Recensione su 28 giorni dopo

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Il segno di Boyle / 17 Novembre 2017 in 28 giorni dopo

Nulla di originale quanto a soggetto, è una delle numerose versioni del filone apocalisse pandemica, ma dietro la macchina da presa c’è il genio lisergico di Danny Boyle e il suo montaggio ipercinetico si rivela con guizzi improvvisi, a sottolineare i raptus violenti degli infetti, facendo esplodere la paletta cromatica sullo schermo. La Londra desolata e minacciosa di questo film ha certamente contribuito a dare l’imprinting visivo alla serie The Walking Dead, iniziata col botto per poi diluirsi insulsamente stagione dopo stagione; resta il dubbio se è nato prima l’uovo o la gallina, ovvero il soggetto di Garland oppure l’idea che sta alla base del fumetto di Kirkman (di analogie ce ne sono parecchie, a partire dal risveglio dal coma del protagonista), ma del resto anche chissene.

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