Recensione su I segreti di Wind River

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Western contemporaneo / 10 Marzo 2019 in I segreti di Wind River

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Ricordo che quando uscì in sala, I segreti di Wind River venne associato a Il silenzio degli innocenti per via di alcuni elementi narrativi (vedi, per esempio, la scena dell’irruzione dell’agente dell’FBI in una casa fatiscente e pericolosa: donna qui, donna là, l’istinto come unico strumento per difendersi), però, dopo aver visto il film, il parallelo (https://bit.ly/2EZG9wM) mi sembra davvero sterile e fuorviante (più che altro, per come è stato usato in termini pubblicitari e in sede di distribuzione).
La filosofia creativa alla base dei lavori di Taylor Sheridan e Jonathan Demme è profondamente diversa, per cui, approcciarsi a I segreti di Wind River come se si trattasse di una “normale” caccia al killer è abbastanza sbagliato.

Come ha dimostrato con le sceneggiature di Sicario e High or Hell Water (nomination agli Oscar come migliore script originale), Sheridan imbastisce onesti e non banali western contemporanei, in cui l’elemento del thriller è puramente accessorio, un pretesto per descrivere un contesto preciso in cui l’umanità si perde a favore di una specie di bestialità primordiale.
Ecco che le cornici in cui lo sceneggiatore e regista texano inscrive le sue storie sono zone liminali come quell’inferno in Terra che è il confine fra Stati Uniti e Messico e quelle che un tempo erano le grandi praterie dei nativi diventate terre di disperati, territori quasi senza identità, da attraversare per raggiungere la cosiddetta civiltà (Chicago, New York, Los Angeles, giusto per citare le metropoli nominate nel film come luoghi in cui fuggire).

Nei suoi lavori, Sheridan tende a trasporre il mito decadente della frontiera ai giorni nostri, senza sottrarsi ai rischi che comporta la rappresentazione della società americana attuale come un modello aggiornato di quella del vecchio West.
Senza ombra di retorica formale, ne I segreti di Wind River Sheridan ripropone gli ingredienti tipici del western tradizionale: cowboy vs nativi, giustiziere bianco che funge da elemento mediatore fra due etnie, vittima pellerossa, violenza bianca (espressa in molti modi, a partire dal cortocircuito sociale espresso dalle riserve indiane come quella in cui si svolge il film).
La rappresentazione asciutta e oggettiva del contesto naturale del Wyoming esalta l’atemporalità della vicenda, dimostrando che dai tempi del massacro di Wounded Knee non si è imparato nulla e che il tempo potrebbe essersi congelato da allora (non è un caso che la vicenda, in particolare la punizione finale, si svolga in mezzo a nevi quasi perenni).
La società attuale si fregia di essere normata da leggi che dovrebbero garantire una convivenza civile fra individui, ma Sheridan dimostra che, in sostanza, a regolare i rapporti umani è sempre l’animale che alberga in fondo a ogni animo. La Natura, alienante, duale (alternativamente, aiuta e intralcia l’uomo), scardina la porta dietro cui si cela, risvegliando l’istinto (di sopravvivenza e/o di sopraffazione).
La scena dell’aggressione è molto disturbante, certo per via dell’oggetto della rappresentazione, ma soprattutto per un dettaglio fondamentale che la caratterizza: l’azione del branco, cieca e furiosa.

Tolta la bella descrizione antropologica del contesto, però, rimprovero al film di Sheridan una certa banalità nelle caratterizzazioni dei personaggi, comunque sufficientemente ben gestiti da attori come Jeremy Renner, Elizabeth Olsen e Graham Greene, indimenticabile Uccello Scalciante in Balla coi lupi.

3 commenti

  1. TraianosLive / 10 Marzo 2019

    @Stefania anche io ho visto questo film si e no una settimana fa. Nel complesso l’ho gradito ma ho trovato deludente e poco soddisfacente la parte investigativa. Alla fin fine sembra una puntata di una serie tv alla Law&Order tirata per le lunghe. Mi domando quanto pesi il nome di Taylor Sheridan nel giudizio generalmente positivo.

    Oltre al paragone (infondato) con “il silenzio degli innocenti” non ti pare che il titolo italiano tenti di arruffianarsi una fetta di pubblico ben specifico con quel “i segreti di…” ? 😀

  2. Stefania / 11 Marzo 2019

    @traianoslive: non so quanto pesi il nome di Sheridan nel giudizio generale. Per dirti, non ho amato particolarmente Hell or High Water e pure Sicario non mi aveva convinta del tutto. Tra i film che ho visto finora che portano la sua firma alla sceneggiatura, questo è quello che mi è piaciuto di più, perché, a fronte di una trama gialla abbastanza evanescente, ho gradito la solida trasposizione dei cliché western in un contesto contemporaneo. Se dovessi considerare solo l’aspetto thriller del film, (per me) non arriverebbe alla sufficienza. Ma questo non è un vero thriller, per cui… 🙂
    Il titolo italiano evoca cose che non esistono (segreti? Quali segreti? Non siamo a Peyton Place…), quindi per me è proprio sballato e induce in errore, da orticaria.

    • TraianosLive / 11 Marzo 2019

      @Stefania ho trovato “Hell or High Water” al pari di questo. Ho preferito “Sicario” ma probabilmente la differenza l’ha fatta Villenevue.

      In effetti i segreti non ci sono proprio…mi domandavo se i distributori italiani non strizzato l’occhio ingannevolmente ai fan di twin peaks. Abbiamo una ragazza morta, abbiamo un agente del fbi, una cittadina col nome simile.

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