2 Marzo 2015
Al di là delle considerazioni sul genere di appartenenza, il nucleo di questo film è una ricerca estetica che punta a rafforzare il minimalismo emotivo della protagonista (una Scarlett Johansson alienata e alienante) e di conseguenza nostro. Se da una parte se ne capisce l’intento, ovvero quello di usare questi strumenti per affrontare una riflessione silenziosa, quanto silenzioso è il film, (pochissimi essenziali dialoghi) sulla perdita di uno scopo e su una condizione che da inumana si trasforma in umana; dall’altra finisce per creare una staticità empatica (quanto statiche sono le riprese) che lo spettatore si trascina pesantemente con sè fino alla fine, quasi ricercata e sperata.
Recensione da Oscar (2)
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