fatta a pezzi, volevo una fine più sopportabile per il pubblico, ho scelto la lapidazione, che fa anche parte della realtà di oggi in alcuni paesi.» (Maria Pia Fusco, 20.04.2010, Agorà. Amenàbar: “Il martirio di Ipazia è un’accusa contro l’intolleranza”, la Repubblica).

Nel film infatti il massacro viene notevolmente addolcito: rifiutatasi di fuggire, Ipazia si consegna spontaneamente ai monaci parabolani che, dopo averla svestita, le tolgono la vita mediante la lapidazione ma poco prima del massacro l’ex schiavo Davo, innamorato follemente della padrona, l’aiuta a perdere i sensi per non provare dolore mentre la donna osserva con rimpianto l’oculus della cupola che in prospettiva assume la forma di un ellisse, una figura geometrica che Ipazia studiò approfonditamente. Non si tratta dunque di un normale individuo, poiché della donna chiamata Ipazia sono sopravvissute pochissime testimonianze, ma di una martire della scienza, anzi, di più, di un Cristo ateo sacrificatosi per l’umanità, come il regista stesso racconta in un’intervista.

Amenàbar ha reso la vicenda di Ipazia accessibile al grande pubblico anche grazie a interventi di questo tipo, tuttavia forse sarebbe stato più corretto non celare la sofferenza di Ipazia dietro esigenze narrative e raccontare tutto il male che ha dovuto subire.

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Una studiosa in anticipo sui tempi

Siccome le opere di Ipazia sono state distrutte, nessuno conosce quale sia stato il suo contributo alla scienza; le fonti dell’epoca sono tuttavia concordi nell’affermare che ha rivestito un ruolo primario tra gli intellettuali dell’epoca.

Amenàbar attribuisce alla studiosa teorie che poco hanno a che vedere con le conoscenze scientifiche dell’Ellenismo, ma che appartengono invece alla Rivoluzione Scientifica. “Purtroppo non è rimasto nulla dei suoi studi e dei suoi scritti, per cui ho potuto permettermi qualche libertà da questo punto di vista. Ma è un peccato che non sia rimasto niente.” (Maria Pia Fusco, 20.04.2010, Agorà. Amenàbar: “Il martirio di Ipazia è un’accusa contro l’intolleranza”, la Repubblica).

Attribuendole delle verità che mai la studiosa avrebbe potuto affermare, il regista rende immediatamente evidente il falso, trasformando così un brillante contributo alla scienza in qualcosa di straordinario, conferendo all’intera vicenda un sapore più gustoso per gli amanti del grande schermo. Scegliendo nello specifico le scoperte di Galileo e Keplero, Amenàbar decide di trattare degli argomenti conosciuti anche dai meno acculturati, rendendo l’opera accessibile ad un pubblico molto ampio.

Nel film Ipazia è un’insigne maestra del Sistema Tolemaico, che all’epoca si stava consolidando a scapito di tutte le altre teorie formulate, e riflette con i propri discepoli su quesiti che sarebbero poi stati risolti solo durante la Rivoluzione Scientifica. Rielaborando le teorie di Aristarco e intuendo l’esistenza del principio d’inerzia, il primo a teorizzare un sistema eliocentrico, l’Ipazia del film ipotizza che la Terra gira intorno al Sole e, mediante il cono di Apollonio, intuisce la forma ellittica delle orbite dei corpi celesti. Il regista lascia inoltre intendere che, se la studiosa non fosse stata uccisa, il modello astronomico di Keplero sarebbe stato anticipato di 12 secoli.

La filosofa riflette inoltre sulla possibile esistenza di altri mondi oltre a quello terrestre. Dimostrando di possedere una visione dell’universo e dell’esistenza umana molto simile a quella contemporanea, caratterizzata da una sensazione di smarrimento nei confronti del caos dell’esistenza. Un tale approccio può anche essere dovuto ai considerevoli mutamenti politici in atto in quel periodo.

Il regista a mio parere avrebbe dovuto elaborare più accuratamente l’aspetto scientifico-filosofico del film. Come avrebbe potuto infatti Ipazia anticipare Galileo senza effettuare alcuna osservazione empirica dell’universo? E una volta giunta alle sue stesse conclusioni, perché non considera il suo modello una speculazione su cui discutere con gli altri filosofi? Dopotutto non possedeva un cannocchiale per scrutare la volta celeste e l’astrolabio di sua invenzione non era sufficiente per dribblare i maestri del Seicento.

Mi rendo conto che ipotizzare che la bella Ipazia avesse anche inventato il pensiero scientifico sarebbe risultato eccessivo, ma mi stupisco che il regista non abbia percepito la necessità di ipotizzare con quale approccio filosofico la scienziata del film si sia relazionata con le sue stesse teorie.

Mi sorprende inoltre che il regista non abbia affrontato le implicazioni filosofiche della teorizzazione di un sistema eliocentrico con orbite ellittiche sulla percezione dell’universo. Prima delle straordinarie intuizioni di Keplero, l’umanità era abituata ad immaginare l’essere come una meccanismo perfetto costituito da forme perfette: stiamo parlando di sfere e circonferenze, figure dotate di un solo fuoco. Considerando le orbite dei corpi celesti come degli imperfetti ellissi, i fuochi da prendere in considerazione diventano due, di cui uno solo è occupato da una stella; l’universo geometrico e finito di Tolomeo si trasforma così in un enorme entità informe e priva di centro, dove la Terra occupa solo una posizione marginale.

“Mi si spezza il cuore senza un centro” afferma un’emozionatissima Ipazia nel corso dell’elaborazione della rivoluzionaria teoria, descrivendo lo smarrimento che devono aver provato gli scienziati del ‘600 scoprendo di non essere altro che degli insignificanti puntini dispersi nell’universo. Ci sarebbe piaciuto molto fantasticare su quali avrebbero potuto essere le teorie filosofiche formulate da uno studioso alessandrino sulle basi di scoperte scientifiche dell’età moderna, purtroppo il regista non era affatto interessato ad approfondire tale argomento.

Il regista si è inoltre dimenticato di menzionare il fatto che Ipazia non era soltanto un’eccellente astronoma, ma era anche a capo della scuola neoplatonica presso la biblioteca della città. Si tratta di un’omissione tutt’altro che trascurabile, considerando che avrebbe permesso di giustificare l’importanza di Ipazia nella biblioteca senza appellarsi a scoperte scientifiche effettuate 12 secoli dopo la sua nascita.

Mi rendo conto, caro Amenàbar, che preferisci l’astronomia alla filosofia, ma avresti dovuto cercare di accontentare un po’ tutti, affrontando entrambi gli argomenti!

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