Recensione su Woman in Gold

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Sufficienza piena, però… / 28 Novembre 2016 in Woman in Gold

Una storia vera riesce quasi sempre nell’intento di coinvolgere di più lo spettatore e di colpire. E in effetti ci riesce anche abbastanza bene, peccato che troppi fatti siano stati alterati. Comunque si parla di una situazione importante, ovvero la restituzione delle opere d’arte e dei beni appartenuti alle famiglie ebraiche che sono stati sottratti durante il nazismo. Nella fattispecie, durante gli anni ’90, Maria Altmann (Helen Mirren) chiede l’aiuto del giovane avvocato Randy Schoenberg -nipote del compositore- (interpretato da Ryan Reynolds) per riappropriarsi del celebre ritratto di Klimt “Ritratto di Adele Bloch Bauer I” (la cosiddetta “Woman in Gold”) che apparteneva a sua zia ed era sempre stato proprietà della famiglia, fino all’avvento del nazismo. I due intraprenderanno un viaggio a Vienna per cercare di risolvere la situazione, ora che il governo austriaco ha dichiarato di essere aperto alla restituzione delle opere d’arte ai legittimi proprietari. Sarà una difficile e faticosa lotta, ma ce la faranno, anche grazie all’aiuto di un giornalista austriaco (Daniel Bruhl). Come detto sopra, una storia che purtroppo differisce troppo dalla vera storia e rovina quello che poteva essere un voto decisamente più alto, perché il film è recitato bene, diretto in modo interessante (belli soprattutto i ricordi di Maria di quando viveva in Austria, dai bei tempi in famiglia all’arrivo dell’opprimente regime nazista). Ad ogni modo, sufficienza piena e film comunque consigliato, brutto non è di certo.

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