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Tutta la vita davanti

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Le premesse c’erano tutte / 14 Novembre 2015 in Tutta la vita davanti

Veramente un buon film, ottima la Aragonese e anche Elio Germano che, secondo me si sta affermando con forza nel panorama dei migliori attori italiani. Carina anche la storia, certo , niente di eccezionale, ma di questi tempi dire così bene di un film italiano fa già notizia…purtroppo.

Provateci voi a vederlo da laureande in filosofia temporaneamente centraliniste, provateci / 26 Agosto 2012 in Tutta la vita davanti

Ci ho pianto calde lacrime di sconforto e soffocato svariate bestemmie nel mio cuoricino. Il libro mi ha dato il colpo di grazia.

20 Maggio 2011 in Tutta la vita davanti

Ho lavorato per tre anni in un call center e posso affermare che, a parte qualche aspetto caricaturale dei personaggi probabilmente votato a strappare una risata allo spettatore (dopotutto è di una commedia che stiamo parlando), potete prendere per oro colato tutto quello che viene rappresentato in questa pellicola: io li ho conosciuti, il venditore esaltato, la laureata insoddisfatta, la team leader rifatta e altezzosa; un mondo a parte, con le sue regole, un suo linguaggio, una sua gerarchia di priorità, dove ti insegnano a ripetere a pappagallo “come posso esserle utile” mentre trovi il modo più indolore per fregare il poveretto di turno. Un film estremamente vero, un grazie a Virzì per aver fatto un salto in quello che è l’incubo quotidiano di decine di migliaia di giovani italiani.

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un film sottovalutato / 9 Marzo 2011 in Tutta la vita davanti

Il film è pieno di grossolanità (un esempio per tutti: la battuta “è una strana, è laureata” è così banale), ma mi è piaciuto per il tono pienamente grottesco e iperrealista, per una certa cura nelle riprese (molto belle a mio parere tutte quelle del deserto cementificato del call center, con i bus che vanno e vengono), per la scelta della cornice della voce della Morante che mi ha suggerito il tono da favola, del “ora vi racconto una storia”, e le favole sono eccessive, piene di mostri e di semplificazioni, con allacci al reale, ma poi forse no…Insomma il film non è davvero male se si sceglie di abbandonarsi al registro scelto da Virzì, dell’ellisse, dell’eccesso, della caricatura, del sogno, dei personaggi da incubo.
E non è propriamente un film sulla precarietà, o meglio, se ne serve per rappresentare un’idea: se ci facciamo catturare da una rappresentazione non realistica della realtà, da una visone costruita (che ha una finalità sfruttatoria ed economica), fantastica, univoca, rimarremo chiusi in quell’immaginario, con aspirazioni, sogni, moventi che di ciò si nutriranno. Per questo è insistita la presenza della televisione, di cui però si svela subito il carattere anaturalistico e per nulla realistico.

Virzì è uno schierato, non è una novità, ma lancia fendenti a destra e a manca, non caratterizza politicamente i manager, i motivazionisti, i figli bene, ma lo fa con il sindacalista, quello più massacrato durante il film a cui non perdona praticamente nulla, neppura la retorica nostalgica della tuta blu.
Le facce nuove sono sempre il suo forte e non sbaglia neppure in questo film (ma la Ferilli è troppo magra).
E il finale non è buonista, certo molto rosa, ma non buonista, è una favola, è un sogno e il finale è adeguato, un piccolo gruppo trincerato in un giardino minuscolo, una pausa dal turbinio della vita che riprenderà da lì a poco e nessuno sa come.

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