Fuori dalla selva oscura / 2 Giugno 2017 in Wild
Il punto debole del film è la storia precedente di Cheryl, gli eventi che l’hanno portata a intraprendere la sua avventura e che la donna rivive nei frequenti flashback: la madre piena di vita morta prematuramente di cancro, la vita di eccessi che è conseguita a quella morte. Qui siamo in piena convenzione. C’è la scusante che il film è tratto da una storia vera, e che questo è ciò che è veramente accaduto alla vera Cheryl; ma almeno i mezzi espressivi impiegati avrebbero potuto essere un po’ più originali.
La storia del viaggio è più sincera e meglio raccontata. È un’ascesi fatta di piccole cose: le scarpe che stringono troppo, il fornello che non funziona, i terrori degli animali selvatici, gli incontri con esseri umani spesso amichevoli, talvolta pericolosi (e almeno una volta completamente folli: vedi l’episodio esilarante dell’intervistatore di barboni), mai scontati. C’è qualche piccola caduta, quando un vago misticismo si mette di mezzo (le visioni della volpe, i pensieri finali sul ponte), ma nel complesso la storia è originale e tiene, e concede allo spettatore l’attesa catarsi: Cheryl è uscita dalla sua selva oscura, e noi con lei.
La vera Cheryl Strayed è la donna col furgoncino che lascia la protagonista al motel. Reese Witherspoon ha tutto il film sulle spalle, ma lo sostiene meglio del suo zaino troppo voluminoso.
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