Recensione su Tolo Tolo

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La quadra di Zalone / 21 Novembre 2020 in Tolo Tolo

Credo che, con Tolo tolo, Checco Zalone (che, per firmare la sua prima regia cinematografica e la sceneggiatura, scritta a quattro mani con Paolo Virzì, usa il suo vero nome, Luca Medici) abbia raggiunto la quadra della sua comicità, facendo sentire in colpa chi ride alle battute e alle situazioni descritte nel film.

Tolo tolo parla al pubblico italiano di attualità stringente (in particolare, la questione dei migranti in arrivo in Europa, ma ci sono diversi micro argomenti a corollario del tema centrale), un po’ come il Guido di Benigni faceva con il figlioletto Giosué ne La vita è bella. Il dramma è visibile, è oggettivo, e Zalone, in realtà, non lo stempera, né lo irride, ma lo trasfigura in qualcosa di grottesco, conservandone tutta l’illogicità.
Così, tu guardi, ridi e, subito dopo, vorresti prenderti a schiaffi.

2 commenti

  1. Alicia / 25 Novembre 2020

    Adesso addirittura La vita è bella mi sembra un paragone azzardato. A mio avviso questo film è un po’ un film a metà. Vorrebbe avere la possibilità di osare e di avere una certa profondità, ma gli manca il coraggio per farlo, ha troppi soldi da perdere. Si sogna di inquadrare i mucchi di ossa come faceva Benigni.

    • Stefania / 26 Novembre 2020

      @alicia: nessun paragone tra Tolo tolo e La vita è bella. Ho scritto che Zalone fa con il pubblico quello che Guido, il personaggio di Benigni ne La vita è bella, fa con Giosué: lascia che il dramma sia visibile, ma presenta la realtà in una maniera diversa. Il pubblico vede quello che vedrebbe Giosué se fosse papà-Benigni a raccontarglielo, questo intendo. Per il resto, per me, le affinità finiscono lì.

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