Recensione su The Grandmaster

/ 20126.556 voti

28 Ottobre 2013

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Film sulla vita del tipo che poi è stato il maestro di Bruce Lee. Biografia sparpagliata di questo Ip Man, o siam lì, con in parallelo la storia della Cina (ancora?) e l’arte vista come kung fu. O viceversa. O viceversa di nuovo. Ip Man è un figo e gira con un cappello assolutamente discutibile, mentre combatte, per motivi sfuggenti, contro altri 59 tizi + 1 molto grosso sotto la pioggia. Ed è l’unico modo per riconoscerlo. Un tourbillon di sotterfugi e giochi di potere e ribaltamenti, un gran casotto, nell’ambiente del kung fu di quegli anni, prima metà del secolo XX nella bassa Cina. Una congrega di distinti signori che si ritrovavano a combattere nei bordelli. Si seguono e intrecciano, ma neanche sempre, anche le vicende della figlia di… vabbè chissene, di una gnocca e di un altro maestro che si chiama il Rasoio. Boh. Ci invade il Giappone, cose così. Tieni conto che se non sai la mossa dei 64 palmi innanzitutto sei out, che non c’è il fottuto briciolo di un’emozione almeno fino a quando non schiatta il maestro di prima (ed è passata un’oretta), che è pieno di combattimenti oh, così belli. Ma identici. Ip Man è saggio e placido e mansueto, e prende la forma che i sommovimenti storici danno alla vita di tutti. Intendiamoci, non è uno che spacca i culi, non che spacca i culi sempre e comunque, per dire (=non è Bruce Lee). Solo quasi sempre.
E filosofia kung fu. Non ricordo con precisione, ma giuro che uno dice tipo che la zuppa va cotta bene, né troppo poco né troppo tanto, che sennò o è matura o bruciata. E lo spaccia come grande insegnamento. Insomma, stilizzazione, e che gira pure abbastanza a vuoto. Per quel che sono io, sotto la regia che rulez c’era poco più che niente. Non ho idea, qualcuno che sia scemo per il kung fu magari ci trova vividi universi di sensi della vita.

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