Welles, Hearst e il boicottaggio di “Quarto potere”
Più volte, Welles ha spiegato che QUARTO POTERE era stato concepito come “il racconto della vita privata di un uomo pubblico”, senza far riferimento a nessuno in particolare.
Ma l’imprenditore William Randolph Hearst, risentito per il fatto che la figura dello spregiudicato Kane potesse essere ispirata a lui, fece il possibile per evitare la distribuzione del film e impedì che QUARTO POTERE e la casa di produzione RKO venissero menzionati dai media di sua proprietà, se non per sottolineare il fatto che il film di Welles avrebbe rappresentato “una minaccia per le madri americane, per la libertà di parola e di riunione, e per il perseguimento della felicità” (The New Yorker, maggio 1941).
In un’intervista a Peter Bogdanovich contenuta nel libro Io, Orson Welles (Baldini & Castoldi, 1993), Welles puntualizza: “In realtà non fu Hearst a intervenire, furono altri a farlo per conto suo. Cominciò male, perché Louella Parsons [ndA: una giornalista cinematografica conosciuta come la “regina del gossip di Hollywood” che, all’epoca, lavorava per il Chicago Record Herald, di proprietà di Hearst] era stata sul set e aveva scritto uno stupendo articolo sul film (…). E fu Hedda Hopper, la sua vecchia nemica, a dare il fischio d’inizio. Dopo di che furono i tagliagole di Hearst a scatenarsi contro di me, più che il vecchio in persona”.
Hearst minacciò anche di far distruggere il negativo di QUARTO POTERE. Welles ha confidato a Bogdanovich che il film se la cavò “per il rotto della cuffia”.
Il boicottaggio di Hearst impedì al film di Welles di essere proiettato nelle sale con maggiore capienza di pubblico e nelle catene di cinema statunitensi. Sfavorì anche il noleggio del film da parte dei distributori internazionali, limitando ulteriormente gli incassi del film. In Italia, per esempio, complice la guerra, QUARTO POTERE venne proiettato per la prima volta solo nel 1949.
Nel tempo, è stata paventata spesso l’ipotesi che tutto il polverone intorno al film non sia stato altro che una mossa pubblicitaria di quel volpone di Welles. Non dimentichiamo che è lui il principale fautore del motto F come falso (F Is For Fake) che dà il titolo al suo documentario del 1973 sull’arte della mistificazione e del rapporto tra Arte e Verità.
Nel 1941, Von Stroheim avanzava già un dubbio: “Credo (…), e insieme a me parecchie altre persone con le quali ho parlato, che si sia trattato di un’abilissima campagna pubblicitaria scaturita dalla mente fertile del Cittadino Welles che, a mio parere, sarebbe un grande cervello pubblicitario proprio come è -e questo film lo prova- un grande regista“.
Fincher e lo scandaloso “Quarto potere”
Però, MANK di Fincher rispolvera un altro putiferio, tra quelli che hanno segnato il famoso film e la carriera di Welles.
Si tratta della stesura della sceneggiatura di QUARTO POTERE, premiata con l’Oscar nel 1942.
A lungo, lo script del film è stato oggetto di una accesa diatriba tra Welles e Herman J. Mankiewicz, sceneggiatore, giornalista e critico. E, a dirla tutta, non sembra essersi ancora sopita, nonostante che i suoi protagonisti siano scomparsi da tempo.
Lascia un commento
Devi essere connesso per inviare un commento.