“La valle dell’Eden” di Elia Kazan: il mito di James Dean.

Il film, che valse a James Dean la prima nomination postuma all'Oscar, è uno dei più noti della filmografia del regista di origine turca. Richiami biblici per un tormentato melodramma.

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“La valle dell’Eden” di Elia Kazan: il mito di James Dean.

Tra poco (18 maggio), alle 11:25, IRIS (canale 22 del digitale terrestre) proporrà La valle dell’Eden (1955), il melodramma dal sapore ancestrale e metaforico diretto da Elia Kazan tratto dall’omonimo romanzo di John Steinbeck.
Si tratta dell’unica pellicola in cui James Dean riveste il ruolo del protagonista uscita mentre si trovava ancora in vita: Gioventù bruciata (1955) e Il gigante (1956), infatti, vennero distribuiti nelle sale americane dopo il suo tragico decesso, avvenuto alla fine del settembre del 1955, quando si schiantò con la sua Porsche 550 Spyder nei pressi di Salinas, in California.

Stando alle cronache del tempo, il ruolo del tormentato Cal venne proposto ad attori allora ben più noti di Jimmy Dean, come Brando, Montgomery Clift e Paul Newman, ma Kazan, colpito dall’istintività del giovane interprete dell’Indiana, lo preferì su tutti, scommettendo sul suo debutto da prim’attore, il quale -magra consolazione- nel 1956 gli valse il Golden Globe, postumo, ed un triste record: a Dean, infatti, fu attribuita la prima nomination postuma come Miglior Attore della storia degli Oscar cui seguì, nel 1957, quella per la sua interpretazione ne Il Gigante di George Stevens.

La valle dell’Eden racconta il tormentato ménage famigliare dei californiani Trask all’epoca della Prima Guerra Mondiale: le personalità profondamente differenti dei fratelli Cal (Dean) ed Aron (Richard Davalos) si scontrano sui temi più disparati, dal lavoro all’amore per la dolce Abra (Julie Harris).
Il padre dei due ragazzi, Adam (Raymond Massey), nasconde da tempo un doloroso segreto: Cal ne viene a conoscenza e sconvolge definitivamente l’equilibrio del fratello.

Kazan, qui al suo primo lungometraggio a colori, affida la propria verve registica ad un racconto emotivamente complesso, con forti richiami biblici (non solo nei nomi dei personaggi), a tratti claustrofobico: indimenticabile la scena in cui James Dean si contorce, letteralmente, sul tavolo del soggiorno di casa Trask mentre la cinepresa di Kazan lo segue strettamente, con inquadrature sghembe, asfissianti, tenaci.

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