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Venere in pelliccia

/ 20137.5215 voti

Ambiguo e ambivalente. / 30 Ottobre 2016 in Venere in pelliccia

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Il tema fondamentale è più che esplicito: la finzione/recitazione che diviene realtà. L’intero avvenimento, infatti, si basa sulla recitazione dei due protagonisti e sul loro interminabile dialogo, che si tiene proprio in un teatro (e più che davanti a uno schermo, sembra davvero di trovarci in teatro).
Due parole sono ripetute più volte nel corso del film, e lo descrivono pienamente: ambiguo e ambivalente.
“Ambivalente” richiama la duplicità attorno a cui si sviluppa l’intero film: da una parte abbiamo la finzione e dall’altra la realtà. Le due cose si mescolano e si confondono in modo tale che a tratti per lo spettatore risulta davvero difficile distinguerle; infatti il divario tra l’audizione e la pièce in sé si assottiglia progressivamente e, attraverso un crescente climax, l’una diventa l’altra, sempre più elementi accomunano attori e personaggi interpretati, finché realtà e recitazione non coincidono perfettamente.
Nella pièce, Severin è riluttante a cedere alle provocazioni di Venere, mentre nel momento dell’audizione Thomas nega il provino a Vanda; in entrambi i casi assistiamo a un’iniziale resistenza nei confronti delle donne, che, però, si vendicheranno in seguito facendo prevalere la loro volontà su quella di lui, dominandolo completamente.
Questo processo non è certamente istantaneo ed è aiutato da una serie di elementi. Il fatto che il nome dell’attrice (Vanda Jourdain) e del suo personaggio interpretato (Wanda von Dunajew) coincidano non può che facilitare la continua alternanza tra recitazione e realtà, permettendo un passaggio immediato dall’una all’altra senza che ce ne si accorga. Un altro esempio lampante, benché di secondo piano, è che gli effetti sonori di atti semplicemente emulati (firma del contratto, strappo del foglio ecc.) vengono realmente riprodotti.
Nella parte finale si raggiunge il culmine di quel crescendo di emozione, ambiguità e ambivalenza; le due storie si sono intrecciate fino a fondersi in una sola e la compiutezza del processo di commistione si riscontra nella conclusione più scombussolante: la perversione che contraddistingue la pièce è diventata reale.

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6 Settembre 2014 in Venere in pelliccia

A parte le solite fregnacce sulla regia che tanto già lo sappiamo che Polanski è bravo: è un ottimo film, nel suo ‘piccolo’ (per così dire), perché dice esattamente quello che vuole dire, senza fronzoli e senza misteri: si capisce tutto del rapporto tra i due protagonisti, come si sviluppa, cosa l’uno pensa dell’altra, come l’ago della bussola ruoti da una parte all’altra, finché nemmeno noi sappiamo più dove ci troviamo, come Thomas. Realtà, o finzione? È un film che lascia sensazioni e pensieri nitidi, ma senza risultare banale né perdere il ritmo. Poi, che ognuno ci legga quel che vuole, ma a me è parsa un’efficace rappresentazione del rapporto tra l’artista e l’arte stessa (qui una splendida musa in carne ed ossa!).
Eppoi certe trovate – per esempio la sequenza finale – sono da scompisciarsi!

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4 Luglio 2014 in Venere in pelliccia

Un po’ deludente. La prima parte scorre molto lentamente, mentre lo stravolgimento da recitazione a realtà in un baleno. La scelta di realizzare un film intero in un’unica scena su di un palco teatrale è audace, ma noiosa. Apprezzabile invece l’interpretazione della coppia.

7.5 / 12 Aprile 2014 in Venere in pelliccia

Emmanuelle Seigner è calamitica. Un gioco di apparenze e nude verità. L’evoluzione dei due credo sia in parte (o in tutto) catartica, oltre che magnifica. Positivamente magniloquente.

23 Marzo 2014 in Venere in pelliccia

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Adattamento cinematografico dell’omonima pièce di David Ives, basato sul romanzo dell’autore austriaco Leopold von Sacher-Masoch, a cui si deve appunto il termine masoschismo. Venere in Pelliccia offre un dialogo forte, allusivo, ambiguo ( termine ricorrente nel film ) fra due personaggi inizialmente ben definiti, poi mutati in figure sempre più retoriche. Come quella dell’affascinante e seducente attrice, che, intenta ad interpretare nella rilettura scenica del romanzo colei che assoggetta il protagonista ai suoi voleri, traspone i desideri di quest’ultimo nel regista e adattatore teatrale, in questo caso improvvisato attore. Fra giochi di identità e ruoli, mai veramente invertiti, una delle due voci si affievolisce e si splasma in virtù dell’altra, seguendo le regole di quel paradigma masoschista che vede l’annullamento della volontà di un soggetto a favore di un altro. Polanski dirige una Venere mai banale, che non si adorna di una bellezza primitiva, atta a soggiogare gli animi di chi la incontra, ma di una rigida e forte femminilità, simbolo di austerità ed eleganza.

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7.5 / 7 Marzo 2014 in Venere in pelliccia

Polanski, dopo Carnage, continua a dirigere film da palcoscenico. Da 4 gli attori scendono a 2 e dall’appartamento il set si sposta in teatro, ma il perno rimane la trasformazione dei personaggi. In Carnage, l’elemento che subiva l’inversione caratteriale più marcata era il personaggio di John C. Reilly (l’attore meno celebre dei 4) e si trattava di quello all’apparenza più fragile. Non è certo paragonabile all’adattatore interpretato da Mathieu Amalric ma l’accostamento è utile per far sottolineare il fatto che Polanski consideri, in un certo qual modo, il sesso maschile quello debole. L’adattatore di Venere in pelliccia è un uomo che nasconde dietro una vena di misoginia le sue insicurezze caratteriali e la sua propensione al masochismo. La sua concezione di storia d’amore è legata ad un romanzo austriaco dai tratti marcatamente pornografici che non riusciamo mai a convincerci possa rappresentare un capolavoro della letteratura moderna.
La vera leonessa del palco è una bravissima Emmanuelle Seigner che oscura il sempre valido Amalric con la sua prestazione caleidoscopica e poliedrica. Sembra sempre qualcosa che non è, provoca e si ritrae, entra ed esce dal personaggio, usa la sua sensualità per ammaliarlo e dominarlo. E’ davvero una dea e un diavolo al contempo: persegue uno scopo, intende confrontarsi con le idee dell’autore, vuole infiliggere una punizione?
Il suo personaggio non segue un percorso di trasformazione lineare ma totalmente frazionato, su cui si innesta bene anche l’altro scopo di Polanski: mutare i suoi personaggi non solo nella storia ma nella realtà del film.
Si assiste ad un cambiamento non solo sul piano del racconto ma anche su quello personale di chi interpreta il racconto ed i due si intersecano perfettamente come due assi cartesiani. La misoginia che diventa masochismo è in relazione con l’essere Wanda dell’adattatore mentre la sensualità sciatta che diventa dominazione sadica è in equilibrio con gli intenti di Wanda-Severin.
In un certo qual modo anche l’uomo nell’ombra presentava rimandi a questo ruolo dominante della donna. Che Emmanuelle Seigner sia pure la consorte del regista strappa un sorriso.
Venere in pelliccia è un film intelligente, che premia le qualità degli attori e di Polanski.

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..e Dio lo colpì e lo mise nelle mani di una donna / 4 Dicembre 2013 in Venere in pelliccia

Quasi due ore di dialoghi serratissimi in un gioco delicato di seduzione e di distacco , un alternarsi di ruoli fra realtà e finzione , con gli unici due personaggi che si muovono in uno scenario minimo come il palcoscenico di un teatro , e per di più in un’atmosfera di quasi totale oscurità .
Insomma , roba da attacchi di claustrofobia acuta se dietro la macchina da presa non ci fosse il “vecchio” Polanski che ormai sembra aver imboccato la strada delle trasposizioni teatrali sullo schermo e che , affidando alla conturbante e convincente Emmanuelle Seigner (che è anche la sua attuale moglie ) ed al bravo ed espressivo Mathieu Amalric (straordinaria la sua somiglianza al regista stesso da giovane) che si esaltano a vicenda in una gara di bravura , ci offre ancora una volta un’occasione per apprezzare il grande cinema .

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22 Novembre 2013 in Venere in pelliccia

delusa, mi ha anche un filo annoiata. A me Carnage era piaciuto, lo avevo trovato comunque più leggibile, più universale, più pieno di trovate registiche all’interno di un impianto che era teatrale come questo. Qui la prevedibilità di ciò che accade è smaccata, l’inizio e la fine sono speculari a Carnage, ma con meno senso complessivo (lì le voci di NY mi richiamavano Hitch e comunque quello che accadeva fuori dall’appartamento aveva un senso, qui forse è una idea di penetrazione nel subconscio?). I piani della recita, i personaggi che escono ed entrano da altri personaggi comunque, secondo me, non aggiungono profondità a un tema generale che mi sembra essere molto schiacciato sull’imprinting delle esperienze d’infanzia sugli impulsi sessuali del regista.
La lotta dei sessi è anche lotta culturale (lui radical chic e intellettualoide, ma frustrato, lei sguaiata e popolana), ma lo è in maniera troppo ovvia, che ci sia sempre questo gemellaggio fra potenza erotica, liberazione, naturalità e fuga dal reticolo definito “intellettualoide”?
C’è alla fine uno scambio di genere e però anche il trionfo del corpo della donna, imperioso direi. Mi è piaciuta però la scelta, tutta teatrale, di far “identificare” i personaggi in ruoli e situazioni con i soli accessori e vestiti, indossata una giacca ed ecco sei un altro, un paio di occhiali etc etc

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“Don’t forsake him. Strike, dear Mistress, and cure his heart” (V.U.) / 18 Novembre 2013 in Venere in pelliccia

L’ultimo lavoro di Polanski è fortemente ironico ed ambiguamente onirico: se, nell’immediato, la pellicola mi ha lasciata quantomeno tiepida nei suoi confronti, al contrario, decantando nella memoria, ha acquisito sempre maggiore peso e consistenza.

Venere in pelliccia è un gioco di specchi, in cui Vanda è manipolatrice e dea (non è un caso) ex machina, alter-ego di uno sceneggiatore (non propriamente Thomas, casomai Roman…e non è un caso neppure che l’attore ed il regista siano fisicamente tanto somiglianti tra loro) che, pirandellianamente parlando, dialoga coi suoi personaggi, li trasforma, li ama e li disprezza.

Il gender dei protagonisti, soggetto ad inversioni e trasformazioni (e quella finale di Thomas, comunque, non può non portare alla memoria quella di Trelkovsky ne L’inquilino del terzo piano), è pressoché superfluo, perché la piéce in questione non è un racconto sulla lotta tra i sessi, come potrebbe sembrare a primo acchito, ma sulla guerra (ed il sesso è anch’esso un pretesto, atavico, ma pur sempre un pretesto) tra identità.

Mentre il personaggio di Vanda, interpretato da una brava Seigner giunonica e luciferina, soggetto a repentini mutamenti d’umore e di atteggiamento, pare pienamente compiuto, modellato a tutto tondo, quello di Thomas pecca di uniformità: dal primo istante, egli si mostra incerto e perennemente stupito, e nulla di più.
Egli sembra assistere passivamente al susseguirsi degli eventi, preso al laccio dagli stessi, inerte: Thomas accetta senza colpo ferire anche il capovolgimento di prospettiva uomo-donna, il che presuppone una sorta di condiscendente e/o altrimenti inespresso desiderio di liberazione, ma che, nel complesso, accentua, se possibile, la sua “mediocrità”.

Nel complesso, risultato godibilissimo e, nella versione italiana, il lavoro di doppiaggio di Emanuela Rossi sulla Seigner è davvero buono: in particolare, il primo cambio di tono di voce (Vanda/ Wanda), inedito fino a quel momento e, perciò, percepibilissimo, segna il passo di tutto il successivo lavoro.

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16 Novembre 2013 in Venere in pelliccia

venere in sciarpotta

8 Novembre 2013 in Venere in pelliccia

visto in anteprima a Firenze. Direi raffinato, tanto raffinato da non essere per tutti i palati.

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