2 Recensioni su

L'altro volto della speranza

/ 20176.845 voti

Non c’è trippa per siriani / 15 Maggio 2017 in L'altro volto della speranza

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Sta sotto, nel carbone. Dal carbone spunta un occhio, dall’occhio spunta un siriano, il siriano è arrivato a Helsinki con un carbone-cargo, e va a fare domanda d’asilo. Incrocia intanto kind of un commesso viaggiatore già di una certa, un rappresentante di camicie. Che molla la moglie alcoolfila, si gioca tutto a poker dove vince un fracco di soldi. Intanto Khaled odisseeggia da un centro di accoglienza all’altro, e viene infine rimbalzato con la motivazione che ad Aleppo figurati se c’è la guerra, tsè. Intantodue Wilkstrom ha rilevato un ristorante con tre dipendenti buffi, che serve scatole di sardine aperte. Come non amare gli islandesi. Le vie ovviamente di nuovo si intersecano, e Khaled finisce a lavorare nel ristò di Wilkstrom e dormire nel suo garage. Intanto cerca la sorella, intanto (best word evva) gruppi di folkk islandese cantano agli angoli delle strade e nei locali, nazisti dell’Illislandois (wow) vogliono picchiarlo perché è un fottuto immigrato e ci ruba casa/famiglia/lavoro/fikebianke. Quindi ci sono i due volti della società right? E tutto l’occidente è paese ma in Islanda sono più malinconici e surreali, e Kaurismaki è tipo il concentrato di pomodoro di tutto ciò – anche se c’è gente che odia il concentrato di pomodoro, mentre non vedo come si possa odiare uno che: punto primo: si chiama Aki Kaurismaki, which is enough; punto secondo: fa i film che ha fatto Aki Kaurismaki. Bom, prosegue in questo il percorso di tutta la cinematografia sua, basata sul paradosso (oggi va molto di moda il sushi… e allora apriamo un sushi!) e l’emarginazione che parallela viaggia alla società, e nello specifico quello sociale sull’immigrazione iniziato con Miracolo a Le Havre, di cui questo è ideale prosecuzione. Il ritmo è lento come la burocrazia, gli umani malvagi ed è per ora nelle loro singole iniziative, più che dal corpo sociale nel suo insieme, all’interno del quale si trovano nani nazi e ballerine, che si intravede una possibilità di salvezza (il sol dell’avvenir?), per Khaled e per il “suo” altro che poi saremmo noi.

Leggi tutto

Finlandia bifronte / 9 Maggio 2017 in L'altro volto della speranza

Si tratta del primo lavoro di Kaurismaki che mi lascia uno strano retrogusto in bocca, più che altro per via del finale aperto che non credo di essere stata in grado di interpretare.
Dopo l’insolita trasferta francese di Miracolo a Le Havre, Aki è tornato in patria, continuando a raccontare storie di fuga, integrazione, (in)tolleranza, pigiando (volutamente) meno il pedale “favolistico”.

Certo è che, anche questa volta, al cineasta finlandese devo riconoscere un grande merito: nell’imperturbabilità dei suoi personaggi e nella monoespressività dei suoi attori, è sempre possibile cogliere ciò che è necessario, ciò che è indispensabile, ovvero – paradossalmente- l’emozione in senso lato (affetto, paura, odio, ecc.).
Pur maschere, i personaggi di Kaurismaki sanno essere emozionanti, empatici, partecipi. Kaurismaki sembra avere sempre fiducia nell’uomo, soprattutto nel piccolo, nell’ultimo: è in fondo alla fila, ci dice, che si trova l’umanità più scacciata ma più solidale.
La civilissima, ordinatissima, linearissima Finlandia (metafora di una società più ampia, non solo in senso geografico) sembra non farsi remore nel mostrare le sue incongruenze, rappresentate da uno Stato efficiente, ma -giocoforza- freddo e burocratizzato e da sacche di beceri intolleranti come i neonazi del Finland Liberation Army.
Sono le sue unità, i suoi singoli elementi, a darle un altro volto, quello della speranza, appunto.

Leggi tutto
inserisci nuova citazione

Non ci sono citazioni.

Non ci sono voti.