Timbuktu

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Timbuktu

Gli abitanti della città di Timbuktu, sotto controllo armato di un gruppo di estremisti islamici, riescono a stento a contenere i pochi spontanei attimi di libertà non concessa, nel desiderio di condurre una vita senza violenze e non segnata dal terrore quotidiano.
Valentina ha scritto questa trama

Titolo Originale: Timbuktu
Attori principali: Ibrahim Ahmed, Toulou Kiki, Layla Walet Mohamed, Abel Jafri, Kettly Noël, Hichem Yacoubi, Mehdi A.G. Mohamed, Fatoumata Diawara, Adel Mahmoud Cherif, Salem Dendou, Mamby Kamissoko, Yoro Diakité, Cheik A.G. Emakni, Zikra Oualet Moussa, Weli Kleïb, Djié Sidi, Omar Haidara, Damien Ndjie, Mostra tutti

Regia: Abderrahmane Sissako
Sceneggiatura/Autore: Abderrahmane Sissako, Kessen Tall
Colonna sonora: Amine Bouhafa
Fotografia: Sofian El Fani
Costumi: Ami Sow
Produttore: Sylvie Pialat, Étienne Comar, Frédérique Dumas-Zajdela
Produzione: Usa
Genere: Drammatico
Durata: 96 minuti

Dove vedere in streaming Timbuktu

Fotografia splendida / 17 Marzo 2015 in Timbuktu

Un film sull’insensata ferocia delle leggi imposte da un’interpretazione fuorviante e malata del Jihad , la cui grande e disperata intensità viene soprattutto affidata alla stupenda fotografia e ad una colonna sonora calibrata e calzante , che mi è piaciuto molto.

6 Febbraio 2015 in Timbuktu

Timbuktu, un luogo astratto, metafora delle contraddizioni della vita e della violenza: è la dimensione nella quale il regista Abderrahmane Sissako affaccia la sua ultima opera, candidata al premio Oscar come miglior film straniero: la lenta e paradossale presa di potere di un gruppo di jihadisti che si fanno largo insieme alla sharia, mettendo in ginocchio un’intera popolazione. È con questa storia che il regista di “Timbuktu”, con costanti consensi dalle parti del Festival di Cannes, affronta un tema da tempo inseguito, sbocciato da sé, laddove tutto, compresi i media, lavorano per sottacere una tragedia circoscritta ma ben radicata. Una croce terroristica sfoggiata con la particolare intensità della tacita resilienza, in questo docu-racconto: tutta la comunicazione consiste in una palpabile lotta, un silente e dignitoso confronto con la piaga della tortura psicofisica; nessun tipo di grido viene lasciato trapelare, se non quello degli sguardi lucidi e fermi dei protagonisti.

Sissako non intende porre denunce di alcun tipo: non vuole scandalizzare il mondo occidentale, bensì porlo con consapevole e meditata mano ferma di fronte alle antinomie degli eccessi della repressione, sottomettendosi di poco al nervosismo conferito per forza di elementi dal racconto. “Ogni essere umano è complesso, e chi usa la violenza sugli altri ha anche lui dei dubbi”, come afferma il regista; e di fatto la scena, impressa dai mirabili attori (la maggior parte non professionisti e ingaggiati durante le riprese), infligge una molteplicità di emozioni e intenzioni che pochi film così, difficili da mandar giù, raggiungono senza propagandare compassione a suon di strilli e pianti sciorinati gratuitamente. Particolarmente significativa la scena della partita di calcio senza pallone: l’immaginazione contrasta ogni tipo di divieto, unica valida arma per chi ormai, di punti di riferimento, non ne ha più. E il finale aperto, seppur macchiato a morte, riconduce alla speranza di un nuovo punto di partenza.

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