La felicità è una chimera / 21 Novembre 2012 in Le donne della notte

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

In un Giappone costretto a fare i conti con la miseria più nera, dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, si intrecciano i destini di tre donne, Kumiko, Husako e Natsuko, quest’ultime due sorelle. Kumiko fuggirà da casa per tentare di rendersi indipendente, ma finirà vittima di una violenza; Husako si ritroverà a dover affrontare la morte del marito, perito in guerra, e del figlioletto, stroncato dalla tubercolosi; come se ciò non bastasse, al dolore provocato da questi due lutti improvvisi, si aggiungerà poi anche la delusione per aver scoperto che sua sorella le ha rubato l’uomo di cui era innamorata; Natsuko dovrà sostenere una gravidanza inaspettata e tenterà, inutilmente, di riappacificarsi con Husako dopo averle portato via l’uomo che amava.
Lontano dal passato del suo Paese raccontato in magnifici film in costume, come “Vita di O-Haru, donna galante”, “I racconti della luna pallida d’agosto” e “La vendetta dei 47 Ronin”, opere che, tra l’altro, ne hanno decretato la grandezza, Kenji Mizoguchi è qui alle prese con una storia (tratta da un racconto di Eijiro Hisaita; la sceneggiatura è firmata da Yoshikata Yoda) ambientata in epoca contemporanea (come detto all’inizio, siamo nel secondo Dopoguerra). Lo sguardo del regista è amaro e severo, tanto da non ammettere repliche; è una radiografia lucida e impietosa dell’universo femminile, “Le donne della notte”. Le protagoniste di questa pellicola sembrano condannate ad una vita infelice, quasi che a loro sia preclusa ogni possibilità di vivere un’esistenza serena. La felicità, per le donne ritratte dal maestro giapponese, rimane perciò una chimera, perché le stesse debbono fare i conti con un destino cinico e amaro.
Incapace di affrontare le disgrazie che hanno segnato la sua esistenza, Husako deciderà di mollare tutto per diventare una prostituta; Natsuko, dal canto suo, si illude di trovare una parvenza di felicità grazie alla relazione con il datore di lavoro di Husako, ma questi, senza pensarci due volte, l’abbandonerà quando scoprirà che lei aspetta un bambino da lui; andrà male pure alla giovane Kumiko che, scappata da casa nel tentativo di emanciparsi dalla sua famiglia, finirà violentata da un ragazzo che l’aveva circuita con l’inganno.
Per le tre protagoniste, quindi, non c’è alcuna speranza, dal momento che la vita riserva loro soltanto amarezze. Alle donne, dunque, non rimane altro che la sofferenza; agli uomini, invece, toccano per lo più ruoli negativi, come quello dell’amante di Natsuko, cinico approfittatore nonché losco trafficante di droga; l’unica figura maschile positiva è quella del dottore della clinica (la quale somiglia quasi a un carcere, dato che all’esterno è circondata da un muro con tanto di filo spinato) in cui vengono ospitate Husako e Natsuko.
Ancorché non sia tra i capolavori di Mizoguchi, “Le donne della notte” è un film di notevole intensità drammatica che vanta non poche scene di forte impatto emotivo (una su tutte: il concitato finale in cui Husako viene picchiata, davanti ad una chiesa distrutta dai bombardamenti, dalle altre prostitute solo perché vorrebbe smettere di fare quella vita). La regia, poi, è come al solito sublime: c’è, infatti, un grande sfoggio di virtuosi piani sequenza senza che tutto ciò scada in uno sterile quanto inutile esercizio di stile. Nel cast, spicca l’ottima interpretazione di Kinuyo Tanaka, capace, nel ruolo di Husako, di rendere appieno lo strazio a cui viene sottoposto il suo personaggio. Si dimostrano all’altezza anche le scenografie di Kiyòharu Màtsuno e la colonna sonora di Hisato Osawa.

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