13 film spagnoli amati da Pedro Almodóvar

Il cineasta manchego, indubbiamente il più influente tra i registi iberici contemporanei, illustra al pubblico internazionale alcuni tra i film spagnoli da lui più amati. Scopriteli tutti attraverso le schede di Nientepopcorn.it!

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13 film spagnoli amati da Pedro Almodóvar

L’INDISCRETO FASCINO DEL CINEMA SPAGNOLO SU ALMODÓVAR

Senza tema di smentita, si può affermare che Pedro Almodóvar è il regista spagnolo contemporaneo più influente: in più di 40 anni di carriera, il cineasta manchego ha sviluppato uno stile visivo e narrativo peculiare, diventando modello più o meno consapevole per numerosi cineasti, sia iberici, come il sevillano Paco León (in questi giorni nei cinema italiani con l’irriverente KIKI & I SEGRETI DEL SESSO, 2016), che internazionali, come Ferzan Ozpetek (LE FATE IGNORANTI, 2001), cineasta turco, ma italiano d’adozione.
Premiato con l’Oscar per la Miglior Sceneggiatura con PARLA CON LEI (2002) e vincitore della Palma d’Oro con TUTTO SU MIA MADRE (1999), a poche settimane dalla partecipazione in concorso a Cannes 2016 con JULIETA, su richiesta del British Film Institute Almodóvar ha stilato una lista di 13 film spagnoli da lui amati per i più svariati motivi e che, in alcuni casi, hanno condizionato il suo immaginario e la sua tecnica registica. Il cineasta spiega ampiamente i motivi delle sue scelte.

  • Calle Mayor
    7.0/10 1 voti
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    CALLE MAYOR

    (1953) di J.A.Bardem
    Ho un debole per i film che guardano alla vita rurale della provincia. Credo dipenda dal fatto che io sono riuscito a fuggire da quel tipo di vita. CALLE MAYOR è un melodramma che ha per protagonista una zitella di provincia. Negli anni Cinquanta, la solitudine di una donna coincideva per convenzione con l’assenza di un uomo: il destino di una donna che aveva superato la trentina era quella di cucinare, andare in chiesa e diventare grassa. Un gruppo di amici perdigiorno che sembra uscito di peso da I VITELLONI di Fellini decide di giocare un brutto scherzo a un’ingenua zitella, Isabel, interpretata dalla splendida Betsy Blair: uno di loro finge di corteggiarla. La storia è raccontata dal punto di vista femminile, una cosa insolita per quel periodo storico, quando il desiderio sessuale della donna era represso e diventava oggetto di scherno. CALLE MAYOR è un gran film che non ha solo superato la prova del tempo, ma che, con il trascorrere degli anni, ha consolidato la propria reputazione.

  • Il mostro di Magendorf
    7.5/10 2 voti
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    IL MOSTRO DI MAGENDORF

    (El cebo, 1958) di Ladislao Vaija
    Sei anni prima di AGENTE 007 – MISSIONE GOLDFINGER, l’attore tedesco Gert Fröbe fu protagonista di questa strana co-produzione ispano-svizzero-tedesca in cui un pedofilo uccide alcune bambine attirandole in un bosco nei pressi di un piccolo villaggio di un cantone svizzero. Si potrebbe affermare che si tratta di una rilettura della fiaba di Cappuccetto Rosso. Infatti, IL MOSTRO DI MAGENDORF appartiene al filone thriller criminale con bambini e un mostro i cui antenati più illustri sono M, IL MOSTRO DI DUSSELDORF (1931) di Fritz Lang, LA MORTE CORRE SUL FIUME (1955) di Charles Laughton e FRANKENSTEIN (1931) di James Whale. Ma anche LO SPIRITO DELL’ALVEARE (1973) di Víctor Erice. Il film di Vaija vanta una splendida fotografia in bianco e nero e un copione scritto da Friedrich Dürrenmatt che, due anni dopo, avrebbe firmato una versione romanzata della sceneggiatura con il titolo ‘La promessa’, da cui, nel 2001, Sean Penn avrebbe tratto l’omonimo film interpretato da Jack Nicholson.
    Oltre a Fröbe, i personaggi principali sono interpretati da due grandi stelle europee del tempo, Michel Simon e Heinz Ruthman. Diretto da ungherese Ladislao Vajda, che ha vissuto in Spagna e che aveva lavorato come montatore per Billy Wilder all’inizio degli anni Trenta, IL MOSTRO DI MAGENDORF è uno dei pochi esempi di un film in cui un mix di nazionalità e talenti si cristallizza in qualcosa di bello e personale
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  • La ballata del boia
    7.1/10 13 voti
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    LA BALLATA DEL BOIA

    (El verdugo, 1963) di Luis García Berlanga
    Un giovane becchino (Nino Manfredi) conosce la figlia di un carnefice e si innamora di lei, finendo per sposarla. Sebbene il loro amore nasca dal fatto che entrambi condividono l’esperienza della morte, il becchino sogna di emigrare in Germania per completare la sua formazione come meccanico, ma un errore burocratico lo costringe a rimanere in Spagna, dove viene assunto come nuovo boia. La sceneggiatura di Rafael Azcona e Luis García Berlanga è piena di umorismo, e José Isbert, il boia anziano, si presenta in una maniera tanto simpatica che i censori non sono riusciti a comprendere la vera natura del film, scoprendo solo in seguito che, in un’epoca in cui, in Spagna la morte per garrota era ancora in vigore, la pellicola era contro la pena di morte, tanto da venire presentato al Festival di Venezia, dove ha vinto il premio FIPRESCI. Da quel momento in poi, il film ha incontrato grosse difficoltà a venire proiettato. LA BALLATA DEL BOIA è un capolavoro assoluto: visto ora, sembra inconcepibile che sia stato girato nel 1963. Si tratta di un appello straordinario contro la pena di morte, mascherato come una commedia deliziosa e divertente, di buone maniere.

  • La tía Tula
    8.0/10 1 voti
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    LA TÍA TULA

    (1964) di Miguel Picazo
    Ancora una volta si parla di zitelle represse, ma, in questo caso, si tratta di auto-repressione. La zia Tula si immerge con gioia nei rituali di tutti i giorni, volgendo sempre le spalle al piacere sessuale: chiesa, famiglia, incontri innocenti tutti al femminile. Tula e il suo mondo sono espressioni di una visione distorta e quasi psicotica della castità e della decenza femminile. Benché LA TÍA TULA non contenga nudità o scene esplicitamente erotiche, in poche altre occasioni il cinema spagnolo è stato in grado di rappresentare in maniera così vivida il desiderio sessuale. Per uno come me che vorrebbe fare film su donne solitarie e coraggiose LA TÍA TULA di Picazo è ancora un modello da prendere ad esempio.

  • El extraño viaje
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    EL EXTRAÑO VIAJE

    (1964) di Fernando Fernán Gómez
    Fernando Fernán Gómez è stato quel che si dice un one-man-band: attore, regista, scrittore, drammaturgo… ha brillato in tutte le discipline. Ho avuto la fortuna di lavorare con lui in TUTTO SU MIA MADRE, dove interpretava il padre di Penelope Cruz. EL EXTRAÑO VIAJE è un capolavoro “maledetto” che non è stato distribuito subito. Nel 1964, la Spagna si stava preparando alla modernizzazione e allo sviluppo: il turismo era visto come una delle grandi speranze dell’economia iberica e l’immagine di una spiaggia spagnola in cui i cadaveri di due grassi e ributtanti fratelli ubriachi non sembrava il modo migliore per promuovere le nostre coste.
    Il film di Fernán Gómez racconta la vera storia di un omicidio, a tutt’oggi ancora irrisolto, avvenuto in una piccola località costiera. A differenza di altri film di questo periodo ambientati in un contesto rurale, il lavoro di Fernán Gómez trabocca dello humour più nero. Si tratta di un esempio di quella forma particolare di neorealismo spagnolo, meno sentimentale rispetto alla versione italiana, che mette in evidenza una delle nostre caratteristiche distintive: l’umorismo nero, grottesco, talvolta surreale.

  • Frappè alla menta
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    FRAPPÈ ALLA MENTA

    (Peppermint Frappé, 1967) di Carlos Saura
    Alcuni film si “definiscono” grazie ad una semplice dedica: FRAPPÈ ALLA MENTA è un omaggio a Buñuel e ne abbraccia apertamente le influenze surrealiste.
    Un insignificante e triste radiologo di provincia, interpretato in maniera superba da José Luis López Vázquez, è ossessionato dalla fidanzata di un suo vecchio amico, una ragazza moderna, fresca e molto libera, proprio l’opposto della Spagna degli anni Sessanta e del radiologo. Il film di Saura può essere letto come una criptica richiesta di libertà dalla repressione e dall’ipocrisia della piccola borghesia dell’epoca, ma è anche più di questo: la storia potrebbe essere tratta da un romanzo di Patricia Highsmith, in cui un dolce psicopatico passa letteralmente inosservato nel mondo in cui vive.
    Il film di Carlos Saura è molto moderno, un lavoro “pop” come L’OCCHIO CHE UCCIDE (1960) di Michael Powell e il suo cast tecnico è diventato di culto per tutti i cinefili spagnoli: la sceneggiatura è stata scritta da Saura con Rafael Azcona, mentre Luis Cuadrado, il padre della moderna cinematografia spagnola, è stato il direttore della fotografia. Una giovane Geraldine Chaplin recita in quella che, per me, è una delle sue migliori performance.

  • Furtivos
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    FURTIVOS

    (1975) di José Luis Borau
    FURTIVOS è un affresco à la Goya ambientato nei dintorni di una collina, in cui vive un microcosmo della società spagnola in un momento preciso della storia, quando Francisco Franco si trova sul letto di morte. Una lettura in chiave simbolica del film di Borau lascia intuire che la foresta è la rappresentazione della società spagnola e che la madre, Martina, è una metafora del Paese: feroce, ipocrita, immortale e assassino.
    FURTIVOS mescola due generi che sono stati affrontati raramente dal cinema spagnolo: il western e il noir. José Luis Borau rende omaggio a Buñuel, scegliendo Lola Gaos per interpretare Martina, la madre feroce: questa attrice dalla voce roca e il corpo spigoloso aveva lavorato con Buñuel, il genio di Aragona, in VIRIDIANA (1961) e TRISTANA (1970), dove recitava nel ruolo di Saturna, la cameriera di Tristana-Catherine Deneuve. Come ha affermato lo stesso Borau, il nome Saturna gli ha fornito la chiave per FURTIVOS: l’allusione è, appunto, a Francisco Goya e al suo dipinto ‘Saturno che divora i suoi figli’.

  • Arrebato
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    ARREBATO

    (1979) di Iván Zulueta
    ARREBATO fu girato appena cinque anni dopo la morte di Francisco Franco, ma, per questo film, è come se la dittatura non fosse mai esistita. La storia, deliberatamente depoliticizzata, si svolge nella movida di una Madrid cosmopolita. Il protagonista è un regista di film horror che viene misteriosamente inghiottito dalla sua telecamera Super 8: si tratta di un racconto fantasy in cui si parla di auto-immolazione, è una dedica all’eroina e al cinema intesi come principio e fine di ogni cosa, nonché un’esaltazione del lato oscuro delle cose e dell’uomo inteso come unica possibilità per la realizzazione e l’affermazione di sé. ARREBATO è un film che, all’epoca, non vide nessuno e che, oggi, è un classico moderno. I suoi interpreti sarebbero apparsi in alcuni miei lavori degli anni Ottanta.

  • El sur
    El sur
    1983
    7.2/10 6 voti
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    EL SUR

    (1983) di Víctor Erice
    È possibile che un film incompleto sia il migliore della storia del cinema spagnolo? Sì, se parliamo di EL SUR. Il secondo lavoro di Erice racconta di una ragazza che vive con i genitori e che si sta affacciando all’adolescenza. I rapporti tra genitori e figli sono sempre misteriosi. Il padre è un uomo gentile e riservato che nasconde un segreto. La scoperta del suo passato quasi mitico e la tenerezza e la semplicità che traspaiono dalla messinscena di Erice trasformano questo film in un vero classico. A causa di problemi di produzione, il film è stato tagliato in fase di montaggio: pensato originariamente per durare due ore e mezza, alla fine è lungo solo 96 minuti. 96 minuti di emozioni così intense da lasciare senza fiato. Piango ogni volta che lo guardo.

  • Prosciutto prosciutto
    5.8/10 30 voti
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    PROSCIUTTO PROSCIUTTO

    (Jamón, Jamón, 1992) di Bigas Luna
    Il film di Bigas Luna ha rappresentato il debutto di Penelope Cruz ed è il motivo per cui così tanti registi, me incluso, hanno sognato di lavorare con lei. Le icone più importanti della nostra cultura si ritrovano tutte in PROSCIUTTO PROSCIUTTO: la corrida, il cibo, la passione fuori controllo, la sensualità spudorata, la lotta di classe, il macho iberico, il prosciutto (anche questo iberico…). E, poi, c’è l’incontro esplosivo di queste due forze della natura, Penelope Cruz e Javier Bardem. PROSCIUTTO PROSCIUTTO è una vera e propria celebrazione di tutte ciò che è spagnolo. Vale la pena di guardare questo film solo per vedere Penelope Cruz in piedi di fronte alla moto di Javier Bardem. E per il suo umorismo fresco, fisico, inestinguibile.

  • Tesis
    Tesis
    1996
    6.9/10 50 voti
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    TESIS

    (Tésis, 1996) di Alejandro Amenábar
    Alejandro Amenábar ha debuttato in grande stile con questo thriller ambientato nel mondo degli snuff-movies, i film in cui vengono mostrati atti di violenza come omicidi o torture reali. Con TESIS, Amenábar inventa una sorta di teen movie horror supportato da una solida sceneggiatura capace di offrire continuamente sorprese per ben due ore. Per parlare di snuff movies, Amenábar ha avuto la brillante idea di localizzare l’azione nella Facoltà di Scienze della Comunicazione di Madrid, dove, all’epoca, egli ancora studiava. Il fatto che tutto si svolga in quel luogo è interessante anche dal punto di vista della praticità e della spesa sostenuta per realizzare il film ed è deliziosamente ambiguo che gli studenti si inseguano ed uccidano a vicenda e che le telecamere che usano per le lezioni e le esercitazioni siano letali.

  • Blancanieves
    7.3/10 32 voti
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    BLANCANIEVES

    (2012) di Pablo Berger
    BLANCANIEVES è una delle vette del recente cinema spagnolo, ma ha avuto la sfortuna di essere stato distribuito solo un anno dopo THE ARTIST (2011) di Michel Hazanavicius, un film muto che ha trionfato in tutto il mondo. Berger progettava da anni di realizzare un film in bianco e nero e senza dialoghi ispirato alla fiaba dei Fratelli Grimm: il risultato è bello in maniera straziante. BLANCANIEVES abbraccia FREAKS (1932) di Tod Browning, il cinema espressionista tedesco, la Bella Addormentata e i cliché folkloristici spagnoli, tra cui la Carmen di Merimée. A mio parere, l’esperimento di Berger è la migliore versione cinematografica del racconto dei fratelli Grimm, pericoloso e brillante in tutti i sensi. E c’è un meraviglioso cast di attrici spagnole: Maribel Verdú, Ángela Molina, Inma Cuesta e la giovane Macarena Garcia.

  • Magical Girl
    7.7/10 3 voti
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    MAGICAL GIRL

    (2014) di Carlos Vermut
    Carlos Vermut è l’ultima grande rivelazione del cinema spagnolo. MAGICAL GIRL non è solo il suo secondo film, non è solo una storia profondamente inquietante e piena di mistero, ma, soprattutto, non somiglia a nessun altro film spagnolo. Vermut viene dal mondo dei fumetti e della grafica ed è un devoto della cultura giapponese. Il film racconta le difficoltà incontrate da un padre senza lavoro che adora sua figlia, una ragazzina di 12 anni malata di leucemia il cui sogno più grande è quello di possedere l’abito indossato dal personaggio principale dell’anime giapponese di cui è grande fan, ‘Magical Girl Yukiko’. Per entrare in possesso del denaro per comprare il vestito, l’uomo si trasforma in un criminale.

[Testo parzialmente tradotto da bfi.org.uk]

[Nella foto: Pedro Almodóvar e Penelope Cruz sul set de GLI ABBRACCI SPEZZATI]

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