9 Recensioni su

Wild

/ 20146.9145 voti

Il voto sarebbe un 6.5 / 26 Dicembre 2021 in Wild

Discreto film ma da cui forse mi aspettavo qualcosa di più (soprattutto a livello di paesaggi).
La giovane Cheryl (Reese Witherspoon) alla ricerca di se stessa intraprende un lungo e solitario viaggio sui monti occidentali (la Pacific Crest Trail per chi la conosce).
Qualche punto di contatto con Into the wild e non così tragico come 127 ore.
Cheryl inizialmente scettica lei stessa sulla validità del viaggio (i motivi che l’hanno spinta a farlo vengono man mano alla luce) ma pian piano inizia a prendere confidenza con la natura e soprattutto con la gente che incontra lungo il cammino.
Diciamo un Cammino di Santiago americano anche se in questi casi meno spirituale ma più un tentativo di ritrovare sè stessi.
Nel ridotto cast troviamo anche Laura Dern.

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Speravo molto meglio / 14 Dicembre 2019 in Wild

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Ma invece di fare i flash che sono il 90% delle volte un problema nei film, perchè non fare una specie di riassunto per far capire come mai il personaggio fa questa scelta e poi far vedere il film? che è solo tempo sprecato. Pensavo fosse un film migliore, invece dobbiamo vedere una povera scema ex drogata che fa sesso con cani e porci, e crede di risolvere le cose camminando nel deserto. Invece magari di crescere e di mettere la testa apposto. Poi a paura di tutti, ma andava a letto con persone mai viste prime, il senso? si salva con 5 stelle solo perchè in alcuni punti ci sono spunti di riflessione per tutti, e perché almeno è maturata.

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Fuori dalla selva oscura / 2 Giugno 2017 in Wild

Il punto debole del film è la storia precedente di Cheryl, gli eventi che l’hanno portata a intraprendere la sua avventura e che la donna rivive nei frequenti flashback: la madre piena di vita morta prematuramente di cancro, la vita di eccessi che è conseguita a quella morte. Qui siamo in piena convenzione. C’è la scusante che il film è tratto da una storia vera, e che questo è ciò che è veramente accaduto alla vera Cheryl; ma almeno i mezzi espressivi impiegati avrebbero potuto essere un po’ più originali.

La storia del viaggio è più sincera e meglio raccontata. È un’ascesi fatta di piccole cose: le scarpe che stringono troppo, il fornello che non funziona, i terrori degli animali selvatici, gli incontri con esseri umani spesso amichevoli, talvolta pericolosi (e almeno una volta completamente folli: vedi l’episodio esilarante dell’intervistatore di barboni), mai scontati. C’è qualche piccola caduta, quando un vago misticismo si mette di mezzo (le visioni della volpe, i pensieri finali sul ponte), ma nel complesso la storia è originale e tiene, e concede allo spettatore l’attesa catarsi: Cheryl è uscita dalla sua selva oscura, e noi con lei.

La vera Cheryl Strayed è la donna col furgoncino che lascia la protagonista al motel. Reese Witherspoon ha tutto il film sulle spalle, ma lo sostiene meglio del suo zaino troppo voluminoso.

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Fredda poltiglia / 6 Ottobre 2015 in Wild

Già sulle prime sembrava essere una “poltiglia fredda”, proprio come quella che mette sotto i denti la trekker alle prime armi interpretata da Reese Whiterspoon. Poi il film a dire il vero va un po’ scaldandosi, ma solo fino a un certo punto. Vallée gestisce diligentemente la narrazione con pregevoli stacchi spaziotemporali, alternando passato e presente della protagonista facendo però largo uso di una sorniona e lucidissima fotografia da spot, tutta pose e studiati accostamenti cromatici. Sugli esterni, ovviamente, non mancherà l’irrinunciabile riflesso di sfere luminose sovrapposte.
Non si può negare il fascino drammatico di alcune brevi singole sequenze, come il dialogo con l’amica (la dolce e mascolina Gaby Hoffman dagli occhi bovini) in una Minneapolis innevata e crudele, ma nel complesso tutto risulta un tentativo poco coraggioso di sfondare il muro dei cliché. Colpa del soggetto? Peggio ancora: una mappa sbagliata non porta da nessuna parte.
Tutto il salvabile di questo film va a sdrucciolare nel patetico nella seconda parte, fino al florido bimbetto problematico canterino sotto la pioggia nel bosco accompagnato da nonna e alpaca.
Laura Dern (sempre magnifica nel ruolo di donna sfigata e sorridente) e Reese Whiterspoon, madre e figlia nel film, hanno 9 anni di differenza; e non c’è trucco che possa cancellare questo fatto.

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Toccare il proprio limite… / 1 Maggio 2015 in Wild

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

…e rimanere illuminati. Affrontare le paure, l’ignoto, rimanendo però coi piedi per terra, toccando le creste, i punti più elevati del proprio essere, dopo aver conosciuto i propri inferi, ci trasforma. Ci aiuta ad assumere pienamente e finalmente la responsabilità di noi stessi. Portare in superficie le nostre ferite più profonde, proprio quelle inguaribili, che hanno sfigurato la nostra anima, avendole ogni istante che la lotta per sopravvivere alla sfida della natura selvaggia ci lascia, ci muove al viaggio, all’unico autentico, quello interiore. Dunque le persone che ci hanno o abbiamo lasciato, ciò che saremmo potuti essere e ciò che non saremo mai, le sfide a cui abbiamo rinunciato prima d’intraprenderle, illudendoci che non avessimo nessuna scelta, tutto questo ci apre a un nuovo incontro con l’altro. Prima lo intravediamo lontano, ostile, pericoloso, poi, man mano che ci avviciniamo, distinguiamo un po’ meglio i suoi lineamenti: somiglia sempre di più a noi stessi. Infine ci sembra di averlo di fronte, faccia a faccia e infine, in un ultimo radioso, miracoloso sforzo, entra e ci attraversa e lì avviene il riconoscimento che ci trasforma. Ora non è più un estraneo ma è semplicemente l’Altro…

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La vera sfida è vivere / 22 Aprile 2015 in Wild

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Pacific Crest Trail: 1600 km da percorrere per ritrovare se stessa. Questo è quello che Cheryl Strayed è determinata a fare.
Un matrimonio fallito, un lutto enorme la fa entrare nel mondo dell’eroina e del sesso occasionale.
Questo viaggio, duro e pericoloso, è un tentativo di rinascita, di mettersi alla prova, di dimostrare a se stessa che tutto può essere fatto con la determinazione e la voglia di vivere ed esistere.
L’annullamento personale del passato deve essere scacciato.
“Se il coraggio ti è negato va oltre il coraggio…”
La vita ti mette sempre di fronte difficoltà. Chi si nasconde scaricando colpe, chi le affronta lottando fino allo stremo, chi le supera recuperando la propria vita. Sono scelte che uno fa. Ad ognuna la sua…
Anche se la trama (presa da un libro autobiografico) è importante il film non riesce a rendere molto questo viaggio così importante. Molti flashback ci fanno capire la sua storia ma, a mio avviso, un po’ troppo superficiale. Non convince mai in pieno.
Comunque un film sufficiente.
Domanda: ma la volpe? che fine ha fatto? 😉
Ad maiora!

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15 Aprile 2015 in Wild

Do a questo film la sufficienza perché alla fine si può anche guardare, ma non è stato quello che mi aspettavo. Una storia drammatica resa abbastanza male. La protagonista non mi ha convinto e il fatto di averle voluto dare un tono a volte un po’ ironico non ha smorzato la tristezza della storia ma ha reso, a mio parere, soltanto il personaggio ‘ridicolo’. Mi aspettavo di più.

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8 Aprile 2015 in Wild

Wild è un film diretto da Jean-Marc Vallée e si basa sull’omonimo libro Wild- Una storia selvaggia di avventura e rinascita-, libro di memeorie scritto da Cheryl Strayed. La trama del film ruota attorno a Cheryl Strayed stessa e al suo tentativo di penetrare, di farsi strada lungo il lunghissimo Sentiero delle creste del Pacifico, come un moderno pioniere.

Wild non è un film brutto, è un film paracu*o e come molti film parac*li ha molti problemi, tanti problemi. Troppi problemi. Ad ogni modo sono convinto che Wild sia l’incarnazione del male.

Non aspettatevi un film sulla natura né un film dove la natura trova il suo giusto spazio. Il senso di grandezza della natura e il senso di meraviglia di fronte alla natura mancano totalmente. Non aspettatevi la sensibilità di Herzog nel mostrare i paesaggi perché la natura in Wild non è nemmeno da contorno, è più un medium, un mezzo, un veicolo che offre degli spunti di riflessione e la riflessione va sempre sul cambiamento psicologico del personaggio femminile. L’opera firmata Jean-Marc Vallée è individuale ed ha un pizzico di moralismo che se stancava nei primi anni ’90 figuriamoci oggi che siamo nel 2015.

Dopo il primo quarto d’ora tu capisci dove vuole andare a parare il regista e a chi è diretto il film. Abbiamo una ragazzetta che tenta di redimersi ma non vuole solo cambiare, cerca anche l’avventura (i preservativi portati in un viaggio fatto per cercare sé stessi sono un piccolo esempio), un tipetto acculturato (spiccato è il suo citazionismo, sfrontato il suo carattere) con una storia strappalacrime alle spalle che decide di percorrere un migliaio di miglia a piedi per ritrovarsi.

Una storia vera tra l’altro.

Quindi, che succede ? Succede che il pubblico si immedesima in questo caso umano con un passato turbolento: il padre violento; una relazione insoddisfacente; i tradimenti da lei compiuti.
Ah poi c’è il suo abuso di eroina e il cavallo che il fratello ha ucciso davanti ai suoi occhi e la mamma morta e.. e.. le manca il marito e.. e.. sono andati a farsi un tatuaggio assieme come facevano i cinesi ma loro sono americani e il tatuaggio lo fanno quando devono divorziare così almeno avranno sempre qualcosa di speciale sulla pelle. Una delle cose più fastidiose del film è proprio il marito, un vero uomo proprio.

Il pubblico si immedesima o per lo meno si affeziona alla giovane che dopo queste brutte esperienze decide di mettersi in marcia e dopo pochi metri dalla partenza lascia un suo segno, una citazione su un quaderno. Wild non è un prodotto femminile, Wild è un’opera diretta a quel tipo di ragazza che cancelli da fb perché ti riempie la home di citazioni di.. che ne so.. Bukowski.

Durante la visione del film mi sono immaginato come avrebbe potuto reagire la spettatrice fra i sedici e i diciottanni, una fase delicatissima, una ragazza che torna a casa dopo aver visto Wild. Torna pensando “Acciderbolina, anche io sono una sognatrice, una piccola donna dai mille problemi” e decide di andare lontano da casa perché le piace come viene affrontato il tema della redenzione all’interno dell’opera. O forse, semplicemente, perché ha i genitori che la ammorbano.

Ha fatto le sue esperienze e si rivede nella protagonista (che, sottolineo, è un’eroinomane e non una sedicenne con i “problemi” di una sedicenne). Questo è il grave problema di Wild, il buonismo e il moralismo che c’è dietro.. dietro probabilmente al libro. Quindi la ragazzetta di sedici/diciotto anni si immedesima pur non avendo nulla a che fare con una storia così costruita. Una storia che alla fine è fatta pure bene ma è costruita, impacchettata, ricamata e alla fine tu ti chiedi: “Ma tutte a lei ?”

Ricordatelo sempre, tu non sei Cheryl. Tu sei Giulia e vieni da Passo Corese in provincia di Rieti ed è già tanto se riesci a fare un’escursione sul Terminillo.

Note del Don.
Vogliamo parlare del momento in cui l’infermiera rivela alla protagonista e al fratello che la mamma è morta ? Lo fa con un’apatia che neanche un collaboratore del dottor Mengele avrebbe fatto di meglio. La scena è questa, il duo va all’ospedale ma in ospedale la mamma non c’è. L’infermiera dice ai due ragazzi: aveva chiesto di donare la cornea e le abbiamo messo del ghiaccio sopra.
Non le dice: “Ragazzi, mi dispiace, vostra madre è morta”. No signore e signori, lei se ne esce sorridendo con: le abbiamo messo del ghiaccio sugli occhi.

I due vanno in una sala vicina e scoprono che la mamma è morta e l’infermiera le ha messo dei guanti con dei cubetti di ghiaccio sugli occhi. Capite ? il III Reich, Cristo Iddio.

DonMax

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Wild: tutt’altro che “Into the” / 22 Gennaio 2015 in Wild

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

A sette anni dall’uscita nelle sale di “Into the Wild” di Sean Penn, e a quattro da “127 hours” di Danny Boyle, esce “Wild” del canadese Jean-Marc Vallée.
Inutile negare quanto l’alone di attesa attorno al trailer si sia immediatamente intriso di scetticismo. Dopotutto, pareva essere un altro film di un’altra persona che, chi per una ragione chi per un’altra, decide di partire in un’avventura in solitaria attraverso i panorami deserti statunitensi.
Nonostante ciò, però, Wild si distacca dai precedenti due e riesce a strappare un 90% su Rotten Tomatoes, più’ di 7.5 su IMDb e ben due nomination per miglior attrice protagonista e non protagonista.
La trama è calzante e diversa dai precedenti due, sia per la trama (Into the wild e’ la storia di un giovane ricco e brillante che rinuncia ad un futuro proficuo e parte, solo, per unirsi alla natura selvaggia dell’Alaska; mentre il secondo e’ puramente la manifestazione di dove l’istinto di sopravvivenza dell’uomo possa arrivare quando si sa che il proprio momento e’ ancora lontano anni luce) che per il geocentrismo attorno al personaggio di Cheryl Strayed che Vallèe fa volutamente apparire in quasi tutte le inquadrature. Perché Wild è non solo un film su di lei, ma sui suoi pensieri e la sua ricerca di redenzione ai peccati commessi a seguito del decesso della madre, donna che di fronte a un matrimonio fatiscente, ad una precarietà insostenibile e alla mancanza di un diploma di scuola che le desse maggiori sbocchi professionali, e’ sempre e perennemente felice. E canta.
Ma Cheryl non capisce i suoi insegnamenti se non anni dopo la sua morte, e lascia ogni fallimento alle spalle per mostrare a se stessa di essere forte e di potercela fare senza l’aiuto di nessuno, a percorrere gli oltre 4mila km di hiking attraverso gli stati della California, Oregon e Washington.

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