Recensione su U-Boot 96

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Bare d’acciaio / 16 Ottobre 2016 in U-Boot 96

Un film sulla seconda guerra mondiale “dalla parte dei tedeschi” costituiva un rischio notevole, soprattutto nei primi anni ’80, quando il ricordo del conflitto era ancora vivo nella mente di molte persone.
Ciononostante Petersen costruisce una pellicola sincera e realistica, dove le paure e la solitudine dei soldati inviati sui fondali dell’Atlantico (con l’obiettivo di affondare il naviglio nemico e di conseguenza sfiancare la resistenza britannica) emergono completamente, soprattutto grazie ad un cast di attori sconosciuti al grande pubblico, ma che si immergono perfettamente nella parte.
Il regista riesce nella non facile impresa di tenere sempre viva l’attenzione dello spettatore per la notevole durata di oltre 200 minuti (nella versione Director’s cut), pur nella non facile condizione di un’azione soltanto fittizia (buona parte della pellicola è occupata dagli ordini dettati dal comandante agli ufficiali per pilotare il sommergibile), ma soprattutto nonostante l’ambiente claustrofobico in cui sono ambientati, largo circa, oltre i tre quarti del minutaggio.
Ne viene fuori un film di guerra insolito, totalmente estraneo ai canoni hollywoodiani, quelli in cui i tedeschi sono ricostruiti come automi cinici e diabolici.
Ma soprattutto è una pellicola che descrive uno degli aspetti della seconda guerra mondiale meno conosciuti, quello della guerra sui mari e, in particolare, della guerra sottomarina e della vita degli equipaggi dentro questi mezzi tanto affascinanti quanto sempre pronti a tramutarsi in bare metalliche, destinate a posarsi per sempre sui fondali con il loro contenuto di vite e di paure.

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