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Strada a doppia corsia

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Oates is G.T.O / 16 Novembre 2018 in Strada a doppia corsia

Finora Two Lane Blacktop l’ho visto quattro volte, almeno. Perché comincio una recensione così? Semplice, perché è uno dei film che rivedo con piacere. Il film si apre con il rombo dei motori. un rumore che copre il logo della Universal. La cosa alla Casa non la capirono e non piacque. Una serie di Hotroad si sfidano, sfrecciando sull’asfalto e, ci terrei a precisarlo, i tizi ala loro guida o ai bordi della strada sono (uso il presente ma andrebbe l’imperfetto visto che ora presumo siano morti sparati, incidentati e investiti male) veri componenti delle L.A Street Racers gang. Monte Hellman prende due ragazzi e li carica in macchina: sono belli, dai capelli lunghi, silenziosi, spensierati e guidano perché guidando si sentono liberi. È come quando prendi la patente e inizi ad andare in giro però poi con la ruota strusci un ca**o di marciapiede rialzato, hai praticamente fatto il danno e allora torni sul pianeta terra. Si può dire ca**o signora Maestra?

Chi sono questi ragazzi? Dennis Wilson dei Beach Boys e James Taylor cantautore. Piccolo offtopic: Il film non fu un successo commerciale e alla Universal non tutti volevano farlo, un po’ per politica, un po’ perché si puntava tutto sul pubblico di questi due ragazzetti il che poteva essere un rischio a livello economico. La smetto col fuori tema e mi ricollego a sopra. Monte Hellman li fa guidare e fa fare loro IL viaggio su asfalto a bordo di una Chevrolet Special del ’55 modificata. Il film quindi è un road movie attraverso gli States, un viaggio in cui vengono toccati tanti luoghi e conosciuti i volti più vari. Ad esempio tutte le scene girate per strada, in un paesotto dove i venditori ambulanti invadono le vie cittadine. Ecco in tutte quelle scene se è vero che per girarle alcuni passanti vennero effettivamente scritturati è anche vero che molti altri non seppero mai quando stessero girando il film e lo scoprirono solo andando al cinema. Ammesso poi ci andarono.
E comunque anche quelli scritturati, come la coppia spagnola, non sapevano quando avrebbero girato la scena.

Al film poi si aggiunge Warren Oates, fu il primo ad essere ingaggiato perché Monte Hellman era cinematograficamente innamorato dell’attore, che guida una Porsche gialla parecchio gaia e sfida i giovinastri. Warren è come solito ENORME e nella parte del cazzaro patentato, un bugiardo cronico ripulito, ci sguazza alla perfezione. Per tutto il film non fa che caricare autostoppisti e ad ogni persona inventa una storia diversa. Da ora verrà rinominato “Er Fiaba”. Er Fiaba quindi conosce una serie di autostoppisti e non basterebbero tutti gli spin off di questo mondo per farci i film, primo fra tutti quello sula vecchia che deve andare al cimitero a salutare il figlio o la figlia morti in un incidente stradale a bordo di una “macchina da città” cioè lo stesso tipo di macchina a cui è alla guida Warren Oates mentre carica la vecchia che deve andare al cimitero a salutare il figl… va bene avete capito. Il primo film da fare è questo? Il secondo è sicuramente quello del CowGay interpretato da Harry Dean Stanton. Strada a doppia corsia è un road movie si ma anche capsula del tempo: la route 66 del film è completamente diversa da come è oggi e la parte che sulla pellicola compare non viene usata oggi dagli americani (parole d Monte Hellman nel documentario “On The Road Again” presente nei contenuti speciali della Arrow Video perché non contento mi sono sparato pure quello).

Rivedendo il film mi sono potuto concentrare un sacco sui dettagli, su James Taylor e Dennis Wilson e la loro interpretazione. Guidano accompagnati dalla radio ma non l’ascoltano poiché concentrati su altri suoni infatti la colonna sonora è composta dai rumori prodotti dal rumore della macchina e quando sentiamo delle canzoni due volte su tre sono legate a Laurie Bird che tra l’altro entra in scena, se così si può dire visto che entra in una Chevry in campo lungo, sotto le note di Hit the road jack e in un momento di frustrazione canta I can’t get no Satisfaction. Laurie Bird è fenomenale e nel film interpreta sé stessa, una ragazza con un passato buio e difficile, anche lei silenziosa e dannata. Si incazza perché la fanno sedere dietro e passa di pilota in pilota. Strada a doppia corsia è un film sulle cose che potrebbero succedere, sulle sorprese e quegli eventi che non puoi anticipare.
Girato in Techniscope che è simile al Panavision nel senso del famoso “aspect ratio” 2.33:1, ho imparato che ll Techniscope si differisce dal Panavision perché non viene usata la lente anamorfica (che comprime) ma la “flat lens”. Usando un 18 mm si ha poi un angolo più ampio così da avere a fuoco due soggetti lo stesso momento, come in questa sequenza.
Almeno sempre da quello che ho capito dalle parole di Hellman.

ad ogni modo a Monte Hellman poi proposero di girare Junior Bonner ma lui rifiutò e sappiamo tutti come andò a finire quella storia. Perché tanto si sa che tutte le strade portano a papà Sam <3
DonMax

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Un road-movie imperdibile / 23 Marzo 2016 in Strada a doppia corsia

Un road-movie tanto anomalo quanto bellissimo, una sorta di On the Road di Kerouac in salsa competitiva. O forse no?
La scommessa che i due ragazzi fanno con GTO verrà presto a noia un po’ a tutti, come se non ci fosse alcuna via di fuga da una condizione vuota come quella dei protagonisti, come se non si volesse mettere fine a quella gara che è ormai diventata un pretesto per riempire un’esistenza vuota.
I personaggi sono tutti senza nome, come a volerne generalizzare la condizione.
I due protagonisti (il pilota e il meccanico, interpretati dal cantautore James Taylor e dal batterista dei Beach Boys Dennis Wilson) sono apatici ai limiti della catatonia, emblemi di un nichilismo giovanile che affligge ineluttabilmente le nuove generazioni. Gli unici argomenti che riescono a trattare nei loro rari discorsi sono quelli relativi ai motori, i progetti (a breve termine) che riescono a formulare nascono e si spengono in modo del tutto effimero.
La ragazza cambia l’auto con la stessa facilità con cui cambierebbe il letto, aggregandosi ai primi venuti.
GTO, che prende il nome dalla sua Pontiac, è l’emblema dell’uomo che non è riuscito a combinare un granché dalla vita e che fugge da qualunque tentativo di affrontare un’esistenza “normale”, raccontando favole che servono soprattutto a illudere se stesso.
C’è spazio anche per qualche scorcio di ironia, come quando GTO dà un passaggio ad una nonnetta con la nipote: una scena subito ricondotta sui binari del pessimismo da una sceneggiatura che sembra non voler lasciare alcuna via di salvezza.
La sequenza finale è eccezionale e inattesa, di sicuro non originale (l’espediente meta-cinematografico della pellicola che brucia era già stato utilizzato da Bergman in Persona), ma riuscitissimo e molto significativo nell’illustrare metaforicamente la condizione irrecuperabile di una generazione che non vuole fare i conti con il proprio futuro.
Un road-movie che sebbene richiami in qualche punto l’antesignano per eccellenza del genere (la scena della tavola calda, la direzione da ovest ad est del viaggio), è per altri versi assai diverso da Easy Rider, del quale costituisce un’evoluzione in chiave nichilista.

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