31 Maggio 2015 in Cacciatore bianco, cuore nero

Il regista John Wilson per ripianare i debiti accetta di dirigere un film che non lo soddisfa ma impone alla produzione che si giri in Africa. Il suo obiettivo è in realtà partecipare a un safari e riuscire a uccidere un elefante, ragione per cui ritarderà le riprese e sfinirà la sua troupe. A accompagnarlo e fargli da voce del buon senso è un giovane scrittore che migliori il copione da girare.
Come spesso accade Clint Eastwood ridefinisce o psicanalizza i canoni e i generi del cinema, dal western, al poliziesco, al romantico. In questo caso prende un’avventura africana, dello stesso sceneggiatore del classico di John Huston La regina d’Africa, per parlare del cinema stesso, innescando spesso cortocircuiti che disattivano la finzione per svelare un intento critico e saggistico. Ma l’ossessione e le disinibizioni del protagonista/regista servono anche all’inevitabile critica anticoloniale. Appare goffo il montaggio dei momenti concitati, che invece perfettamente scandisce come versi di poesie le scene statiche come i soliloqui di Wilson o il teso, ossimorico, indimenticabile finale.

E auguri a zio Clint che compie i suoi primi 85 preziosissimi anni.

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