Una supereroina islandese / 3 Maggio 2020 in La donna elettrica

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Ma questo è un film di supereroi-spie islandesi (con tutte le peculiarità del caso), altroché!
Halla (Halldóra Geirharðsdóttir) è una donna quasi-cinquantenne che si prefigge l’obiettivo di boicottare le multinazionali che, a suo dire, stanno devastando l’ecosistema della sua amata Islanda con il beneplacito del governo. Perciò, a titolo più pratico che dimostrativo, animata dai principi non violenti di Gandhi e Nelson Mandela, si premura di abbattere tralicci nel bel mezzo della brughiera torbosa, per interrompere l’erogazione dell’energia elettrica in ampie zone dell’isola, e diffondere materiale informativo sulla sua iniziativa in maniera corsara.

Halla è una donna ribelle e anticonformista dalle molte risorse fisiche e intellettive che sa fare tutto ciò che è necessario per districarsi in qualsiasi situazione. In particolare, è una persona molto pragmatica e, grazie ai suoi ideali, è piena di coraggio e fiducia in se stessa.
All’epoca dell’uscita del film, Greta Thunberg non aveva ancora iniziato a fare i sit-in con cui ha reso note al mondo le sue posizioni in ambito socio-ecologista. Eppure, forse suggestionata dal contesto nord-europeo, ho ravvisato alcune (forzose?) congruenze, tra loro.
In particolare, la caparbietà con cui portano avanti le loro istanze, incuranti del fatto che, tra la popolazione, non hanno netto consenso e che, a lungo, possono fare conto solo su se stesse.

La messinscena del film, premiato a Cannes nella Semaine de la Critique, mi è piaciuta: la Geirharðsdóttir è un’interprete solida e il suo personaggio è interessante; sul racconto, aleggia uno strano tono sornione, come se, per qualche verso, si trattasse della parodia di un film con supereroi o super spie (vedi incipit); l’elemento ricorrente del turista spagnolo scambiato puntualmente per un ecoterrorista è francamente buffo, ha un che di slapstick che ho trovato molto gradevole; lo strano coro greco rappresentato dai musicisti e dalle coriste in costume ucraino è un’idea curiosa e azzeccata.
Ma non ho capito dove il film voglia andare a parare, il finale mi è parso confuso: la maternità fa perdere di vista ad Halla i suoi obiettivi ecologisti? Se sì, qual è il messaggio del film?
Assegno una striminzita sufficienza solo per i succitati elementi positivi e i buoni propositi.

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