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Tutta colpa di Giuda

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16 Febbraio 2013 in Tutta colpa di Giuda

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Leggasi fra le righe: la qualità paga. Se tu fai un film (e se non sei spocchioso, e se non mi stai qui di base, e di sicuro se sei sfigato o iraniano o di Hong-Kong o del Vattelapeskiskan) allora io te li do i miei cine-soldi, e pure volentieri, perché mi fido e credo che il tuo film nuovo sia almeno altrettanto bello del déjà-vous. Kasia Smutnjiak era quel culo bellissimo della pubblicità della Tim (bellissimo *_* la pub in questione non l’ho trovata), l’idea di partenza è originale sia in sé che nella messa in scena, col risultato di un film abbastanza fuori dalle righe del solito. Kasia (che è troppo gnocca e anche lei con lo sfondo carcerario c’entra pochino, ma amen) deve mettere in scena la Passione di Cristo interpretata da un gruppo di (autentici) carcerati. E abita in quei palazzi arancioni che avevano costruito per le Olimpiadi due anni fa accanto all’Arco del Lingotto (grande la scena sull’arco del Lingotto, col mio treno che passa dietro e mi si vede chiaramente fare CIAO con la manina).
Film di musica e sbarre e ritmo, nota d’onore per Cristiano Godano, il cantante dei Marlene Kunz che interpreta il ruolo secondario del fidanzato di lei, regista sciroppatissimo di teatro d’avanguardia. Armato di un paio di babbucce temibili e davvero ridicole.
Oh, a chiusa, a mio parere quelle che dicono che gli fa sesso il Godano sono affette da Cristofilia. Temo sia patologico.

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4 Marzo 2011 in Tutta colpa di Giuda

Ferrario ha il dono della leggerezza, condita con uno sperimentalismo spinto e con la capacità di puntellare le sue storie della grazia dell’assurdo.
Il film è un film forte che riesce ad essere molto gradevole, una storia che rasenta il documentarismo, e in parte lo è, ci sono gli inserti sgranati della delle riprese sul luogo, ci sono i non attori del carcere, ma Ferrario mescola il tutto con l’ immaginazione dei colori e dell’animazione del digitale, con il corpo del narrato pienamente finto che ruota attorno alla Smutniak (ma con che stile! Il fidanzato insopportabile non è proprio il vero Govano che fa il verso a se stesso e alla sua icona?). Bello e divertente, sul filo della leggerezza, appunto, e del non sense e straordinariamente incisivo pe r il tema trattato che non è per nulla il carcere, ma è la passione di Cristo.
Il film risponde a quella domanda che i non cristiani si pongono da tempi immemori: perchè abbiamo il culto della morte e della sofferenza? Perchè rappresentiamo della Pasqua più il lutto, la pena, lo strazio che la rinascita, la vita, la gioia?
Dunque si prova a fare diversamente, si elimina l’ostacolo dell’impossibilità di avere un Giuda in un carcere (!), quindi si elimina il tradimento, il processo, la condanna, la morte e si riporta il tema della crocifissione al problema della libertà/istituzione/società.
Ferrario improvvisa, ma è in stato di grazia, perchè la sceneggiatura (che sembra non ci sia stata) è oliatissima, piena di dialoghi felici e scoppiettanti, in cui l’istituzione che si trova in difficoltà non è il carcere, impersonato da un direttore abile nel vivere sempre sul limite che è la condizione carceraria, con sano realismo e capacità di leggere i bisogni e gli obblighi di tutti, ma è la Chiesa in cui l’ortodossia alla fine vince, nonostante sia proprio il cappellano a voler far fare teatro ai carcerati, una ortodossia che si contraddice perchè se Cristo è una elaborazione dei credenti che trascende i Vangeli (“quest’uomo ossessionato…non sorride mai!”), lo può essere fino ad un certo punto.
Da sottolineare la splendida colonna sonora e il tocco da musical calssico.
Menzione speciale agli interpreti, indistinguibili i veri dai falsi, una amalgama perfetta, ma in particolare ai “professionisti” Troiano e Smutniak, l’uno perfetto in un ruolo da buono/saggio/sagace, l’altra bravissima, una rivelazione, e anche molto bella.

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