Irrimediabilmente triste / 25 Agosto 2015 in Welcome
Non si può rimproverare niente a un film come Welcome. E’ profondo, è dolce, è serio. Forse anche troppo. Il protagonista è un giovane immigrato bloccato in Francia. Esatto, bloccato, in quanto in fuga da un paese in guerra non può essere rimpatriato e in quanto in Francia non può crearsi una vita lì. E allora decide di attraversare la Manica a nuoto, per raggiungere la sua ragazza che lo aspetta nel Regno Unito. Ed essendo un clandestino tutti lo evitano e lo guardano con diffidenza. Tranne un insegnate di nuoto, che decide di aiutarlo.
Il film è sincero, forse troppo. Struggente, circondato da un persistente grigiore.
Mi è piaciuto una volta visto, ma se lo dimenticassi non lo riguarderei.
Perché quando si cerca di riprodurre una sprezzante realtà, qui anche leggermente romanzata, si ricerca una serietà eccessiva. E riuscire a guardare l’intero film diventa un’agonia. C’è coinvolgimento, ma c’è anche il desiderio di smettere di guardarlo. E tutto perché se non fosse così triste non sarebbe valido. E’ il tipico film che strizza l’occhio alla critica, ma massacra il pubblico. E io che sono sempre la prima a dire che un film non deve essere leggero e deve portare un qualche messaggio, tendo a disprezzare il tentativo di inserire una totale tristezza e un assoluto squallore. Tendo a disprezzare tutto ciò perché il cinema deve essere qualcosa di completo, invece questo film inquadra la telecamera solo in un angolo buio e non permette mai alla luce di venire fuori.
E allora raggiunge l’altro estremo del cinema. Se da una parte c’è l’intrattenimento caciarone e leggero che piace al grande pubblico, dall’altra c’è una legittimazione dell’odio del pubblico per il cinema impegnato.
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