ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama
Wrath of Man è un film per Jason Statham, ma non mi è sembrato un film di Guy Ritchie.
Sarà l’ambientazione losangelina, va a sapere.
Zero ironia, zero dialoghi, zero musiche non originali da antologia.
Se non avessi saputo chi c’era dietro la macchina da presa, non avrei mai mai mai pensato al ragazzaccio di Hatfield.
Con il pretesto di fare il remake di un film francese (Le Convoyeur, 2004, di Nicolas Boukhrief), Ritchie ha diretto un western aggiornato ai tempi nostri, con tanto di assalti alle diligenze e pistoleri spietati, e ha inserito nel cast -per scelta o per coincidenza?- Scott Eastwood, il figlio di quel Clint che di storie e di vendette di frontiera se ne intende(va) benissimo.
Nel complesso, Wrath of Man è un buono e lineare film d’azione, solido, maschio (anzi, puzza così tanto di machismo tossico che, per come è costruito e presentato fin dall’inizio, il positivo Bullet, il personaggio interpretato da Holt McCallany, lascia capire presto che sporco gioco sta giocando).
La storia non mi è sembrata particolarmente originale, ma, anche grazie all’uso di una forma abbastanza blanda di “effetto Rashomon”, che propone il racconto da più punti di vista e con qualche salto temporale, il film riesce a tenere gli spettatori incollati allo schermo per due ore e si lascia apprezzare sicuramente per la qualità formale (le scene d’azione sono davvero ben realizzate).
Nota a latere: le musiche originali di Chris Benstead ricordano molto (troppo!) quelle del compianto Jóhann Jóhannsson per Sicario (2015) di Villeneuve.
(Sei stelline e mezza)
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