Recensione su 1922

/ 20175.7110 voti

4 Dicembre 2017

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Il film trasferisce su pellicola quasi scena per scena e parola per parola l’omonimo racconto lungo di Stephen King. Quello che però non riesce a riversare efficacemente, nonostante l’ottimo lavoro di caratterizzazione del protagonista da parte dell’attore Thomas Jane, è l’atmosfera di triste isolamento, depressione, fatalismo, crudele senso di perdita e di crescente oppressione cui lo scritto è pregno. Clima che consumerà dall’interno Wilf e che avrà ripercussioni su tutti quelli che gli vivono accanto. Troppo difficile, come capitato in altre opere tratte da King, trasporre su pellicola quello che sono i pensieri di una mente che precipita gradualmente nell’abisso della follia. Le vicende del film e del racconto sono infatti narrate anni dopo, in un lungo flashback, dal protagonista stesso chiuso in una stanza di uno scalcinato albergo di Omaha. Curata è invece la ricostruzione storica della vita rurale nel Midwest americano alla vigilia della Grande Depressione. 1922 è la personale versione dello scrittore del Maine de Il cuore rivelatore di Poe (ravvisabile anche qualche richiamo a I ratti nei muri di Lovecraft) dove, però la rivelazione è verso il protagonista stesso. Mai infatti qualcuno minaccerà la libertà del protagonista, mai nessuno, neanche la polizia, lo sospetterà di qualcosa, ma la sua (autoinflitta?) punizione finale, più crudele nel racconto originale che nel film dove è lasciata all’immaginazione dello spettatore, sarà peggiore di una condanna alla sedia elettrica.

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