Recensione su A Good Marriage

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25 Febbraio 2018

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Darcy, che ha appena festeggiato il 25° anniversario del “bel matrimonio” con Bob Anderson, scopre per caso in garage le prove che il marito che pensava di conoscere così bene è in realtà lo spietato serial killer conosciuto col nome di “Beadie” e che da anni stupra e uccide giovani donne. A quel punto, cosa fare? Denunciare il marito, mandando in rovina la propria famiglia e quella dei figli o fare finta di niente ma rischiando di avere sulla coscienza altre vittime? Il marito non tarderà a scoprire quel che la moglie sa. Ennesima riduzione televisiva di un racconto di Stephen King tratto dalla raccolta Notte buia, niente stelle (che ci aveva già dato Big Driver e 1922) e sceneggiata dal Re in persona. Purtroppo questo è uno dei casi dove la prosa di King, incisiva sulla pagina scritta, mal si adatta a essere portata sullo schermo, poiché spesso coinvolge la sfera di emozioni difficili da mettere in scena visivamente. Come spesso capita alla riduzione di un racconto, anche Un bel matrimonio avrebbe probabilmente funzionato meglio come cortometraggio o episodio televisivo della canonica durata di quaranta minuti, piuttosto che in un film, per giunta televisivo, di più di un’ora e mezza. Per allungare il brodo, ad esempio, il film indugia su alcuni particolari della vita della coppia che nel racconto erano relegati nei ricordi della moglie. Lo scritto, inoltre, si focalizzava efficacemente sullo struggimento interiore e sul dilemma morale di Darcy, cosa che la fredda interpretazione dell’attrice Joan Allen non riesce a restituire sullo schermo, contribuendo così a rendere ulteriormente insipido un prodotto già svantaggiato da una regia non particolarmente memorabile. Meglio va alla prova attoriale di Anthony LaPaglia nei panni del marito Bob, realmente agghiacciante nella sua pacata bonomia. Nonostante i difetti di resa, la trasposizione è comunque abbastanza fedele, con poche variazioni rispetto al racconto. La figura misteriosa che appare fugacemente durante tutto il film, in realtà un detective ormai in pensione che si occupava di dare la caccia al serial killer, nel racconto faceva la sua comparsa solo nell’epilogo. Completamente inventata per il film, è poi il particolare degli orecchini che Bob regala alla moglie appartenuti a una delle sue vittime, comportamento che poco si adatta alla psicologia dell’assassino fino allora delineata. Il racconto, a detta dello stesso King, si ispira alla vicenda del serial killer Dennis Rader, conosciuto come “BTK” (bind, torture and kill, lega tortura e uccidi) e attivo in Kansas tra il 1974 e il 1991, la cui moglie era stata sposata col mostro per trentaquattro anni senza mai accorgersi di nulla.

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