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Parliamone :The addiction-Abel Ferrara

  • Questo topic ha 28 risposte, 5 partecipanti ed è stato aggiornato l'ultima volta 11 anni fa da verons.
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  • #49433
    EnToPan
    Partecipante

    Più che altro stavo analizzando il male non dalla parte di chi ne fa ma dalla parte di chi lo insegue e quindi alla fine ne viene colpito.
    In questo caso più persone non si sono sottratte al male ed anzi, con probabili sospetti, si sono anche avvicinate alla fonte stessa.

    #49434
    Anonimo
    Inattivo

    @bombus, ma Socrate/Platone parlava di ignoranza del bene. Ora, perché ci sia ignoranza di qualcosa significa che deve esserci intelligenza: cioè ci deve essere un qualcosa di vero. Cosa ti dice che Hitler non stesse facendo la cosa giusta? che non siamo noi a sbagliare? Lungi da me essere socratico, dico solamente che appunto perché non c’è un bene assoluto ci sono soltanto bene e male relativi. Sarai kantiano? Non lo so, è probabile. Però Kant non teneva conto delle circostanze. Un uomo che uccide una donna perché lei l’ha tradito ha fatto il male? Sì, indubbiamente. Ma secondo quelle circostanze, ha DAVVERO sbagliato? Sì, indubbiamente… ma allora perché in molti reiterano questo crimine?

    #49435
    Anonimo
    Inattivo

    @sakurarosencreutz, stesso discorso che stiamo facendo io & Lithops. Il punto è: chi insegue il male pensa di inseguire il male o il bene?

    #49436
    lithops
    Partecipante

    @yorick, è vero quello che dici, Socrate parlava di ignoranza, cioè chi sceglie il male lo fa perché lo scambia con il bene e che Kant parlava di male radicale, congenito, avulso dalle circostanze. Però, al di fuori dei “filosofismi” (che non sono il mio forte, anche perché è tardi ed ho il cervello “azzannato”, come dice mia moglie), tu credi veramente che non ci sia nessuno, ma proprio nessuno che scelga volontariamente, consapevolmente, di fare il “male” (relativo, assoluto, non lo so) proprio per il gusto di farlo?
    Il tuo esempio dell’uomo che uccide la moglie non l’ho proprio capito. Sì, avrà pure delle attenuanti (per me nessuna), ma è consapevole (di solito) di fare del male, è consapevole di spegnere una vita. Si reitera il reato perché si pensa di non essere beccati, perché di solito questo non è un omicidio premeditato, non lo so.

    #49437
    Anonimo
    Inattivo

    Ecco, @bombus, secondo me no, l’uomo che uccide la moglie, secondo me, in quel momento pensa che, nonostante tutto, sia la cosa giusta da fare. Io penso a Hitler, ma non ho mai pensato che abbia tentato di portare a termine le proprie operazioni credendo che fossero il male, anzi: lui credeva che chi non era dalla sua stesse sbagliando o in qualche modo commettesse il male. Ciò, ovviamente, lungi dal giustificarlo: l’uomo che ammazza la moglie, il pedofilo, Hitler e quant’altri fanno il male, non c’è dubbio.

    #49438
    lithops
    Partecipante

    Pensare di fare la cosa giusta non è che significhi necessariamente che non si sia consapevoli di fare del male. L’uccidere la moglie o compagna è il “male egoistico”, quello che “erige a movente l’amore di sé”, il male “vendicativo”. Ma sempre male è.
    Per quanto riguarda, invece, il “male politico”, il nazismo ecc., io ho sempre detestato Machiavelli. Per me il fine non giustifica mai i mezzi. Ma sto banalizzando, lo so, ne sono consapevole.

    #49439
    verons
    Partecipante

    Sono daccordo, io credo che si sia consapevoli eccome di fare del male..forse non è consapevole un malato di mente.

    #49440
    verons
    Partecipante

    Su questi binari si potrebbe dibattere anche sulla pena capitale. Chi condanna un uomo alla morte è convinto di essere nel giusto, ma in realtà non si tratta che di un omicidio premeditato.

    #49441
    Anonimo
    Inattivo

    @bombus, non saprei… tendo ad avere difficoltà nel pensare che una persona sia consapevole di fare del male. Mi sembra una cosa così “malata” che mi riesce difficile da digerire.

    @verons, la questione della malattia mentale, a parer mio, è una scappatoia troppo semplice. Chi è il malato mentale? Foucault ne parla ampiamente, e le sue ricerche sono quanto di più lucido abbia letto sul rapporto potere/malattia mentale, e sostanzialmente condivido quando dice che il “normale” viene istituito per dichiarare “pazzo” colui che non si conforma alla realtà creata dal potere. Giovanni Berlinguer, poi, ha scritto un libro interessantissimo sull’argomento, titolato “Psichiatria e potere”, forse un po’ datato (specie dopo gli studi di Deleuze e Guattari), però altrettanto illuminante sull’argomento.

    #49442
    verons
    Partecipante

    @yorick, tu credi quindi che l’uomo sia intrinsecamente buono?

    #49443
    Anonimo
    Inattivo

    no, assolutamente, @verons. Penso piuttosto che si sia dati dei metri di giudizio capziosi. Il problema della volontà, per esempio: che l’uomo si è dato perché, in realtà, essa è una costruzione umana, impossibile da difendere ontologicamente. O come tutta quest’ansia di morale che dopo la seconda guerra mondiale sembra il problema principe dell’intera umanità. Le categorie di bene e male sono mutevoli, variano da zona a zona, secondo periodi eccetera. In alcuni paesi è consentita l’antropofagia, in Occidente l’ultimo residuo di antropofagia è l’eucarestia cattolico-cristiana, la transustanziazione che implica. Non c’è motivo di parlare di bene e male, bisognerebbe aver una coscienza totale che andasse, visto che la morale ha più a che fare con il metafisico che l’empirico, al di là del puro empirismo, il che è assurdo. Almeno secondo me.

    #49444
    verons
    Partecipante

    Credo di aver capito il tuo ragionamento @yorick, tra l’altro l’hai ribadito anche qualche commento sopra dove affermi che non essendoci il bene assoluto di conseguenza ci sono il bene e il male relativi.
    Però, da un punto di vista più ristretto, se un uomo commette un’azione che in una determinata zona, in un determinato periodo, è considerata un crimine ne è consapevole no? Poi certo, se usciamo fuori da questo schemino non siamo più in grado di giudicare cosa sia bene e cosa no, su questo sono daccordo.
    Non so se mi sono spiegata bene, non sono molto brava in queste cose (e l’influenza non aiuta):-)

    #49445
    Anonimo
    Inattivo

    @verons, de André diceva

    Ci hanno insegnato la meraviglia
    verso la gente che ruba il pane
    ora sappiamo che è un delitto
    il non rubare quando si ha fame.

    Secondo me sì, chi ruba il pane sa di star commettendo un’infrazione, ma tra il sapere che qualcuno reputi ingiusta l’azione che sto commettendo e il mio credere che l’azione mia sia ingiusta c’è una bella differenza. E si ricade nel paradosso di Robin Hood: è un delinquente o un eroe? Se un’azione è considerata ingiusta non è detto che lo sia. Ai tempi della Germania nazista era ingiusto essere ebrei, per esempio. Il considerare ingiusta un’azione in una democrazia può non voler dire molto, ma non dimentichiamoci che i grandi totalitarismi del XX secolo sono sorti dai regimi repubblicani del XIX, e nei totalitarismi giusto/ingiusto sono termini abbastanza evanescenti (moralmente parlando).
    Un’altra paio di maniche, secondo me, è la questione di cui parlavamo io e Lithops: chi ammazza una donna perché – poniamo – questa l’ha tradito ha commesso un’ingiustizia? Indubbiamente, sfido chiunque a dire il contrario. Più perplesso sarei nel considerare la volontà dell’assassino, che secondo me pensa – in quelle circostanze – che sia giusto punire/uccidere la donna. Non lo sto certo discolpando, figuriamoci. Dico solamente, appunto, che mi riesce difficile credere che una persona compia il male consapevolmente. Sarò socratico? Mah, probabile. Preferisco però appellarmi a Simone Weil, in questi casi.

    #49446
    verons
    Partecipante

    Io credo che così come l’assassino pensi che quello che sta facendo sia giusto o sia un bene per se stesso, allo stesso modo, secondo me, sa anche che sta facendo del male all’altro. Lo sa ed evidentemente poco gli importa. L’idea che l’uomo non sia mai consapevole di fare del male la trovo, francamente, troppo ottimista.

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