Recensione su Una piccola impresa meridionale

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E’ un sei e mezzo, ma io a Papaleo voglio bene / 17 Dicembre 2013 in Una piccola impresa meridionale

l’ho trovato delizioso. Divertente, migliore nella confezione del suo film precedente, migliore proprio la regia, le inquadrature, il ricercare i colori, i dolly, l’idea visiva generale ottimi gli attori, quasi tutti in parte e ispirati. Una storia di liberazione , di scontro in cui il personaggio principale,isolato in un faro perché ha rotto una convenzione sociale, si ritrova a catalizzare una congrega di fuoriusciti dalle regole che non possono non scegliere l’esclusione a fronte della propria libertà. Ed è una scelta che racconta una sconfitta ( di un paese,di una cultura) e celebra una forza che è quella di chi rompe comunque la regola e va avanti. Frizzante, ottimo nei tempi ben congegnato fino a due terzi, mette insieme una decina di personaggi folli, di quella follia che é propria dei risvegliati da un sonno profondo, i folli e gli estranei al mondo che accettano la solitudine come contraltare.
Poi un guizzo di buonismo eccessivo, anche la narrazione rallenta, ma almeno non tutte le storie convergono verso un lieto fine troppo telefonato.
Il bello di Papaleoè che i suoi due film sono profondamente sentiti e nel vederli di sente questa forza, questa sincerità. E c’è una sorta di realistico ottimismo che tutto il tessuto musicale, stralunato come sempre e coerente con i suoi personaggi lunari, rimanda poderosamente allo spettatore.
Le inquadrature del mare sono spettacolari, c’è un mare notturno setoso, un mare diurno che abbaglia come il riflesso di migliaia di specchi: è vivo e vibrante

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