Recensione su Vogliamo vivere!

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giugno 2013, il film più visto in sala / 19 Giugno 2013 in Vogliamo vivere!

la notizia che un film del 1942 sia il più visto in termini assoluti può sbalordire, ma credo solo chi non è andato ancora a vederlo. Questo film si radica agli albori della mia adolescenza, quante volte l’avró visto? Anche in questa edizione restaurata e rimasterizzata, tante. Ma come tutti i capolavori è inesauribile, quindi lunedì ero al cinema, perché al cinema no, non l’avevo mai visto. Saletta certo non grande, ma appunto piena. Non mi stupisco dunque, è in cartellone da tre settimane e in un lunedì afoso al cinema si va a vedere Lubitsch. Esperienza davvero da fare, non solo per la fruizione estetica in sè, ma perché potete godervi il pubblico e Lubitsch avrebbe apprezzato, ricordiamo quella meravigliosa scena di Partita a quattro ( Razzini, quando me lo mandi in sala?) in cui F. March che interpreta un commediografo guarda la platea aspettando la reazione del pubblico ad ogni battuta, ad ogni passaggio della sua pièce. Ebbene lunedì la gente in sala rideva alle battute, rideva di cuore, sorrideva e commentava la raffica di doppi sensi che quei brillantissimi dialoghi contengono. Pensiamoci, dal 1942 una elegante messa in scena, coltissima per altro, fa ancora ridere e nello stesso tempo è lievemente struggente nel suo messaggio pacifista ed egualitario. Erano tutti felici e commossi, cosa potrebbe voler di più un regista?
Come sempre la costruzione del meccanismo narrativo è calibratissimo fra commedia ironica, suspance, impegno civico, allusioni sessuali (i fuoriusciti europei ad Hollywood hanno interpretato il sesso e le schermaglie amorose in maniera così libera e sfrontata che nessun codice Hayes ha potuto anche minimamente bloccare), sarcastico ribaltamento dei ruoli sociali e di potere messi alla berlina in ogni frangente. E poi Lubitsch viene dal muto, quindi racconta un mondo con una sola inquadratura ( la valigia della spia troneggia in primissimo piano perché lì è contenuto il problema).
E questo film è l’ultimo di Carole Lombard, la regina della commedia anni trenta, morì subito dopo le riprese. Occhio all’abito luccicante che indossa ad inizio film e poi verso la fine: J. Christie ebbe il guardaroba di fahrenheit 451 ispirato a quel vestito lì che esalta la femminile sensualità della donna

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