Recensione su 2046

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3 Agosto 2013

“Un tempo quando qualcuno aveva un segreto andava in un bosco, faceva un buco in un tronco e sussurrava lì il suo segreto…poi richiudeva il buco con del fango, così il suo segreto sarebbe rimasto sigillato nell’eternità. Ho amato una donna, ma ci siamo lasciati. Speravo fosse nel 2046, così sono andato a cercarla lì, ma non c’era. Da allora non smetto di chiedermi se mi abbia mai amato. La risposta è un segreto che nessuno conoscerà mai”

Con queste semplici parole, al limite del banale, e con un treno che sfreccia fra i grattacieli di una città futuristica, comincia questo magnifico film. Wong Kar wai, come sempre, non racconta storie, dipinge sentimenti. Il film è fatto di nostalgia ed amore, quello non dichiarato, soltanto vissuto silenziosamente, abbandonato e poi inseguito per tutta la vita. Malinconia profonda, passione, erotismo…
Questo film non è semplicemente diretto da Wong Kar Wai, questo film E’ Wong Kar Wai, nella sua pienezza. Emerge una passione viscerale da parte del regista di Hong Kong, che dentro questa pellicola ci ha buttato tutto se stesso, la sua poetica, le sue tematiche principali, il suo stile inconfondibile, caratterizzato da inquadrature virtuose, estrema attenzione ai particolari, uso ossessivo del ralenty e delle voci fuori campo, dialoghi semplici, metafore, melodie musicali ripetute all’ossesso… E’ il suo film manifesto, la summa della propria opera e soprattutto il film più personale ed intimo, che meglio lo descrive. Il suo “8 ½”, il suo “Inland Empire”…

Un film che può forse sembrare pretenzioso e risultare lento e quasi antipatico, che si avvolge ripetutamente su se stesso come uno scarabocchio su un foglio di carta, come la storia di uno scrittore che non sa cosa scrivere e ci infila tutti i brandelli della propria esistenza. Questo, infatti, fa il protagonista: scrive un romanzo di fantascienza dall’alto contenuto erotico dove ci infila tutte le persone della propria vita.
Si va avanti nel tempo, si torna indietro, poi veniamo di nuovo ricatapultati in avanti, in un futuro popolato dal passato. Quello che conta, però, è soltanto il sentimento che prorompe con potenza attraverso le immagini, in maniera mai violenta ma progressiva.
L’atmosfera è sempre in bilico tra realtà e fantasia, tra passato e presente. Sono ricordi ciò che vediamo o solo soltanto immaginazione?

Il film comincia dove finiva il precedente “In the mood for love”… Il protagonista, infatti, è lo stesso, quel Mo-Wan Chow, un tempo giornalista, adesso romanziere, interpretato dall’immancabile Tony Leung, bravissimo attore “feticcio” del regista. Qui, però, è presentato in luce estremamente diversa. L’esperienza di In “the mood for love” lo ha cambiato: dopo essersi innamorato di Su-Li Zhen ed aver represso quel sentimento, è adesso diventato un insensibile seduttore. Cambia donne in continuazione, cerca di non affezionarsi a nessuna per paura di star male. In realtà non fa che cercare Su-Li Zhen in tutte le altre… cerca il passato. Convive con il rimpianto di essersi lasciato sfuggire il vero amore della sua vita. “ho amato una donna ma non ho mai saputo se lei mi amava”. Per paura, per pigrizia…
Da quel segreto nascosto nel tempio, nello splendido finale di “In the mood for love” riparte questo 2046. Quanto il precedente film era “casto” , “freddo” e forse un po’ irrealistico, questo è carnale, passionale, sincero. E’ la storia di un amore ricercato fino all’ossessione: cerca Lei e sembra trovarla in parte in tutte le altre, ognuna per un particolare, un certo modo di sorridere, di muoversi, di camminare, di fare l’amore, un profumo, un’acconciatura… ma la realtà è che nessuna è Lei interamente. Sui sedili posteriori dei taxi si appoggia con la testa sulle spalle delle sue amanti, con gli occhi chiusi come faceva con lei, magari immaginando che quella spalla fosse la sua…Tutto ciò che fa ciò è finalizzato al riempire il vuoto di quella perdita, ma è inutile. Non ci può riuscire Ling Bai (Ziyi Zhang), non ci può riuscire la figlia del proprietario dell’albergo (Faye Wong), non ci può riuscire la misteriosa donna incontrata a Singapore (Gong Li), anch’essa intrappolata dalle catene di un passato che non sembra volersene andare…
Passare spasmodicamente da una donna all’altra non gli serve a niente.

<< Che gusto c'è a cambiare sempre letto? - gli domanda Ling Bai, con le lacrime agli occhi – Non ti sembra di buttare il tempo, di girare a vuoto?>>
<< Punti di vista...e poi il tempo è tutto quello che ho. >>…

oppure ancora, sempre Ling Bai: << E non mi importa se non mi ami, tanto io ti amo lo stesso >>

In 2046 la malinconia per quell’amore perduto è sempre presente, in ogni fotogramma, in ogni parola… è presente nella musica spagnola di altre epoche che contribuisce a dare ancora un maggior senso di nostalgia per un tempo che fu e non ritornerà. Il tutto narrato con una cura maniacale. A livello puramente visivo è uno dei film più affascinanti degli ultimi anni…

La storia si svolge in un’atmosfera ovattata, per gli stretti corridoi dell’Oriental Hotel, attraverso dialoghi fugaci per le scale, le camere da letto, inquadrate sempre di sbieco, con parte della visuale spesso coperta da una tenda, un muro, una porta, una nuca. Ci sono colori forti, vividi, c’è il fumo di sigaretta che annebbia le immagini, ci sono volti riflessi negli specchi, primi piani intensi, inquadrature sui piedi femminili, sui tacchi a spillo… le donne sono bellissime, raffinate, sensuali. La splendida Zhang Ziyi, con i sui movimenti felini, le sue acconciature elaborate, i suoi abiti eleganti e variopinti, è di una bellezza disarmante (sottolineata dalle note della coinvolgente “Sybouney” di Xavier Cugat)… ma tutto sembra privo di materia. Tutto sembra onirico, inafferabile, astratto, sfuggevole… ma meravigliosamente coinvolgente.

In un’intervista Wong Kar Wai ha dichiarato: “Più che una storia, un’atmosfera, è un modo per ricordare a me stesso, che la cosa che dura di più è l’amore, almeno nel ricordo”…

Il 2046 altro non è che il numero di una stanza d’albero, quella dove Chow si incontrava di nascosto con Su Li Zhen, 2046 è il titolo del suo romanzo, 2046 è l’anno in cui Hong Kong cesserà di essere regione autonoma e tornerà a tutti gli effetti sotto il controllo della Repubblica cinese, in base all’accordo del 1984 con l’Inghilterra.

Ma 2046 è essenzialmente il Godot di Chow e di Wong Kar wai, è il suo nemico che non arriva mai nel deserto dei tartari. Come in “Ashes of time”, del tempo che è stato, rimangono soltanto le ceneri…
Anche nel romanzo che scrive, non c’è lieto fine. Il protagonista si innamora di una androide, le chiede di andare via con lui, ma lei si deteriora, smette di funzionare… e così né si muove, né parla più… “Il suo silenzio era dovuto alle emozioni differite o al fatto che non mi amava? Non avevo nessun potere su di lei o forse amava già un altro. Non potevo che rinunciare”

L’ovvia conclusione di questo romantico dramma, universale, fuori dal tempo…è che “non si può sovrapporre un amore a un altro” e soprattutto “La verità è che non si torna indietro” ..
Chow, alla fine capisce e non si volta e il narratore fuori campo ci dice che “ebbe l’impressione di salire su un treno senza fine, lanciato in una notte insondabile verso un futuro incerto”… Ma non è il futuro che stiamo cercando, è il passato per poterlo cambiare…perciò quel treno è destinato a non arrivare mai a destinazione. Possiamo soltanto piangere con la testa appoggiata al finestrino…

Ecco quindi che il 2046 diventa il luogo con cui fare i conti con noi stessi. 2046 è la donna che abbiamo sempre amato ma che adesso per una ragione o l’altra adesso non è con noi… ma è anche quella che vorremo amare, ma per quanto ci possiamo sforzare, non ci riusciremo mai… 2046 è il lavoro che abbiamo sempre sognato, la casa dove avremmo sempre voluto vivere, ma che non ci siamo mai potuti permettere…, l’aereo che volevamo prendere, ma non ne abbiamo avuto il coraggio, l’amico a cui non parliamo più perché non siamo riusciti a perdonarlo, il <> che avremmo voluto dire a nostro padre prima che morisse…
2046 sono i bei momenti passati, le emozioni vissute nei giorni più felici ma anche e soprattutto le nostre scelte sbagliate, i nostri errori, i nostri rimorsi, le parole che abbiamo avuto paura di pronunciare, le decisioni che avremmo dovuto prendere, ma non lo abbiamo fatto…

opera d’arte di Wong Kar Wai.

http://frammenticinemavittoriomorelli.blogspot.it/

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