Recensione su 2010 - L'anno del contatto

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Impossibile sequel / 1 Febbraio 2017 in 2010 - L'anno del contatto

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Sedici anni dopo l’uscita del capolavoro di Stanley Kubrick, “2001 – Odissea nello spazio”, si tenta l’impensabile, dargli un seguito. Impresa difficile per chiunque (e persa in partenza, agli occhi dei critici) reggere l’inevitabile confronto con il film originale, uno dei capisaldi della cinematografia mondiale, considerando anche il fatto che il regista, Peter Hyams, era un ottimo artigiano, ma con poco in comune con Kubrick. Al suo attivo, prima di questo, altre due interessanti pellicole di fantascienza: “Capricorn One” (1978) e “Atmosfera zero” (Outland, 1981).
Il film è comunque tratto da un romanzo di Arthur C. Clarke, “2010: Odyssey Two” (1982), autore del racconto da cui fu tratto quello di Kubrick (“The Sentinel”, 1948) e del romanzo derivato (“2001: A Space Odyssey”, 1968).
Nove anni dopo la tragica missione del Discovery, raccontata nel film di Kubrick, viene approntata una spedizione, composta da astronauti russi e americani, tra cui il dottor Floyd (Roy Scheider, mentre in “2001 – Odissea nello spazio” era interpretato da William Sylvester), per recuperarne il relitto. L’astronave Leonov (dal nome del primo astronauta della storia che nel 1965 svolse attività extra-veicolare nello spazio e che dopo la visone del film di Kubrick commentò “Ora sono stato nello spazio due volte!”). parte quindi in direzione di Giove, nella cui orbita si trova un gigantesco monolite e il relitto della Discovery, mentre sulla Terra gli attriti tra le due superpotenze si fanno sempre più tesi. Giunti sul relitto, ne viene riattivato il computer di bordo HAL9000, impazzito durante la precedente missione. Floyd viene contattato, prima attraverso HAL, poi comparendogli di persona, da David Bowman (Keir Dullea, lo stesso attore del film di Kubrick), l’astronauta superstite del film precedente, evoluto grazie al monolite in una forma di vita non legata alla materia. Questi lo invita a lasciare l’orbita di Giove entro due giorni, prima che “qualcosa di meraviglioso” succeda.
Grazie al sacrificio di HAL, la Leonov riesce a lasciare l’orbita Giove prima che la comparsa di milioni di monoliti non facciano collassare il gigante gassoso, trasformandolo in un secondo Sole. Su uno dei satelliti dell’ormai ex-pianeta, Europa, i ghiacci si fondono sotto l’azione della nuova stella e si creano i presupposti per la comparsa della vita.
Sulla Terra, spedito da HAL su richiesta di Bowman, arriva questo messaggio:

ALL THESE WORLDS ARE YOURS EXCEPT EUROPA
ATTEMPT NO LANDING THERE
USE THEM TOGETHER
USE THE IN PEACE

TUTTI QUESTI MONDI SONO VOSTRI TRANNE EUROPA
NON TENTATE DI ATTERARVI
VIVETECI INSIEME
VIVETECI IN PACE

L’errore grammaticale, riportato così com’è comparso sullo schermo, è una svista della traduzione italiana (nel romanzo la frase recitava invece “TUTTI QUESTI MONDI SONO VOSTRI… ECCETTO EUROPA. NON TENTATE LÀ ALCUN ATTERRAGGIO”.

L’idea di fare un film dal romanzo di Clarke e spiegare i lati rimasti oscuri del film di Kubrick, fu dello stesso regista, che si occupò anche della sceneggiatura, della produzione e della fotografia. All’inizio del progetto spedì la sceneggiatura a Clarke accompagnata da una lettera dove umilmente si domandava se l’autore sarebbe rimasto soddisfatto del suo lavoro.
C’è da ammirare il lato eroico della sfida e il coraggio del regista di imbarcarsi in un’impresa del genere. Clarke dal suo canto rimase entusiasta del film e lo fece presente a Hyams in una missiva:

“Ti dirò che è uno splendido lavoro e che hai brillantemente estratto dal romanzo i suoi elementi base, oltre ad aggiungerne altri di tua invenzione.
Ho riso e pianto in tutti i punti giusti.”

La critica cinematografica stroncò invece il film, forse in modo eccessivo. Assurdo fare paragoni, il film si può vedere come opera a sé. Non è certo un capolavoro, ma possiede una sua dignità e correttezza stilistica, oltre che diversi passaggi interessanti. E’ molto diverso dal film di Kubrick e svolge appieno la sua funzione di rendere meno criptici alcuni passaggi del precedente. Forse il suo difetto principale è quello di voler spiegare eccessivamente, che peraltro è lo stesso difetto del romanzo, perdendo necessariamente di pathos e mistero. Ad esempio, la comparsa di centinaia di monoliti nell’orbita di Giove fa si che si perda quell’atmosfera “mistica” che accompagnava l’apparizione di un singolo artefatto. A questo punto sembrano costruiti in serie da una catena di montaggio.
Girato con professionalità, il film si avvale di ottimi effetti speciali e buoni momenti visivi come quello della distruzione di Giove.
Dove il film pecca di poca lungimiranza è nel raccontare i rapporti tra le due superpotenze USA e URSS. L’ambientazione temporale è nel 2010, data ormai superata, ma fu girato nel 1984, quando vi erano ancora gli ultimi strascichi della Guerra Fredda. Di lì a poco sarebbe crollato il Muro di Berlino e l’Unione Sovietica si sarebbe disciolta, rendendo questo aspetto del film irrimediabilmente superato.

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