Nel labirinto della Mente – “Anomalisa”: solitudine ed egocentrismo

Nuovo appuntamento con la rubrica di Nientepopcorn.it dedicata ai film in cui la psiche umana è la vera protagonista. Parliamo di un film di animazione scritto e co-diretto da Charlie Kaufman: occhio agli spoiler!

Nel labirinto della Mente – “Anomalisa”: solitudine ed egocentrismo

Con Nel labirinto della Mente, Nientepopcorn.it vi propone una serie di film caratterizzati da trame in cui la psiche umana è protagonista, generando sub-realtà capaci di trarre in inganno sia i protagonisti della vicenda che il pubblico: il nuovo appuntamento è con un film di animazione decisamente originale, che consente di approfondire interessanti speculazioni di carattere psicologico. Le rivelazioni sono dietro l’angolo, per cui, occhio allo spoiler!

  • Anomalisa
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    ANOMALISA

    Co-diretto da Charlie Kaufman e Duke Johnson, ANOMALISA (2015) è un film d’animazione girato in stop-motion.
    Presentato alla Mostra del Cinema di Venezia, ANOMALISA ha vinto il Gran Premio della Giuria e il Future Film Festival Digital Award. Inoltre, ha ricevuto una nomination agli Oscar e ai Golden Globes 2016 come miglior lungometraggio animato.
    Il protagonista è Michael Stone, un oratore motivazionale, autore del best seller “Come posso aiutarti per aiutarli”. Di mezza età, sposato e con un figlio, in piena crisi esistenziale, Michael è circondato da persone che hanno tutte lo stesso volto e la stessa voce. Ora, si trova a Cincinnati, per via di una conferenza. È solo e annoiato.
    La monotonia della sua vita si rompe all’improvviso quando fa la conoscenza di Lisa, una donna comune eppure dotata di una voce diversa, non conforme a quella di tutti gli altri.

LA SINDROME DI FREGOLI COME METAFORA DELLA SOLITUDINE

L’albergo di Cincinnati in cui alloggia Michael è l’Hotel Fregoli. La scelta del nome non sembra affatto casuale. Si tratta di un aperto riferimento alla sindrome di Fregoli, una malattia psichica che causa una particolare allucinazione, ovvero l’idea di essere perseguitati da una persona che assume le sembianze di chi lo circonda. In sostanza, chi è afflitto da questa sindrome ha una convinzione: tutti sono la stessa identica persona, tutti sono uguali.

Anomalisa: Michael è un uomo profondamente solo

Michael è un uomo profondamente solo

Pur presentando sintomi molto simili a quelli tipici di questa patologia, però, Michael, non ne è affetto. Lo spiega lo stesso Kaufman: “Ho pensato che [la malattia] fosse una circostanza metaforicamente interessante per esprimere qualcosa legato all’interazione umana” [1].
La sindrome è usata per simboleggiare l’alienante incomunicabilità con l’Altro da sé [2] e la terribile solitudine che affligge Michael, imprigionato in una perenne apatia. Ogni cosa è filtrata dalla sua visione distorta del mondo. Ogni persona, dal tassista al direttore dell’albergo, è identica e viene rappresentata come un’automa, come un individuo disumano fatto in serie [3].
Persino la moglie e il figlio appaiono ai suoi occhi uguali e con la stessa voce, privi di personalità e di caratteristiche individuali tali da distinguerli e suscitare in lui un qualsiasi interesse.

ANOMALISA: UN’ANOMALIA E UN’ALTERNATIVA

A quel punto, sentire per la prima volta una voce diversa dalle altre, femminile e suadente, sembra porre fine all’interminabile incubo nel quale Michael si trova bloccato. Lisa è timida e spesso impacciata, si definisce non bella e non intelligente, ma per Michael rappresenta una speranza, una possibile via d’uscita, tanto da assurgere a donna salvifica.

Anomalisa: La voce di Lisa è diversa, è un'anomalia all'interno della realtà che circonda Michael

La voce di Lisa è diversa, è un’anomalia all’interno della realtà che circonda Michael

L’uomo rimane incantato nel sentirla parlare e si commuove quando, dopo averla convinta, canta una nota canzone di Cindy Lauper, Girls Just Want To Have Fun. Anche la cicatrice del viso che Lisa nasconde con pudore, considerandola un difetto, diventa un pregio agli occhi di Michael, un tratto distintivo che la rende un’anomalia in una società monotona e noiosa.
È lo stesso protagonista, infatti, che dà alla donna il soprannome di Anomalisa.
Ciò che viene descritto è la fase iniziale dell’innamoramento che, come spesso accade, porta a idealizzare la persone amata.
Per Michael, Lisa è diversa, unica, speciale e tutte le altre donne al suo fianco (per esempio, la sua amica Emily) scompaiono.

IL DESIDERIO DI ESSERE AL CENTRO DELL’ATTENZIONE

Un sentimento così totalizzante può essere fuggevole, un’illusione.
Dopo aver passato la notte insieme a Lisa, Michael viene scosso da un inquietante incubo. L’uomo sogna di incontrare il direttore d’albergo, follemente innamorato di lui, che gli intima di lasciare Lisa. Su richiesta dello stesso direttore, numerose segretarie gli si offrono sessualmente. L’incubo non solo preannuncia l’imminente rottura dell’idillio amoroso nato la notte prima, ma rappresenta anche la crisi interiore del protagonista. Non a caso, il suo volto cade letteralmente a pezzi.

Anomalisa: Michael è profondamente narcisista

Michael è profondamente narcisista

Parallelamente, il sogno denota un profondo narcisismo di Michael. Inconsciamente, l’uomo desidera essere al centro dell’attenzione e del desiderio altrui. Lo dimostra anche l’incontro con la ex fidanzata Bella, avvenuto appena prima di conoscere Lisa.
Michael contatta la sua vecchia fiamma, invitandola a bere un drink. Come scopre amaramente la donna, l’unico scopo di Michael è quello di soddisfare il proprio desiderio sessuale, nel vano tentativo di colmare un vuoto esistenziale.
In sostanza, il protagonista è incapace di instaurare una relazione duratura (“Io perdo tutti”, confessa a Lisa). Così, non appena il discorso amoroso si fa più concreto e meno platonico, anche la nuova relazione entra in crisi.

IL RITORNO ALLA REALTÀ-INCUBO

Al mattino, Michael annuncia a Lisa di voler stare con lei e di essere intenzionato a lasciare la moglie. Entusiasta, la donna accetta la proposta. È in quel momento che le speranze di felicità si spezzano improvvisamente. Il protagonista prima critica il modo di mangiare di Lisa e poi sente la sua voce cambiare gradualmente, fino a diventare uguale a tutte le altre.
L’intenso momento di coinvolgimento è svanito.
Per Michael, Lisa si uniforma alla massa e, ormai, non suscita in lui alcun interesse. Quando il punto di vista cambia e Lisa viene ripresa in maniera oggettiva, senza il filtro offerto dalla prospettiva personale di Michael, ritorna la sua voce femminile e la sua amica Emily ha un viso diverso.

Michael torna a casa, ma la sua crisi è totale

Michael torna a casa, ma la sua crisi è totale

Nell’urgenza di soddisfare i propri bisogni (ossia, trovare qualcuno da amare), Michael rovina l’ennesima relazione sentimentale. Come afferma anche durante la conferenza di Cincinnati, Michael si rende conto di avere qualcosa che non va, eppure è incapace di capire le origini del suo malessere esistenziale, di riconoscere il suo latente egocentrismo e di andare oltre la visione deformata della realtà per squarciare il velo di Maya [4].
Michael torna a casa e alla sua solita vita. La sua metaforica cecità è diventata ancora più invasiva. Ciò risulta evidente grazie ad almeno due episodi.
L’uomo regala al figlio una raffinata bambola meccanica di fattura giapponese comprata in un sexy shop, perché è incapace di vedere davvero il bambino e, di conseguenza,  non è in grado di intuire e soddisfare i suoi desideri.
Infine, al culmine della sua alienazione, non riconosce neanche i propri amici, invitati dalla moglie per una festa a sorpresa in suo onore.

Note
[1] Intervista a Charlie Kaufman per la rivista Rolling Stone http://www.rollingstone.it/cinema-tv/interviste-cinema-tv/charlie-kaufman-racconta-anomalisa-una-storia-damore-in-stop-motion/2016-02-27/#Part2
[2] Inteso come “diverso da Sé”, cioè persona altra. Gaetano Benedetti, Alienazione e Personazione nella Psicoterapia della malattia mentale, Fioriti Editore, 2015
[3] All’altezza degli occhi si notano delle fessure, come se i volti fossero costruiti dall’incastro di parti meccaniche, dunque non umane
[4] L’espressione “velo di Maya” è stata coniata da Arthur Schopenhauer. Con essa, si intende indicare il simbolico velo che separa l’uomo da una visione autentica del reale. Arthur Schopenhauer, Il mondo come volontà e rappresentazione, Laterza, 2009.

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