5 Recensioni su

La bicicletta verde

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23 Marzo 2014 in La bicicletta verde

Un film da vedere con i figli e le figlie per far capire loro quanto sono fortunati e quanto hanno comunque sempre da imparare da chi è meno fortunato di loro.

19 Agosto 2013 in La bicicletta verde

Non è un film nuovo nelle forme e nei contenuti e non ha una regia indimenticabile capace di farne un capolavoro, ma ha una buona protagonista e colpisce lì dove fa male: la condizione femmminile nei paesi arabi vista a ttraverso gli occhi di una ragazzina determinata e per nulla sottomessa. Emergono la codardia e la viltà dell’uomo che ha trovato solo facilitazioni e si nasconde dietro una tradizione usurata, anacronistica e vessatrice e la forza d’animo, la volontà di due donne (anche la madre di Wadja ha un significato forte nella storia) che vogliono dimostrare qualcosa.
Il mondo femminile inquadrato nel film ha anche un risvolto negativo, quello di chi guarda al passato anzichè proiettarsi nel futuro (l’insegnante di Wadja) ma resta il fatto che film come questo hanno il pregio di sottolineare una denuncia della condizione femminile che non può passare sotto silenzio.

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24 Luglio 2013 in La bicicletta verde

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Vado in questo posto palpitante di persone, eco, friendly e intellettuali, dove nel cortile viene proiettato il film sul muro. Ci sono i lampi e sono scosso di mio e ho paura che piova e di non poter vedere la fine, puffoquattrocchiescamente io odio lasciare i film a metà. Lì mi sento solo, ma non era male, quindi alla fine meno solo.
La protagonista, Wadjda, è una ragazzina che cresce in Arabia Saudita. O giù per di là, RiaD? Massì, facciamo Riad, periferia, strade polverose e donne col burqua. Perché è un film di donne e per donne, che tramite la storia di Wadjda, vuole illustrare quanto sia claustrofobicamente chiusa la vita delle donne arabe. Concretamente, con i veli ovunque, le scuole divise dai maschi, il terrore continuo di poter essere viste e considerate poco di buono. E allora muri muri muri. E psicologicamente, con mille e mille cose che “non si possono fare”, solo perché si è donna e non si fa. Eh no, sei donna, non si fa. La bicicletta è il simbolo, semplice ma efficace, di tutto ciò, e Wablabla che lotta per ottenerla, con le armi spuntate che può avere una ragazzina contro il sistema, la speranza per un futuro più… più. Opera decisamente a tema e da cineforum, da marxiste femministe e retaggi del genere, da lavarsi la coscienza. Però delicato e pacato e ben girato, la protagonista nelle sue converse è un piccolo mostro di simpatia e astuzie varie; intorno a lei, si descrive un mondo dove le vite di tutti, nessuno escluso, sono castrate dalla pressione social-religiosa. La mamma e l’insegnante stronza, che fa tanto la precious ma si capisce che la da, tra l’altro sono troppo gnocche e milf.
Sotto i blocchi psicologici, le religiose convinzioni e convenzioni, pulsano emozioni represse che prima o poi, se il mondo avesse senso, esploderanno. Ma non ha senso, noi abbiamo ancora il Papa. Per dire.
Il film è il primo girato da una donna in Arabia Saudita. A una donna in Arabia Saudita non da talmente nessuno dei fondi che lo ha girato con una troupe tedesca, e dirigendo gli attori da dentro un furgone per le scene all’aperto, perché non poteva farsi vedere insieme ai componenti maschili della troupe.
C’è un obbligatorio happy ending di circostanza, perché nel futuro più che sperare non si può. Però mi chiedo, dopo che tutti erano tanto terrorizzati dal fatto che lei potesse avere questa verdicletta, se poi non è che fuori campo ce l’ammazzano, ora che ce l’ha e che gira nelle strade felice. E poniamo invece il caso che nessuno le dicesse niente, beh, di che ca**o siamo stati a parlare finora?

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28 Gennaio 2013 in La bicicletta verde

Un film forte, forte della sceneggiatura e dell’idea di base. Un film che non si dimentica dunque. Ha la caratura della testimonianza documentale, della narrazione quasi neorealista anche per l’uso di attori non protagonisti che sono acerbi e che comunicano la forza di un vissuto condiviso. Forse quello che manca di più è una elaborazione registica, ma il sopravvento di quanto si racconta è imperioso. Mi domando se sia stato distribuito in patria. Storia semplice, una ragazzina desidera una bicicletta, per averla partecipa ad un concorso sulla recitazione del corano indetto a scuola. LO schema è semplice: la bambina è già fuori dalle righe rispetto a quanto l’educazione oppressiva dell’arabia saudita preveda, si ribella alle costrizioni sul vestiario, ascolta musica in lingua inglese, sviluppa un desiderio ancora più “rivoluzionario”, lotta per esaudirlo sfruttando ciò che la società le porge, ma mai si piega veramente. Seguendo questa traccia il film fotografa la condizione femminile nell’ambito scolastico che plasma tutti i comportamenti futuri, nel lavoro attraverso le vicende della madre, nella famiglia, sempre il complicato vissuto della madre incapace di procreare un figlio maschio, nella vita comune.
Raggelante per l’insieme di costrizioni e regole così prodigiosamente introietatte da tutti attraverso un sistema di indottrinamento e di conseguente esclusione sociale alla prima “presunta” violazione che si fonda sul testo religioso e sulla struttura sociale maschilista che ne deriva. E nel farlo si sceglie un mondo di donne in cui le donne sono attori in pieno, vittime e carnefici di se stesse, in cui gli uomini sono sorridenti e mai impositivi, placidi amici anch’essi intrappolati un in gioco che spesso non condividono nei fatti (basti pensare al proprietario del negozio delle biciclette). Un film soffocante e che palesa pochissime vie di fuga, in cui tutto ruota nel mettersi in gioco e approfittare di quei margini di tolleranza che sono un po’ ovunque e che potenziati dall’esempio di alcune coraggiose (e alcuni coraggiosi) nel tempo può comportare qualche cambiamento.

Nel vederlo si respira tutta la violenza delle religioni volte a piegare il femminile fino a cancellarlo dallo spazio pubblico. Sono molto ben costruite le scena all’interno della casa della bambina, un mondo di donne intrappolate fisicamente che abitano lo spazio privato come un carcere, comodo, ma che restituisce una sensazione di totale soffocamento.

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11 Dicembre 2012 in La bicicletta verde

La testardaggine di una ragazzina per possedere una bicicletta elevata al rango di simbolo di ribellione alla condizione femminile in Arabia Saudita in un film scontato e decisamente modesto.

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