Lo specchio / 29 Luglio 2015 in Lo specchio

Lo Specchio non è sicuramente il film più bello di Tarkovskij, ma rappresenta, a mio modo di vedere, un passaggio fondamentale nella sua cinematografia: quello del dopo Solaris, di cui richiama ampiamente le tematiche psicologico-nostalgiche, con uno stile che va affinandosi per sfociare nel meraviglioso affresco di Stalker.

Iniziamo con i colori, assolutamente fantastici per tutta la durata della pellicola (non soltanto nelle scene in bianco e nero leggermente seppiato).
Un grande merito al regista, ma anche, e soprattutto al direttore della fotografia Georgi Rerberg.
E poi la solita maestria dietro la macchina da presa di un vero genio della regia. Basti citare, su tutti, il primo piano sequenza dell’incendio, di una bellezza e di una naturalezza che toglie il fiato.
Ralenti e silenzi sempre ben dosati.
Un film tecnicamente molto interessante, dunque, ma dai contenuti un poco ingarbugliati, con questo continuo mescolarsi di passato e presente, di Storia e ricordi, di sogni e realtà.
Due episodi traumatici (l’abbandono da parte del padre e la separazione dalla moglie) della vita di un protagonista che si vede ben poco, si intrecciano in continuazione, con l’espediente interessante dell’identità di sembianze di personaggi differenti (la madre e la moglie, interpretate dalla stessa attrice).

Se c’è una cosa che invece non ho gradito è stata quella pretenziosa autocitazione, l’inquadratura del poster di Andrej Rublev, a mio avviso totalmente fuori luogo, pur nella generale ispirazione autobiografica della pellicola.
Un’insolita tiepida accoglienza da parte della critica, sempre molto accondiscendente con le opere di Tarkovskij.
Le poesie lette in sottofondo dalla voce narrante sono del padre del regista.

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