Recensione su Young Adult

/ 20116.0208 voti

anche 7,5 / 16 Aprile 2012 in Young Adult

Ecco un film generazionale. Con una scrittura asciutta, niente sbrodolamenti alla Juno per intenderci, e una regia tutta al servizio del manifestare il vuoto di prospettive, Young adult è un manifesto generazionale. Tira le somme dei sogni, i progetti, la visione di vita fra piccolo centro e grande centro, fra culla famigliare natale e mondo del lavoro, la tensione al ritorno, il bisogno di andare, la costruzione di una esistenza che sempre più coincide con un arcipelago di solitudine, lo sradicamento dai ricordi, che sono spesso belli, buoni, felici, vincenti o meglio, sempre più spesso sono tali perchè sono ricordi, ratifica come l’età della maturità è sempre più spinta verso gli anta, come se la bolla giovanilistica non riesca a spezzarsi.
Mi è piaciuto e mi ha raggelata, tutta la prima parte è uno specchio magico, l’immedesimazione è automatica, il modo di vivere, il silenzio fuori dal balcone di casa, quella scheggia sospesa che è la casa stessa, luogo non luogo utile solo per i propri bisogni basici (dormire, mangiare il più velocemente possibile e quindi anche male, fare sesso e poco altro) che non è vissuta, è solo abitata, terribile.
E già qui il dentro/fuori è palese, dentro si è approssimativi, sporchi, disordinati, incapaci di regolarsi con ritmi di vita umani, sempre storditi da quella tv che è l’unica compagnia possibile e, in sottordine, tutta la tecnologia che riempie con giochi, dialogo verso il fuori, ma che fa inevitabilmente da filtro. Fuori è il palcoscenico, ci si ristruttura per essere brillanti, belli, accattivanti, in fondo accettabili ogni volta per ambienti ed occasioni diverse, una dissociazione dell’identità a malapena mascherata.
Ma tornare al paesello è ancora più brutale, l’ex che racconta in due minuti la meraviglia della nuova apertura del ristorante messicano è addirittura agghiacciante. Il bello del film è che anche all’interno della vita tutta prole, casine, pub dove vedi sempre le stesse facce ti ci immedesimi, guardi l’altro lato del possibile: c’è più gente (incredibile, ma vero), più sorrisi, spesso di commiserazione, ma anche di ammirazione fuori luogo, più condivisione spicciola, ma è esattamente quello da cui scappare perchè non c’è domani se il domani è inteso come qualcosa di possibilmente diverso dall’oggi.
Ambedue i modelli vengono resi per quel che sono, terribili.

Ps. Quante volte dalle piccole cittadine si guarda ai genitori orgogliosi che un figlio sta a Milano (quella da bere sicuramente) o a Roma (la grassa capitale) se non a Londra, poi scopri che divide casa con minimo altre 6 persone e la sua intimità è ridotta ai 15 minuti che la fisiologia ti impone in bagno (oppure al momento di comprare casa fa un mutuo quarantennale per 35 mq se è fortunato), oppure lui/lei Londra la odia proprio, “non c’è paragone con l’italia e voi non avete davvero idea” per non parlare di quelli spariti nel grande ventre degli Usa che non è esattamente tutto uguale a New York. E quante volte tornati alle nostre cittadine abbiamo detto: certo tutto mi immaginavo, ma non che tu (compagno, compagna) alla fine saresti rimasta qui, circa 200 mt dalla casa di mamma! A me è capitato

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