“La legge di Lidia Poët”, la nuova serie tv Netflix italiana prodotta da Matteo Rovere
Dal 15 febbraio 2023, sul catalogo Netflix, sono disponibili i 6 episodi della serie tv italiana LA LEGGE DI LIDIA POËT, un historical drama a sfondo giallo interpretato da Matilda De Angelis ed Eduardo Scarpetta.
Creata e sceneggiata da Guido Iuculiano e Davide Orsini, la serie è stata diretta da Matteo Rovere e Letizia Lamartire ed è stata prodotta per Netflix da Grøenlandia, la casa di produzione indipendente fondata nel 2014 dallo stesso Rovere e dal collega Sydney Sibilia.
Rilettura in chiave pop e contemporanea di una storia vera, LA LEGGE DI LIDIA POËT è una serie tv in costume che tenta di unire commedia, detective story e noir.
Scopriamo di più su questo telefilm italiano ambizioso. Vi raccontiamo la trama, la biografia della protagonista e, anche grazie alle dichiarazioni di registi e tecnici, alcune curiosità su LA LEGGE DI LIDIA POËT.
Indice dei contenuti dell'articolo
- 1 “La legge di Lidia Poët”, la nuova serie tv Netflix italiana prodotta da Matteo Rovere
- 2 La trama e il trailer della serie Netflix “La legge di Lidia Poët” (senza spoiler)
- 3 Novità Netflix “La legge di Lidia Poët”: le scelte di regia
- 4 Scenografia e musiche della serie tv “La legge di Lidia Poët”
- 5 Chi è Lidia Poët, la prima avvocatessa d’Italia (attenzione: spoiler)
- 6 Dove vedere la serie “La legge di Lidia Poët” in streaming
- 7 Fonti consultate
La trama e il trailer della serie Netflix “La legge di Lidia Poët” (senza spoiler)
La trama della serie tv LA LEGGE DI LIDIA POËT ruota intorno alle avventure personali e professionali di Lidia Poët (Matilda De Angelis), una donna giovane e intraprendente che vive in un’epoca caratterizzata da grandi transizioni sociali e innovazioni tecnologiche.
La storia è ambientata nella vivace Torino del 1883. Al tempo, la città piemontese conta circa duecentomila abitanti ed è un fondamentale crocevia di eventi, mode, novità e personalità di spicco del mondo della cultura, dell’industria e della politica. Al centro della vita e dei tumulti di un intero continente, nel 1884, per esempio, Torino sarà la prima città europea a essere fornita di un impianto di illuminazione elettrica.
Cresciuta in una famiglia agiata, Lidia Poët si è laureta in giurisprudenza, ha superato con risultati brillanti l’esame di stato per l’abilitazione alla professione di avvocato e si è iscritta all’Albo degli Avvocati di Torino. La Poët è la prima donna italiana a essersi laureata in legge e ad aver richiesto l’iscrizione al relativo ordine professionale.
Ma, poco tempo dopo, la sua iscrizione viene dichiarata illegittima da una sentenza della Corte d’Appello di Torino. Per i colleghi maschi, la presenza di una donna all’interno dell’Ordine è inaccettabile.
Lidia non si dà per vinta e fa ricorso. Mentre prepara il materiale utile a ribaltare la sentenza della Corte, la Poët inizia a lavorare come assistente legale presso lo studio del fratello Enrico (Pier Luigi Pasino), anch’egli avvocato, un uomo spesso interdetto dai comportamenti poco convenzionali della volitiva sorella.
Intanto, grazie al cognato del fratello, il giornalista Jacopo Barberis (Eduardo Scarpetta), Lidia ha la possibilità di esplorare i luoghi più misteriosi e affascinanti della rutilante Torino e si ritrova coinvolta in una serie di indagini complesse e rischiose.
Novità Netflix “La legge di Lidia Poët”: le scelte di regia
La regia della serie Netflix LA LEGGE DI LIDIA POËT è firmata dal regista, sceneggiatore e produttore Matteo Rovere e dalla regista e sceneggiatrice Letizia Lamartire.
Dal punto di vista stilistico, Rovere ha scelto di raccontare la storia di Lidia Poët per contrasti.
Intenzionato a esaltare il ruolo destabilizzante della Poët nella società del tempo, nelle note stampa della serie tv, Rovere ha spiegato di aver fatto precise scelte tecniche e di regia che fossero in grado di contribuire alla definizione del personaggio.
“Ho adottato ottiche larghe e ho lavorato con la camera bassa per enfatizzare il rapporto tra il suo volto e il suo tempo. Con shot ampi si ottiene un racconto molto cinematografico, ma che al tempo stesso ci permette di vedere la nostra protagonista in relazione al contesto nel quale vive. Lidia è un personaggio rivoluzionario, ma allo stesso tempo è stata espressione di quegli anni, e registicamente ho provato a far sentire questa sensazione”.
Il telefilm Netflix LA LEGGE DI LIDIA POËT annovera elementi volutamente anacronistici (colori, dettagli di arredo, musiche), usati per accentuare le differenze e le continuità rispetto al tempo presente. Prosegue Rovere: “Il nostro racconto è quello di un passato che parla profondamente anche del contemporaneo. (…) Tutto è finalizzato a costruire un registro fortemente riconoscibile, un immaginario realistico ma insieme lontano, avventuroso. (…) La qualità del progetto sta tutta in quell’equilibrio tra l’ispirazione realistica dell’ambientazione e del contesto storico e una cifra visiva pop e ‘immaginifica’, capace di rendere Torino e le nostre storie non polverose, ma accattivanti per un gusto contemporaneo“.
Anche la Lamartire insiste sul dualismo fiction-realtà/presente-passato: “La serie si muove attraverso vari stili: commedia, detection, noir in una meravigliosa e misteriosa Torino, che si dispiega splendidamente, mostrando i suoi colori, la sua architettura, i suoi contorni, la cui bellezza non appartiene solo all’epoca narrata, ma continua il suo perdurare nello scorrere del tempo”.
Scenografia e musiche della serie tv “La legge di Lidia Poët”

Matilda De Angelis ed Eduardo Scarpetta nella serie tv ‘La legge di Lidia Poët’. Photo Credit: Netflix.
LA LEGGE DI LIDIA POËT ha richiesto un grande dispiegamento di mezzi, numerosi accorgimenti tecnici e l’impiego di molte location.
Nelle note stampa del telefilm, la scenografa Luisa Iemma spiega: “Il presupposto di partenza è stato quello di provare a togliere la polvere dai posti, dalle superfici, dai colori, per sottolineare le note di modernità presenti nel personaggio di Lidia e nel periodo storico in cui vive: l’arrivo della luce elettrica, del telefono, della stampa ed altri elementi hanno reso, infatti, la fine del 1800 un’epoca di grandi cambiamenti. Con l’arredatore, Giorgio Pizzuti, abbiamo cercato di assecondare questa modernità, inserendo colori e materiali inusuali per l’epoca“.
La serie è stata girata a Torino. Le scene realizzate all’interno del tribunale locale sono state girate presso l’Ex Curia Maxima, in Via Corte d’Appello, un luogo solitamente non accessibile e messo a disposizione esclusivamente per le riprese della serie tv.
Alcune aule del tribunale sono state allestite presso Palazzo Falletti Barolo, nella stessa strada. Il Palazzo dei Cavalieri, in Via della Basilica, è stato trasformato nella redazione della Gazzetta Piemontese.
Sono stati battuti numerosi ciak anche nel Museo del Carcere Le Nuove, in Via Paolo Borsellino, e nella centralissima Piazza Cavour.
Gli interni di Villa Barberis, casa di famiglia dei Poët sono stati ricostruiti nella Villa San Lorenzo di Racconigi, in provincia di Cuneo. L’ex lanificio Bona, nel Comune di Carignano (TO), è stato trasformato in una fabbrica di cioccolato. Il Teatro Alfieri di Asti è diventato il Teatro Regio di Torino.
Continua la Ienna: “Partendo dai sopralluoghi, abbiamo riscontrato che trovare delle location adeguate alla storia non sarebbe stato facile, soprattutto nelle scene esterne dove la modernità delle città ci ha reso il lavoro molto difficile. Abbiamo coperto chilometri di strisce pedonali e parcheggi, rifatto infissi, trovato soluzioni creative per vetrine, citofoni, centraline elettriche, scivoli e ringhiere e tanti, tanti metri cubi di terra per coprire altrettanti metri quadrati di asfalto. Gli effetti visivi ci hanno dato una gran mano! (…) Abbiamo utilizzato chilometri di tende, riempito e svuotato camion di mobili, trasportato centinaia di scatoloni pieni di oggetti, libri, tappeti, tessuti, biancheria, e tutto quello che serve a far vivere un posto. Per la natura del progetto, (…) mi sono presa la libertà di proporre spazi non filologicamente corretti per ambientare alcune scene”.
L’anticonformismo e la contemporaneità della figura di Lidia hanno guidato anche la composizione e la scelta delle musiche firmate e curate da Massimiliano Mechelli. Nelle note stampa, spiega: “Con i registi, abbiamo cercato un modo di rappresentare la sua forza e la sua universalità, tramite la musica. (…) Per conferire modernità e forza, non ho optato per un coro soave ma per una voce singola ostinata e incalzante. (…) Per evidenziare il lato ‘crime’ della serie, ho proposto ai registi uno strumento molto particolare e a mio avviso estremamente cinematico: l’handpan, una percussione intonata con cui ho cercato di enfatizzare l’alone di mistero che caratterizza i diversi episodi. (…) L’ho fuso con il piano verticale, suonato con la sordina, dandogli quell’eleganza espressa così bene dai costumi e dalla scenografia. Il tutto unito ad archi dinamici e moderni. (…) La colonna sonora riserva ai personaggi maschili tratti più ironici, rappresentati da chitarre, mandolini, percussioni e contrabbassi, esprimendo così la furbizia della protagonista nel condurli verso il proprio gioco”.
Mechelli definisce Lidia come un personaggio “rock a tutti gli effetti”, ma la sua attualità ha richiesto anche l’uso di musica elettronica, che “ben si presta a generare inquietudine nei casi che Lidia sarà impegnata a risolvere”.
Chi è Lidia Poët, la prima avvocatessa d’Italia (attenzione: spoiler)
La vera Lidia Poët (1855-1949) è nata e cresciuta in un’agiata famiglia valdese.
Cresciuta tra Piemonte e Svizzera, dopo il collegio, la Poët ottiene le patenti di Maestra Superiore Normale e di Maestra di lingue francese, tedesca e inglese. Prosegue gli studi e consegue la licenza liceale. Si iscrive alla facoltà di Medicina di Torino, all’epoca diretta da Cesare Lombroso, il medico, antropologo e criminologo diventato celebre nella seconda metà del XIX secolo per le sue teorie di psicologia e antropologia criminale basate sullo studio della fisionomia umana.
Abbandonati presto gli studi medici, la Poët si iscrive alla facoltà di Giurisprudenza di Torino. Nel 1881, consegue la laurea in legge, con una tesi dal titolo “Studio sulla condizione della donna rispetto al diritto costituzionale ed al diritto amministrativo nelle elezioni”. È la prima avvocata d’Italia.
A questo punto, in possesso di tutti i requisiti richiesti dalla legge, la Poët inoltra la richiesta di iscrizione all’Albo degli Avvocati di Torino. Anche in questo caso, conquista un primato, addirittura a livello europeo: è la prima donna in Europa a chiedere l’abilitazione alla pratica forense.
Il Consiglio dell’Ordine di Torino accoglie la sua richiesta a maggioranza. Ne nascono vibranti proteste. L’iscrizione viene impugnata dal Procuratore Generale del Re e, nel 1884, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso della Poët, in sostanza perché si tratta di una donna. Infatti, la sentenza della Cassazione recita che “l’influenza del sesso sulla capacità e condizione giuridica” impossibilitano la Poët ad agire attivamente in uno Stato e in un’amministrazione della cosa pubblica tradizionalmente “virile”.
Lidia Poët viene radiata dall’Albo.
Senza potersi fregiare del titolo professionale che le spetta, la Poët aggira il divieto di praticare la professione legale e collabora con il fratello Giovanni Enrico, avvocato. Nel suo studio, si occupa a lungo dei casi giudiziari di donne, minori ed emarginati.
Dal 1895 al 1929, Lidia Poët partecipa attivamente ai Congressi Penitenziari Internazionali, organizzati per affrontare il tema della riabilitazione sociale dei detenuti attraverso l’educazione e il lavoro e la formulazione del principio per cui un trattamento rieducativo degli individui sia da preferirsi a uno di tipo punitivo. La sua competenza e i suoi contributi al dibattito sono riconosciuti a livello mondiale. Nel 1903, aderisce al Consiglio Nazionale delle Donne Italiane (CNDI), per sostenere la causa del suffragio femminile.
La sua iscrizione all’Albo degli Avvocati viene accettata solo nel 1920, in seguito all’abolizione, nel 1919, della cosiddetta autorizzazione maritale che, in vigore nel Codice Civile italiano dal 1865, prevedeva, fra l’altro, che una donna dovesse domandare al capofamiglia il permesso di comparire in giudizio.
Rimasta nubile, Lidia Poët muore nel 1949, in Liguria, a Diano Marina.
Dove vedere la serie “La legge di Lidia Poët” in streaming
LA LEGGE DI LIDIA POËT è una serie originale Netflix e, attualmente, è disponibile in esclusiva solo sulla famosa piattaforma di streaming, inclusa nell’abbonamento al servizio, a prescindere dal piano tariffario scelto.
Cliccate sulla locandina della serie tv presente in questo articolo o qui, per aprire la scheda-serie tv di NientePopcorn.it, dove trovate trama, schede attori, voti, commenti e link diretti al catalogo Netflix. Basta un click sul logo della piattaforma, per accedere direttamente al servizio e, previo login a Netflix, vedere subito tutti gli episodi de LA LEGGE DI LIDIA POËT.
Fonti consultate
Il sito dedicato alla vita e all’attività di Lidia Poët.
Ufficio stampa Netflix.
[Nella foto principale: un’immagine promozionale della serie tv. Photo Credit: Netflix/Grøenlandia].
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