Gli anime e il senso della giustizia / 6 Marzo 2016 in Tiger Boy

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Dopo Basette, il secondo corto di Mainetti non fa che confermare il fatto, se mai ve ne fosse ancora la necessità, che, contrariamente a quanto “i grandi” dicevano tra gli anni Settanta e Ottanta a proposito dei cartoni animati giapponesi (“Sono violenti!”: embé?), gli anime hanno contribuito a creare nei tele-fruitori minorenni dell’epoca un immaginario decisamente positivo, in cui si staglia nitida la figura dell’eroe che raddrizza i torti, fornendo una precisa definizione del concetto di giustizia. Certo, il mondo è fatto di chiaroscuri, ma nel microcosmo del bambino protagonista di questo cortometraggio, in cui il regista ed autore ha riversato con misura ed originalità i retaggi di quel patrimonio televisivo e dell’immaginario sviluppato negli anni dell’infanzia, la divisione tra Bene e Male è così netta da consentirgli di reagire ai soprusi ed abusi di cui è vittima con dolente consapevolezza e sorprendente maturità.

Ciò che succederà ai protagonisti dopo i fatti narrati nel corto è ignoto, ma lo sguardo deciso del bambino e il fatto che decida di levarsi la maschera sembrano suggerire che ha smesso di avere paura e che non teme le conseguenze del suo gesto di ribellione, perché ha dalla sua la forza di una giustizia forse idealizzata, ma certamente rassicurante.

Nel complesso, lavoro pienamente riuscito: sintetico, efficace, idea ben sviluppata e ben interpretata.

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