Recensione su Dies irae

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4 Dicembre 2013

Come in Giovanna D’Arco una donna al centro dell’opera, come in Vampyr un’atmosfera pesante e cupa.

Dreyer in Dies Irae unisce i due temi e li infila nel contesto della Danimarca del XVII secolo.
E’ qui, in un Paese sconvolto dalla paura per l’altro e contaminato dal bigottismo, che si sviluppa la vicenda.

Viene presa in esame la quotidinaità di una piccola comunità religiosa, comunità caratterizzata da una forte chiusura verso l’esterno.
All’incompreso viene data una ed una sola risposta: il fuoco purificatore. Così avviene per le streghe, vittime innocenti del galoppante isterismo nazional-popolare.
L’atmosfera è cupa, il clima è di piena diffidenza. In questo contesto prendono corpo i protagonisti del film.

Il Pastore Perderssön e la sua sposa, la giovane Anne. Siamo di fronte a un matrimonio di convenienza.
Infatti la mamma di Anne in passato venne accusata di stregoneria e proprio grazie all’aiuto del pastore Perderssön l’affare venne dimenticato.
Il passato ritorna quando un’anziana del villaggio viene a sua volta accusata di essere una strega, pensa di trovare rifugio nella persona di Anne ma si illude. Torturata si porterà al rogo il segreto di Anne.
C’è una bellissima scena nella sala delle torture dove assistiamo al piagnisteo della vecchia.
Una particolarità del film è il cambiamento di Anne, figura che passa dalla difesa all’attacco pur restando in un modo o nell’altro sottomessa.
Ella è cosciente del suo status, nasce come merce di scambio, è sposata ad una persona che non ama.
E’ collegata a un uomo religioso, è l’autorità, è costretta a vivere in una famiglia piena di pregiudizi. Una famiglia che incarna la società di quel tempo.
Piano piano cercherà di liberarsi da questa gabbia mostrando interesse per Martin (figlio del pastore) e soprattutto per le arti magiche.
Anne per lunghi anni è stata costretta a diventare ciò che non è.
Senza fermarci troppo sul personaggio del pastore.
Egli è scosso poiché ha sposato Anne non chiedendole neppure il permesso.
La sua figura è legata a quella della madre da un cordone ombelicale mai reciso è sottomesso, è vittima della di lei persona.
Questra matrona romano-danese è una vera piaga, è rigida, austera, bigotta.
Anne vive in un contesto che porterebbe ai pazzi qualsiasi persona e non basta l’incontro con Martin e l’amore consumato
(detto fra le linee, negli anni ’40 non ci era dato sapere esplicitamente), il rivelare la verità a suo marito porterà una brutta svolta nella vita di Anne.
Altra piccola particolarità è l’uso della luce, le luci e le ombre, il chiaro e lo scuro che si posano sulla figura di Anne e non solo.
Dies Irae è un bellissimo film e ve lo consiglio caldamente.

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