Vogliamo vivere!

/ 19428.685 voti
Vogliamo vivere!

Alla vigilia della seconda guerra mondiale a Varsavia la compagnia teatrale di Joseph Tura vuole mettere in scena una commedia antinazista, ma questa viene immediatamente censurata e, quindi, gli attori sono costretti a replicare l'Amleto. Intanto Hitler invade la Polonia ed il teatro deve chiudere. Gli artisti, coinvolti dalla resistenza polacca, grazie ai costumi che avevano pronti per la commedia, trasformano la finzione in realtà prendendo per il naso i tedeschi e in un susseguirsi di gag irresistibili riescono alla fine a fuggire in Inghilterra servendosi dell'aereo di Hitler. Così Joseph potrà avere l'occasione di diventare un grande artista. Mel Brooks ne fece un remake agli inizi degli anni '80, ma l'aspetto parodistico di questo film lo accosta al Grande Dittatore di Chaplin.
straight ha scritto questa trama

Titolo Originale: To Be or Not to Be
Attori principali: Carole Lombard, Jack Benny, Robert Stack, Felix Bressart, Lionel Atwill, Stanley Ridges, Sig Ruman, Tom Dugan, Charles Halton, George Lynn, Henry Victor, Maude Eburne, Halliwell Hobbes, Miles Mander, Rudolph Anders, Paul Barrett, Sven Hugo Borg, Danny Borzage, Buster Brodie, Peter Caldwell, Alec Craig, Helmut Dantine, Jack Deery, Leslie Denison, James Finlayson, James Gillette, Stuart Hall, Leyland Hodgson, Shep Houghton, Olaf Hytten, Charles Irwin, Tiny Jones, John Kellogg, Adolf E. Licho, Wilbur Mack, John Meredith, Maurice Murphy, Richard Neill, Russ Powell, Frank Reicher, Otto Reichow, Gene Rizzi, John Roy, Hans Schumm, Stephen Soldi, Count Stefenelli, Roland Varno, Ernö Verebes, Dorothy Vernon, Armand 'Curly' Wright, Wolfgang Zilzer, Mostra tutti

Regia: Ernst Lubitsch
Sceneggiatura/Autore: Edwin Justus Mayer
Colonna sonora: Werner R. Heymann
Fotografia: Rudolph Maté
Costumi: Irene
Produttore: Alexander Korda, Ernst Lubitsch
Produzione: Usa
Genere: Drammatico, Commedia, Storia
Durata: 99 minuti

Dove vedere in streaming Vogliamo vivere!

All’altezza de Il grande dittatore (se non meglio) / 20 Novembre 2016 in Vogliamo vivere!

Che ci fa Adolf Hitler nel pieno centro di Varsavia, nell’agosto del ’39, pochi giorni prima del blitzkrieg che darà inizio alla seconda guerra mondiale? Se lo chiede la voce narrante in apertura di Vogliamo vivere!, uno degli ultimi film diretti da Ernst Lubitsch, regista tedesco di origine ebraica emigrato in America, come molti altri suoi concittadini, ma nel suo caso prima della presa del potere del nazismo, durante la caccia ai talenti europei che Holywood portò avanti negli anni Venti.
Lubitsch è uno dei massimi registi della prima metà del Novecento, uno di quelli che ha saputo cavalcare alla grande la transizione tra muto e sonoro, uno dei primi registi ad ottenere l’onore della menzione del proprio nome prima del titolo della pellicola.
Vogliamo vivere! è il suo capolavoro, degno di competere con un caposaldo del cinema del Novecento come Il grande dittatore, sia per il taglio ironico che per i temi trattati. Quello di Lubitsch è forse addirittura superiore al film di Chaplin per coralità e potenza della sceneggiatura, sebbene di contro sconti l’assenza di una star assoluta, capace di bucare lo schermo, come appunto il Chaplin che interpretava il dittatore Hinkel.
L’intreccio tra cinema e teatro, che emerge fin dal principio (l’Hitler di Varsavia non è altro che un attore di una compagnia che sta per portare in scena una pièce sulla Gestapo), accompagna tutto lo sviluppo della pellicola e diventa il leitmotiv della stessa, in un divertente gioco di equivoci volto a ingannare i creduloni (ma fino ad un certo punto) gerarchi del Terzo Reich.
Lo straordinario soggetto, tratto da un’opera teatrale del drammaturgo ungherese Lengyel, è perfettamente trasposto su pellicola da un Lubitsch ispiratissimo e ormai divenuto un vero e proprio maestro della Settima arte.
Il ritmo impeccabile, lo humour spesso irresistibile, l’incrocio tra screwball comedy (un genere giunto ormai alla sua piena maturazione) e un tema tutt’altro che divertente come la guerra, fanno di questo film un vero e proprio masterwork, un’opera imperdibile nel panorama del cinema classico americano.
Di certo ci si può chiedere se una pellicola come questa, brillante e ironica su temi così poco opportuni, si sarebbe prodotta dopo la scoperta degli orrori nazisti ed in particolare dell’olocausto.
Vale lo stesso discorso che si può fare per Il grande dittatore: i due film furono girati quando la guerra era ancora circoscritta all’Europa (quello di Chaplin uscì nel 1940, quello di Lubitsch agli inizi del ’42 – ma fu iniziato poco prima di Pearl Harbor), quando Hollywood si divideva tra i promotori dell’intervento statunitense nel conflitto (con film di diretta o celata propaganda) e coloro che invece, come appunto l’inglese e il tedesco, irridevano la figura di Hitler tentando di esorcizzarne la paura che ormai contagiava il mondo (dopo le guerre lampo contro Francia e Polonia e il tremendo bombardamento dell’Inghilterra, il führer aveva rivolto le sue attenzioni nei confronti della Russia, il più esteso Paese del mondo, nel quale era entrato con le sue armate con una facilità disarmante).
Un cast decisamente all’altezza, dove brilla la stella di Carole Lombard, che interpreta la protagonista, la stella polacca Maria Tura, e che morì poco dopo la fine delle riprese in un incidente aereo, di ritorno da uno dei tour propagandistici in cui cominciarono a cimentarsi le star di Hollywood per convincere i cittadini ad acquistare i buoni di guerra, indispensabili per mettere in moto la macchina bellica americana. Fu dunque l’ultimo film per la regina della screwball comedy.
Uscendo dopo Pearl Harbor, il film peccò – suo malgrado – di tempismo e non ricevette l’accoglienza che meritava da un pubblico seriamente preoccupato dall’inizio delle ostilità e che era pertanto poco propenso a scherzarvi sopra.
Ad anni di distanza da quegli avvenimenti l’opera non può che mostrare tutta la genialità di cui è intrisa.
Basti pensare alla leggerezza con cui è resa la satira del nazismo (Hitler che ordina ai due piloti di buttarsi dall’aereo in volo, con questi che eseguono senza battere ciglio). Basti pensare alla perfezione di un intreccio che non lascia nulla al caso (nel finale il falso Hitler entra nella stanza in cui si trovano Maria Tura e il colonnello nazista perché il suo accompagnatore ha perso i baffi finti).
Il titolo originale tratto dall’Amleto di Shakespeare (pessimamente tradotto in italiano, unica pecca ravvisabile nell’intero progetto) rimanda al momento dell’opera che scatena convenzionalmente la scappatella extraconiugale.

Leggi tutto

Schultz! / 24 Ottobre 2016 in Vogliamo vivere!

Capolavoro di Ernst Lubitsch, questo grandioso cineasta di cui oggi si è drammaticamente sbiadito il ricordo. Resta ovviamente un punto di riferimento per i cinefili, ma egli nasce come regista per un pubblico popolare, anche nelle sue commedie più sofisticate, maestro del comico raffinato con un pizzichino di lascivia, irriverente con classe. Qui affrontò con naturale brillantezza la tragedia dell’invasione nazista della Polonia intrecciando una storia di spionaggio con gli artifici del teatro, mediante la geniale intuizione della recitazione a fini spionistici che apre un mondo di equivoci e soluzioni umoristiche. Ottimi Jack Benny e Carole Lombard, ma trovo soprattutto irresistibile la prova del caratterista di turno, Sig Ruman, con il tormentone del capro espiatorio “Schultz!

Leggi tutto

1 Luglio 2013 in Vogliamo vivere!

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Si comincia con Adolfo H che si promena in centro nel ghetto ebraico a Varsavia, interessato, golosone, alla vetrina di una pasticceria. Rientra, “Heil Hitler!”, gli dicono, “Heil me!”, risponde. Ma è rientrato in un teatro, dove la troupe ultimando i preparativi per la prima della commedia teatrale “Gestapo”. L’invasione tedesca della Polonia del 1 settembre ‘39 arriva fulminea, tra lo stupore attonito di tutti, e contestualizza il tutto, impedendo evidentemente che si vada in scena. I coniugi Tura sono i due attori principali, nonché protagonisti più degli altri dell’intera metacommedia. Lei la fa annusare a un baldo giovane pilota, che però parte per la guerra, gelosie, che però ritorna con la missione di fermare a tutti i costi la bieca e luciferina spia Siletsky, che porta informazioni ai nazisti, i quali ormai se la fanno da padroni. Gioco di parti e di partigiani senz’armi, ma con costumi e travestimenti e vorticosa una girandola di sostituzioni di persona e leit motiv ricorrenti. L’inquadramento squadrato, mentale e fisico, tedesco, quello che metteva gli ebrei in fila per due ecc, viene deriso di fronte e di lato, soprattutto dai Tura e soprattutto il colonnello Ehrhardt, vittima preferita dei raggiri, che culminano nel fargli credere che Maria abbia una tresca col Fuhrer. Il film è, probabilmente assa’, il meglio riuscito esempio di quel che venne poi definito “Lubitsch’s touch”, la dote del regista di affrontare situazioni serie – o persino spaventose, come in questo caso – con una leggerezza ed eleganza e sberleffo che non hanno niente né di superficiale né di volgare, e portano a galla, insieme ad un inarrestabile divertimento, il ridicolo e gretto e grigio sottostante la ferocia dell’ideologia nazi (maiali, così, tanto per). L’arte che vince sulla guerra, l’unione, fantasia vs potere brutale, il pozzo di tematiche a cui volendo si può fare riferimento parlando di questo film è senza fondo e dimostra quanto multipla possa esserne la lettura, al di là delle gag ed equivoci e risate e lazzi e frizzi. Il tutto fu girato a cavallo di Pearl Harbour, e la protagonista Maria Tura, o meglio l’attrice che recitava la parte dell’attrice che recitava (che mio padre comprò al mercato) si schiantò in aereo e morì prima che il film uscisse. Poor thing 🙁
Aggiungerei solo che è un film che non aveva senso non andare a vedere quando è stato riproiettato al cinema, nemmeno se lo si era già visto. Per cui nel caso ci sta buttare lì un “penitenziagite!”. In caso contrario no.

Leggi tutto

giugno 2013, il film più visto in sala / 19 Giugno 2013 in Vogliamo vivere!

la notizia che un film del 1942 sia il più visto in termini assoluti può sbalordire, ma credo solo chi non è andato ancora a vederlo. Questo film si radica agli albori della mia adolescenza, quante volte l’avró visto? Anche in questa edizione restaurata e rimasterizzata, tante. Ma come tutti i capolavori è inesauribile, quindi lunedì ero al cinema, perché al cinema no, non l’avevo mai visto. Saletta certo non grande, ma appunto piena. Non mi stupisco dunque, è in cartellone da tre settimane e in un lunedì afoso al cinema si va a vedere Lubitsch. Esperienza davvero da fare, non solo per la fruizione estetica in sè, ma perché potete godervi il pubblico e Lubitsch avrebbe apprezzato, ricordiamo quella meravigliosa scena di Partita a quattro ( Razzini, quando me lo mandi in sala?) in cui F. March che interpreta un commediografo guarda la platea aspettando la reazione del pubblico ad ogni battuta, ad ogni passaggio della sua pièce. Ebbene lunedì la gente in sala rideva alle battute, rideva di cuore, sorrideva e commentava la raffica di doppi sensi che quei brillantissimi dialoghi contengono. Pensiamoci, dal 1942 una elegante messa in scena, coltissima per altro, fa ancora ridere e nello stesso tempo è lievemente struggente nel suo messaggio pacifista ed egualitario. Erano tutti felici e commossi, cosa potrebbe voler di più un regista?
Come sempre la costruzione del meccanismo narrativo è calibratissimo fra commedia ironica, suspance, impegno civico, allusioni sessuali (i fuoriusciti europei ad Hollywood hanno interpretato il sesso e le schermaglie amorose in maniera così libera e sfrontata che nessun codice Hayes ha potuto anche minimamente bloccare), sarcastico ribaltamento dei ruoli sociali e di potere messi alla berlina in ogni frangente. E poi Lubitsch viene dal muto, quindi racconta un mondo con una sola inquadratura ( la valigia della spia troneggia in primissimo piano perché lì è contenuto il problema).
E questo film è l’ultimo di Carole Lombard, la regina della commedia anni trenta, morì subito dopo le riprese. Occhio all’abito luccicante che indossa ad inizio film e poi verso la fine: J. Christie ebbe il guardaroba di fahrenheit 451 ispirato a quel vestito lì che esalta la femminile sensualità della donna

Leggi tutto

ma un 10 non te lo leva nessuno. / 14 Giugno 2013 in Vogliamo vivere!

Hitler ? No, uno degli attori che indossa una maschera quella Hitleriana per l’appunto in <>.

In questi giorni nelle sale italiane, per chi ha la fortuna di avere un Cinema con la C maiuscola, potete trovare: “Vogliamo Vivere”
Non sto parlando del partito di Emilio Fede bensì della pellicola fatta da Ernst Lubitsch.
Il film in questione è fortemente sarcastico, nel suo divertimento è presente l’ombra della paura, del nazismo. Non solo commedia quindi. E’ un’ ottima opera fra spionaggio, critica, commedia, teatralità senza contare del pizzico di suspense qua e là che rendono sublime la visione. Proprio dal teatro tutto comincia. Prendiamo degli attori di teatro, uno spettacolo sopra le righe, un periodo storico più che difficile, un Paese a rischio invasione per un dittatore perennemente affamato di conquista, mettiamo tutti questi elementi in 100 minuti di sano Cinema, amalgamate per bene. Ci siamo, ecco Vogliamo Vivere. E’ il 1942 quando esce nelle sale “To be or not to be” (titolo originale). La Polonia è ormai parte di quello spazio vitale tanto cantato dal baffetto. Arriva nelle sale U.S.A come un grido, una preghiera, una richiesta d’aiuto. lI regista gira un film apertamente antinazista in un clima di tensione, conflitto, ambientato nel ’39, a Varsavia dove una compagnia teatrale prepara uno spettacolo contro il nazismo, fortemente satirico, uno di quelli che manderebbero su tutte le furie l’Adolfo. Gestapo, questo è il suo nome.
La censura li avvisa, è preferibile ripiegare su altro, mandare uno spettacolo meno pesante, la paura per un incidente diplomatico è alto. Invece di Gestapo si ripropone l’Amleto di Shakespeare.
In questo clima poco piacevole spunta il lato comico della faccenda.
Un aviatore si innamora perdutamente di un’attrice della compagnia, Maria, moglie di Joseph.
Più volte si alza dalla poltrona per flirtare con lei mentre il marito recita, se ne accorge e soffre.. non per il tradimento (non ancora per il tradimento.. e comunque non avverrà) quanto per il sospetto di recare noia al pubblico. Contemporaneamente il brutto sogno diventa realtà: con il patto Molotov-Ribbentrop, Tedeschi e Sovietici non solo si assicurano la reciproca non aggressione ma si spartiscono quella bella torta chiamata Polonia. Cambia tutto, giunge il terrore e lo vediamo dalle inquadrature all’esercito sfilante, alle scene riservate ai manifesti di propaganda oppure alle vetrine delle librerie dove vi sono copie del Mein Kampf. Non può durare a lungo e lo uno spirito di sollevazione albeggia in alcuni connazionali. Saranno proprio i membri della compagnia teatrale ad essere i protagonisti di un episodio di coraggio/divertimento fra lo spionaggio e l’assurdo.
Un benpensante, un professorino chiamato Siletsky amico dei giovani aviatori polacchi combattenti nella RAF, altri non è che una spia nazista. Se ne accorge proprio uno di loro, anzi, se ne accorge lo spasimante di Maria. Siletsky, va fermato prima che sia tardi. L’aviatore torna a Varsavia rintraccia la sua musa, le rivela il tutto.
Joseph scopre l’aviatore a casa sua e si fa due domandine. Da questo momento si torna in quella che solo apparentemente è la parte leggera. Come in una recita, i nostri si trasformano in gerarchi nazisti, essere o non essere, si confondono e confondono, scambi di persona, sdoppiamenti, chi è chi e chi ? Sarà l’abilità di Joseph e del resto della compagnia a portare a termine una missione che ha dell’impossibile: “Passare inosservati, essere chi non si è, bruciare dei documenti compromettenti per i nostri”.
Un capolavoro.

Note
Viene accennato al reparto polacco all’interno della Royal Air Force (RAF), se siete interessati vi è un’altra pellicola che tratta l’argomento e non solo <>
Tornando al film, da notare come improvvisamente a 1:31:44 sparisca un baffo.

DonMax

Leggi tutto