Recensione su La fiammiferaia

/ 19907.635 voti

Lady Vendetta / 18 Gennaio 2014 in La fiammiferaia

L’assenza pressoché totale di dialoghi incrementa in maniera esponenziale il valore delle poche parole che vengono pronunciate durante l’intero film.
I concetti espressi sono essenziali, hanno un valore di tipo primario, atavico: cibo, rifiuto, morte, condanna.

I sentimenti e le emozioni (amore, vergogna, speranza, ribrezzo) vengono affidati alla parola scritta: la loro aleatorietà, impressa sulla carta, acquista un peso imponderabile. Solitamente, è Iris a prendere la timida iniziativa ed a proporre un dialogo per iscritto: la risposta ai suoi tentativi di connessione è sempre violenta ed è rappresentata di volta in volta da uno schiaffo, da un silenzio tenace, da un’umiliazione.

Volti e corpi sono praticamente inespressivi, puri veicoli narrativi, quasi privi di materialità, confinati entro gesti precisi, essenziali, secchi: l’incidente di Iris, non a caso, invisibile allo spettatore e privo, apparentemente, di qualsiasi danno fisico, rafforza l’idea che siano i soli sentimenti a rappresentare il corpo del racconto. Non esiste praticamente alcuna differenza tra Iris e le macchine con cui lavora, in fabbrica: in entrambi i casi, si tratta di entità considerate ai soli fini produttivi. Al contrario, stupisce la grazia delle mani della ragazza, su cui la camera, fissa, si concentra insistentemente durante una sequenza iniziale: le dita di Iris, infatti, sembrano danzare sulle scatole di fiammiferi.

Invidiabile, come al solito, la scelta dei cromatismi, seppur meno squillanti che in altre occasioni, delle scenografie, kitsch e, a modo loro divertenti, e delle musiche.

3 commenti

  1. paolodelventosoest / 28 Gennaio 2014

    Mi interessa Kaurismaki, di cui non ho ancora visto nulla. Posso iniziare con questo, che ne dici?

    • Stefania / 28 Gennaio 2014

      @paolodelventosoest: perché no? Io ho cominciato con L’uomo che non c’era e ho proseguito subito con Nuvole in viaggio. Narrativamente, La fiammiferaia somiglia molto a questi due, anche se qui prevale un certo humour nero.
      Il più “semplice” e lineare, finora, mi è parso Miracolo a Le Havre. Tatjana e Calamari Union sono ai limiti del nonsense, surreali.
      Kaurismaki è una sorpresa: potrebbe perfino risultare ostico, stralunato benché drammatico. Ma a me piace un sacco 😉

Lascia un commento