Recensione su Total Recall - Atto di forza

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Ridateci Schwarzy / 13 Ottobre 2012 in Total Recall - Atto di forza

Quando le idee scarseggiano Hollywood si rifugia nei cari vecchi remake, spacciando film già visti come innovativi solo perché pompati di effetti speciali, nuove tecnologie di ripresa, tridimensionalità e altri specchietti per le allodole; in questo caso a farne le spese è il povero “Atto di forza” (1990) di Paul Verhoeven con Arnold Schwarzenegger e Sharon Stone, film che non sarà annoverato tra gli imperdibili capolavori della sci-fi ma che dopo due decadi fa ancora la sua porca figura. Ispirato a un racconto breve di Philip Dick, “Ricordiamo per voi”, questo remake ha la regia di Len Wiseman (regista e sceneggiatore di “Underworld” più il quarto “Die Hard” (2007)), che si preoccupa più di mostrare il film che di costruirlo, attingendo sia da Dick stesso sia da altri capisaldi della fantascienza, ormai diventati quasi stereotipati a causa del largo utilizzo; è incomprensibile il perché questo film abbia avuto bisogno di ben tre sceneggiatori (Bomback, Vanderbilt e Wimmer, sceneggiatore del bel “Giustizia Privata” (2009)) visto che il film è simile all’ originale del 1990 sia in linea generale sia in alcune scene ricalcate in modo vero e proprio come si fa con un disegno appoggiato contro la finestra. Come in altri film di qualità medio-scadente una botta di vita viene data dal comparto tecnico, in questo caso le scenografie dell’esperto Patrick Tatopoulos, che risultano efficaci e inquadrano bene il contesto dell’azione, e le musiche di Harry Gregson-Williams, autore anche delle musiche dei capitoli 2, 3 e 4 della saga di videogame “Metal Gear Solid”. Colin Farrell (il disgraziato “Alexander” (2004), l’ancor più disgraziato “Miami Vice” (2006), ultimo sostituto di Heath Ledger in “Parnassus – L’uomo che voleva ingannare il diavolo” (2009)) sostituisce Schwarzy rendendo il suo personaggio meno iconico-kitsch e più realistico, ma in questo caso ciò è un male perché il film si appiattisce e perde il suo alone artigianale, diventando uno tra i tanti film futuristici. A Kate Beckinsale (protagonista della saga di “Underworld”, viva le raccomandazioni) l’ingrato compito di sostituire Sharon Stone in un ruolo più ampliato rispetto a quello della bionda accavalla-gambe, con Jessica Biel (l’ex Mary di “Settimo Cielo”, sul grande schermo in “Un matrimonio all’inglese” (2008), film salvabile in mezzo a cazzate varie ed eventuali) a ingaggiare i cari vecchi catfight (scazzottate tra fanciulle) piacevoli per un feticista e nulla più. Di contorno clichè assortiti: i “cattivi” non andrebbero a segno nemmeno con un missile termonucleare mentre i “buoni” hanno la mira di Tex Willer, i personaggi secondari sono caratterizzati in modo trito e ritrito, le scene di inseguimento sono eccessivamente lunghe. Spiace soprattutto per gli onesti Bill Nighy (Davy Jones nella saga/sega de “Pirati dei Caraibi”, “I Love Radio Rock”, “Love Actually”) e Bryan Cranston, meraviglioso papà nella serie tv “Malcolm” e già visto negli ultimi anni in “Drive” (2011) e “Rock of Ages” (2012).

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