Recensione su To Rome With Love

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21 Aprile 2012

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Tutte le mie più fosche aspettative si sono avverate e la formula “un bel film di Allen si alterna ad un film particolarmente mediocre di Allen” è stata, purtroppo, rispettata.

Si tratta di un pastrocchio in quattro episodi di cui non ho colto il fil rouge (sempre che, oltre all’ambientazione, ve ne fosse davvero un altro, sia beninteso), in cui si tenta di imporre il senso del surreale, ma senza alcun risultato positivo.

Uno degli elementi più disturbanti è costituito dalla sovrabbondanza di quei clichées che temevo al varco: da questa pellicola, infatti, emerge un’Italietta da cartolina così inconsistente e brutta (non certo dal punto di vista del paesaggio) da far venire il voltastomaco.
Vespe, preti in processione, cantanti sotto la doccia, banda musicale, “mangiare risolve ogni problema e allevia la tensione”, Arrivederci Roma onnipresente, uomo con panza e canottiera, sole ma tanto tanto sole, donne dai trent’anni in sù vestite come la Ciociara (il confronto tra la mamma a stelle e strisce e quella romana è paurosamente ignorante), la Mastronardi infilata a forza negli abiti (e, soprattutto, in scarpe molto simili a quelli) di Audrey in Vacanze Romane: insomma, la sagra dell’ovvietà.
A proposito di vestiti (allo stremo della sopportazione, non ho voluto tralasciare alcun tipo di critica), mi sono domandata come mai Alessandro Tiberi vesta puntualmente come un debosciato: solo perché è un ragazzo di provincia? Mistero.
Pur amando la voce di Pannofino, poi, l’introduzione degli episodi in stile Vanzina – Sapore di mare mi ha spiazzata.

Nei recenti lavori di Allen, le città di Londra, Parigi e Barcellona, pur identificabili e pur avendo l’appeal da immagini scattate per una guida turistica, non sono state tanto mortificate dagli stereotipi: evidentemente, noi italiani siamo cascati male.

Narrativamente parlando, poi, il senso del surreale è sfruttato malissimo, non si sorride, non ci si diverte: non si comprende mai dove la storia intenda andare a parare davvero. Non che gli episodi in sé non contengano i germi di un vero racconto, ma questi non si evolvono, roteano pigramente intorno ad un baricentro solo abbozzato.
Vogliamo parlare, per esempio, dell’episodio di Benigni, della mancanza di dialoghi degni di tale nome, dell’inconsistenza della presunta morale?

Su tutti, ho trovato curiosa solo la vicenda riguardante i giovani americani ed il mentore Baldwin.
Anche in questo caso, però, chi immagina chi? Dove e come è possibile riprendere le fila di una parentesi (forse) onirica?
(nota personale: un architetto che usa il tecnigrafo, oggi, è più introvabile di un Dodo, parlo per esperienza diretta)

E, poi, la cascata di volti italiani buttata nel calderone alla rinfusa: ad un certo punto, spunta perfino Giuliano Gemma. Ma solo di tre quarti.

Insomma, secondo me, si tratta di un tonfo completo, inconcludente, un vero spreco di tempo (mio) e di talento (di Allen).

Nota: Gullotta sostituisce il grande Lionello al doppiaggio e, siccome è un vero professionista, se la cava molto molto bene.

12 commenti

  1. leppie / 23 Aprile 2012

    Poi perché due di Pordenone hanno l’accento romano?

  2. tiresia / 24 Aprile 2012

    uno dei film più imbarazzanti mai visti

  3. Stefania / 24 Aprile 2012

    @leppie: me lo domandavo ogni volta che Tiberi e la Mastronardi aprivano bocca…

    @tiresia: “imbarazzante” è un aggettivo oltremodo appropriato.

  4. VixLaRox / 24 Aprile 2012

    secondo me questo può essere definito come i detrattori di Allen hanno definito Midnight in Paris: un cinepanettone per intellettuali… tuttavia mi ha fatto sorridere l’idea che all’estero abbiano dell’Italia, almeno non si vedono tette e culi.

  5. tiresia / 25 Aprile 2012

    Parigi era vuoto e inutile, ma con idee come spesso in Allen, Barcellona era brutto, ma questo e’ davvero una cosa inspiegabile

  6. laschizzacervelli / 12 Maggio 2012

    anch’io ho pensato immediatamente a ‘La ciociara’ appena è stata inquadrata la mamma del Michelangelo 🙂 ovviamente non posso che concordare con tutto quello che hai scritto: se questo film voleva essere una sorta di atto d’amore al nostro paese direi che il bersaglio è stato mancato di almeno un chilometro!

  7. Noloter / 13 Maggio 2012

    Mi permetto di esprimere il mio dissenso dalle legittime opinioni di chi mi precede, e lo farò procedendo per punti:

    -Sullo spaesamento ingenuo della provincialotta appena giunta nella metropoli potrei essere d’accordo (anche se, l’assicuro, venendo da una realtà di provincia posso dire che le persone reali sanno essere anche “peggio” di così in simili situazioni), però sulla faccenda dell’accento sono in disaccordo: se non sbaglio nel film si dice semplicemente che Tiberi e Mastronardi lavorino a Pordenone, non che siano nati lì, quindi potrebbero benissimo essere laziali entrambi (tant’è vero che il personaggio di Tiberi ha parenti romani); che poi, andando a contestualizzare, non penso che noi italiani ci facciamo questo problema quando vediamo un film straniero in lingua originale…non è che vedendo un film americano ambientato a New York facciamo poi tanto caso all’accento texano dell’attore X o a quello californiando dell’attrice Y…non stiamo a sottilizzare su cose del genere…
    -Penso che il film, più che confermarlo, rompa un po’ quel cliché tanto fortemente radicato oltreoceano dell’italietta tutta pizza e mandolino…di cibo all’italiana ne vediamo ben poco (non vediamo assolutamente né pizza né spaghetti, che è come fare un film a Monaco di Baviera senza la birra)…non ci sono scene di maleducazione e/o rumorosità gratuita (a parte l’episodio di Benigni, ma è una caso a parte e comunque si tratta solo di chiasso inncuo) così come di truffe, imbrogli o altre poco piacevoli dimostrazione dell’italica “arte di arrangiarsi” (nemmeno la mafia è mezionata), per non parlare del rispetto delle regole (non si vede nessun italiano infischiarsene di qualche divieto/norma). Anzi, l’interesse per la lirica appare molto più radicato di quanto non sia in realtà (per l’italiano medio la musica “classica” è Modugno…altro che Rossini…), mentre del calcio (sport nazionale) non si fa parola. La critica che si potrebbe muovere, a questo punto, è quella di aver presentato una città e un Paese più idilliaci e virtuosi di quanto non sia in realtà, al limite.
    -Nel film si cerca di far rivivere in forma diversa la Roma dell’epoca d’oro, quella cara ad un certo tipo di Cinema e ad un autore come Allen, quella della Dolce Vita, di Cinecittà, della magia e dell’incanto, la Roma che ti fa innamorare con la sua atmosfera e che ad ogni angolo ti può narrare una storia a metà strada tra l’inverosimile e il reale, al pari di un moderno mito.

    A questo punto mi chiedo: che cosa ci si aspettava davvero da questo film?

  8. Stefania / 13 Maggio 2012

    @noloter: personalmente, mi aspettavo un film “intelligente”, non una pantomima pasticciata come questa (perlomeno, per me è tale 😉 ).
    Sinceramente, non considero questo film come un omaggio all’Italia: è la visione che Allen ha del Paese, ma -pur con le migliori intenzioni (ci sarebbe pure mancato che accennasse di mafia, ritardi, maleducazione diffusa, ecc.!)- non credo che abbia fatto un “favore” agli italiani. Ripeto: non volevo vedere una lode sperticata dell’Italia per immagini.
    Mi sarebbe bastata una buona storia, in questo caso ambientata in Italia, niente di più 😉

    • laschizzacervelli / 13 Maggio 2012

      parlando di maleducazione, mi sbaglio o il fantavigile proprio ad inizio film dice una roba del genere “ogni tanto ci scappa una parolaccia, ma siamo a Roma”, come se le due cose fossero in rapporto causa-effetto? Mi pare che proprio da questa battuta mi sia scattato in testa il campanello d’allarme 🙂

  9. Stefania / 13 Maggio 2012

    @laschizzacervelli: ehm, devo confessarti una cosa: sono entrata in sala in ritardo di qualche minuto e questa scena “famosa” del fantavigile l’ho persa 😀

  10. Noloter / 14 Maggio 2012

    @Stefania:
    Ma l’obiettivo di Allen era diverso, non era quello di realizzare semplicemente “una storia ambientata in Italia”, come ho già avuto modo di esprimere nel mio precedentemente intervento (che è pur sempre un’interpretazione personale). Con questo non itendo certo sostenere che questo film sia il miglior prodotto di Allen (ci mancherebbe, chiaramente non lo è), ma neppure me la sento di condannarlo con acredine.
    Anche perchè, che si tratti di un omaggio, e quindi di una rappresentazione prevedibilmente idilliaca e idealizzata, lo si può intuire già dallo stesso titolo, che è una palese dichiarazione di intenti: “To Rome with love”, a Roma con amore.

  11. Stefania / 15 Maggio 2012

    @noloter: non ci siamo capiti, forse 😉
    Che il film sia ambientato in Italia, mi interessa fino ad un certo punto (ho scritto, infatti, che “mi sarebbe bastata una buona storia”, a prescindere dal luogo): secondo me, nel complesso (sceneggiatura, interpretazioni), il film è un pasticciaccio brutto 😀 (giusto per citare un “foresto” che, però, Roma la conosceva bene)

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