Recensione su Verónica

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Verónica
Regia:

Vicolo cieco / 10 Marzo 2018 in Verónica

Dopo il progetto mockumentary [REC], creato con Jaume Balagueró, Paco Plaza tenta di nuovo la strada del “forse è vero, forse no” con Verónica, horror domestico pluricandidato ai Goya 2018 e tornato a casa a bocca asciutta.
L’assunto del film è che i fatti raccontati siano realmente accaduti a Madrid, nei primi anni Novanta, e che si basino su un vero resoconto delle forze di polizia. In realtà, questo elemento è fra i più deboli del progetto. L’ambientazione temporale non influisce in alcuna maniera nella narrazione e sembra giustificare solo la (onni)presenza degli Héroes del Silencio nella colonna sonora.
Insomma, Plaza si avvicina al cantuccio di The Conjuring, ma non imbrocca bene il sentiero. Eppure, il gioco immaginazione-realtà, portato dal livello formale a quello narrativo, prometteva ottimi risultati.

La storia è un guazzabuglio di elementi narrativi mal miscelati: possessioni demoniache, bambini, pubertà, eclissi di sole, c’è pure una suora cieca che tutto sa (forse).
In realtà, la sovrabbondanza di cliché è voluta e giustificata, perché contribuisce a straniare lo spettatore a sufficienza, facendolo dubitare di ciò che vede e avvicinandolo alla protagonista, agitata e confusa. Verónica è un’adolescente che deve prendersi cura dei fratelli minori, della casa e anche della madre vedova, impiegata n ore al giorno in un bar un po’ squallido. Verónica vorrebbe parlare con lo spirito del padre e si imbarca in una seduta spiritica sulla scorta nientemeno che dei fascicoli di una pubblicazione periodica sull’occulto.
La ragazzina è una tipetta longa longa e segaligna, serissima, malinconica, che sente gravare su di sé l’indesiderato peso della famiglia. E, benché abbia già quindici anni, non ha mai avuto il menarca. Il suo corpo è apparentemente maturo, ma, in realtà è solo un guscio che nasconde una bambina.
Insomma, questo mix di pressioni psicologiche e fisiche genera una (inevitabile) deflagrazione.

Purtroppo, questa ottima idea, supportata da diverse interessanti trovate tecniche, non si traduce in un racconto solido. Insomma, non porta a nessuna destinazione in particolare.
In sostanza, penso che di un film come questo, che pure richiama furbescamente altri classici di genere (perfino Rosemary’s Baby), non vi era davvero la necessità.
Certo è che, puntualmente, apprezzo il tentativo del cinema spagnolo di esplorare con coraggio strade diverse dal solo cinema drammatico o comico, cosa che, in Italia, accade molto più di rado.

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