Un Pupi Avati d’eccellenza, sotto le stelle di Bologna.

"Sotto le stelle del cinema" ha dedicato una mostra ed una proiezione speciale a Pupi Avati. Atteso in Piazza Grande, il regista bolognese si è assentato per motivi lavorativi, ma il nostro inviato speciale era lì!

Rassegne , di
Un Pupi Avati d’eccellenza, sotto le stelle di Bologna.

Per il terzo appuntamento del 2014 di Sotto le stelle del cinema, la manifestazione bolognese più cinefila che ci sia, ieri (22 giugno), è stato proiettato il film LA CASA DALLE FINESTRE CHE RIDONO (1976) di Pupi Avati.

Sebbene, dopo l’inaugurazione della mostra fotografica Pupi Avati. Parenti, amici e altri estranei (visitabile a Palazzo d’Accursio fino al 14/08), fosse previsto un suo intervento con il fratello Antonio, entrambi non sono riusciti ad intervenire alla proiezione, a causa di impegni sul set . Così, a noi poveri spettatori è toccato solo un loro breve videomessaggio.
Poco male: ad introdurre il film ci hanno pensato Cesare Mastelli e Gianni Cavina, rispettivamente aiuto regista e sceneggiatore, anche se, come loro stessi hanno poi spiegato, ai tempi delle riprese, si sono ritrovati a dover fare un po’ di tutto, poiché la troupe era molto piccola (Gianni Cavina dovette addirittura ricoprire la parte di Coppola, il tassista!).
Entrambi hanno ricordato il bellissimo clima che c’era sul set, ”goliardico, di amicizia e di speranza, diverso dal cinema che si fa oggi”. Mastelli ha definito tutte le persone coinvolte in quel progetto come ”dei giovani ingenui, ma decisi a fare qualcosa di speciale”, e di Pupi ha detto: ”È un Maestro, curioso delle storie di tutti, è stato il capitano di una nave piccola ma veloce!”.
Gianni Cavina, alla domanda del direttore della Fondazione Cineteca: ”Come ha fatto questo film a diventare una pellicola di culto?”, ha risposto brevemente: ” Per due semplici motivi credo: o la gente è molto stupida, o noi siamo stati molto bravi!”.

Riguardo alla trama, come in tutti i suoi film, Avati ha ripreso situazioni a lui famigliari, vissute in prima persona o semplicemente ascoltate e rielaborate, come le vecchie storie contadine che lo affascinavano tanto da bambino e che sono state la base per La casa dalle finestre che ridono.
Tutto comincia con l’arrivo di Stefano, giovane restauratore, nella campagna ferrarese, per il recupero di un affresco raffigurante il martirio di San Sebastiano realizzato da Buono Legnani, ”il pittore delle agonie”, morto suicida anni prima e ritenuto pazzo da tutta la comunità.
Stefano capisce subito che c’è qualcosa di strano e di macabro, a partire dalla personalità del Legnani, su cui circolano numerose ed inquietanti voci, per proseguire con l’omertà del paesino e la varietà dei suoi grotteschi abitanti, dal sindaco Solmi, che ricorda il nano Lynchano di TWIN PEAKS, a Lidio, factotum del posto dalla dubbia sanità mentale.

L’amatorialità del progetto risulta evidente, sia negli effetti speciali che nella scelta degli attori, ma sono d’accordo con quanto affermato da Mastelli: c’erano pochi soldi (il film è costato solo centosessanta milioni di lire, risultando una delle pellicole italiane meno costose di sempre), ma fare cinema era diverso rispetto ad oggi. C’era speranza, genuinità, passione, e questo il pubblico bolognese, numeroso come mai fino ad ora in questa rassegna, lo ha capito ed apprezzato.
Ieri sera, in platea ci siamo spaventati, abbiamo riso, guardandoci tra di noi, si è instaurata una complicità momentanea tra sconosciuti, estranei dei quali si riusciva a vedere del viso solo quella parte illuminata di riflesso dallo schermo: un’atmosfera che ha reso Piazza Maggiore poco più che un salotto pieno di amici.
Per quante critiche si possano muovere a questo film, il fatto che sia riuscito a scatenare tutto ciò anche dopo quarant’anni, lo rende degno di essere considerato uno dei migliori lavori di Pupi Avati.

Qui, il programma completo della manifestazione

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