Catoblepa

Fanny e Alexander
"Se esiste un dio, è un dio di cacca e di piscia che vorrei prendere a calci in culo."
Bertil Guve (Alexander Ekdahl)
Ro.Go.Pa.G.
GIORNALISTA: La prima domanda sarebbe: che cosa vuole esprimere con questa sua nuova opera? REGISTA: Il mio intimo, profondo, arcaico cattolicesimo. G: E che cosa ne pensa della società italiana? R: Il popolo più analfabeta, la borghesia più ignorante d’Europa. G: Ah. E che ne pensa della morte? R: Come marxista è un fatto che non prendo in considerazione. G: Quarta e ultima domanda: qual è la sua opinione sul nostro grande regista Federico Fellini? R: Egli danza… Egli danza! G: Grazie, complimenti! Arrivederla. […] R: Scriva, scriva quello che le dico: lei non ha capito niente perché è un uomo medio. È così? G: Beh… sì. R: Ma lei non sa cos’è un uomo medio: è un mostro, un pericoloso delinquente, conformista, colonialista, razzista, schiavista, qualunquista. G: [ride] R: È malato di cuore lei? G: No, no, facendo le corna. R: Peccato, perché se mi crepava qui davanti sarebbe stato un buon elemento per il lancio del film. Tanto lei non esiste. Il capitale non considera esistente la manodopera se non quando serve la produzione. E il produttore del mio film è anche il padrone del suo giornale. Addio.
Orson Welles
Histoire(s) du cinéma: Une histoire seule
Il cinema, come il cristianesimo, non si fonda su una verità storica. Ci fornisce una racconto, una storia, e ci dice: “Adesso credi!” E non: “Concedi a questo racconto, a questa storia, la fede che si riconosce alla storia, ma credi a qualunque cosa accada e non può essere altro che il risultato di una vita intera.”
Histoire(s) du cinéma: Toutes les histoires
A parte questo, il cinema è un’industria. E se la prima Guerra Mondiale aveva permesso al cinema americano di rovinare il cinema francese, con la nascita della televisione la Seconda gli consentirà di finanziare, ossia di rovinare, tutti i cinema d’Europa.
Histoire(s) du cinéma: Seul le cinema
Il cinema autorizza Orfeo a voltarsi senza far morire Euridice.
Histoire(s) du cinéma: Fatale beauté
Perché tutta la fortuna della Kodak è stata fatta con delle lastre da radiografia, e non con Biancaneve. Perché, ancora, visto che aveva voluto imitare il movimento della vita, era normale, era logico, che l’industria del film si fosse innanzitutto venduta all’industria della morte.
Histoire(s) du cinéma: Une vague nouvelle
Il nostro unico errore fu allora di credere che fosse un inizio, che Stroheim non fosse stato ucciso, che Vigo non fosse stato ricoperto di fango, che i quattrocento colpi continuassero, mentre si indebolivano. E trent’anni dopo dovemmo ammettere che se il coraggio era stato vinto… dovemmo confessare che doveva essere perché non si era trattato di coraggio, bensì di debolezza.
Histoire(s) du cinéma: La monnaie de l'absolu
Che la poesia si innanzitutto resistenza, Osip Mandel’štam ovviamente lo sapeva. Ma oggi si usa ignorare i russi. Tutto questo per dire cosa ha fatto sì che nel ’40-’45 non ci sia stato il cinema di resistenza. Non che non ci siano stati film di resistenza, a destra e a sinistra, qua e là, ma l’unico film nel vero senso cinematografico, che abbia resistito all’occupazione del cinema da parte dell’America, a un certo modo uniforme di fare cinema, è stato un film italiano. Non è stato un caso. L’Italia è il paese che ha combattuto meno, che ha sofferto molto e che ha tradito due volte; che quindi ha sofferto la mancanza d’identità. E se l’ha ritrovata con “Roma città aperta”, è perché il film è stato fatto da gente senza uniforme. È stata l’unica volta. I russi hanno fatto film di martirio. Gli americani hanno fatto film pubblicitari. Gli inglesi hanno fatto ciò che fanno sempre nel cinema: niente. La Germania non aveva cinema, non più. E i francesi hanno fatto “Sylvie e il fantasma”. I polacchi hanno fatto due film di espiazione: “La passeggera” e “L’ultima tappa”, nonché un film di ricordi, “Kanal”. E poi hanno finito con l’accogliere Spielberg, quando “mai più questo” è diventato “è sempre questo”. Mentre con “Roma città aperta” l’Italia ha riconquistato il diritto di una nazione di guardarsi in faccia. E allora è arrivato lo strano raccolto del grande cinema italiano. Tuttavia, c’è una cosa strana. Come ha potuto il cinema italiano diventare così grande, visto che nessuno, da Rossellini a Visconti, da Antonioni a Fellini, registrava il suono con le immagini? Un’unica risposta: la lingua di Ovidio e Virgilio, di Dante e Leopardi, era finita nelle immagini.
Histoire(s) du cinéma: Les signes parmi nous
È peraltro ciò che amo, in genere, al cinema: una saturazione di segni magnifici che nuotano nella luce della loro assenza di spiegazioni.
Quando un secolo si dissolve nel successivo, qualche individuo trasforma gli antichi mezzi di sopravvivenza in nuovi mezzi: sono questi ultimi che chiamiamo “arte”. L’unica cosa che sopravvive tale e quale a un’epoca è la forma d’arte che questa ha creato. Nessuna attività diverrà un’arte prima che si termini la sua epoca. In seguito, quest’arte sparirà. È così che l’arte del XIX secolo, il cinema, fece esistere il XX, che, da solo, esistette poco.
La casa dell’amore
- Sai, a me interessa tutto il cinema così come il sesso, il corpo, il desiderio che sconfina sempre nel dolore, nell’apocalisse. E io ricordo questo, non so se tu hai mai visto quel film muto, molto vecchio, “La passione di Giovanna d’Arco” di Dreyer. - No, mai visto. - E beh, c’era questa attrice, era la Falconetti, a un certo punto Dreyer le fa tagliare tutti i capelli, uno a uno, e lei deve stare in un mutismo terribile, rassegnata al dolore. Non deve neanche sgorgare una lacrima dai suoi occhi. E le taglia tutti i capelli, è una delle situazioni cinematografiche dolorose. Ebbene io ho visto in quell’atto così crudele, così doloroso una sacralità, una sacralità che corrisponde a un altro atto doloroso nel cinema. Bianca, non so se tu hai visto qualche film porno nella tua vita. - Ogni tanto, certo. - Allora, c’era, anche lì, più ai miei tempi che ai tuoi, perché io sono molto più vecchio di te, c’erta quest’attrice che avrai sentito, Lilli Carati, che era partita, ecco, con film tradizionali e poi si è buttata nel cinema hardcore per problemi anche di droga. Ebbene, c’è una scena terribile in uno di questi film, mi sembra diretti da W.G., non ricordo bene, erano quei film porno inizio e seconda metà degli anni ’80, in cui lei praticamente compie un atto orale, ecco, a uno di questi attori, credo che ci fosse anche un giovanissimo Rocco Siffredi, e lo fa con quella tale nausea, con tale schifo, che io mi sono commosso, Bianca. Io ho rivisto il dolore dei capelli tagliati, rasati a zero della Falconetti. E in questo, perdonami Bianca il termine, in questo pompino andato a male, ecco, la condizione assurda del nostro esistere, Bianca.
Bianca Dolce Maria